Pur avendo ricevuto un'educazione cattolica, non ho mai assimilato il precetto che è stato Dio a darci la vita e solo lui ha il diritto di togliercela: la mia vita per definizione appartiene a me, e se per ipotesi un giorno decidessi per qualche motivo di non voler più vivere, sarebbe giusto che ne rispondessi solo a me stessa, e tutt'al più a chi mi vuol bene veramente; non certo a Dio, allo Stato o ad altre entità astratte.
Sarà ora che mi decida a fare il testamento biologico; questo video risponde alla domanda "cos'è?", mentre quest'altro video e questo articolo de Il Post spiegano come si fa. Segnalo anche la pagina dedicata alle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) sul sito del Ministero della Salute.
Ieri l'associazione Luca Coscioni ha reso noto che il 28 novembre scorso una donna di 55 anni, Anna, è morta a casa sua, a Trieste, a seguito dell'autosomministrazione di un farmaco letale; la donna era affetta da sclerosi multipla progressiva, una patologia che le provocava sofferenze oramai intollerabili. Anna – nome fittizio – è stata «la prima italiana ad ottenere il suicidio assistito in Italia con l’assistenza completa del Servizio sanitario nazionale», che ha coperto le spese per il farmaco letale e per ottenere le strumentazioni necessarie per completare la procedura.
Il suicidio assistito è avvenuto sotto la supervisione di un medico individuato dall’azienda sanitaria che, su base volontaria, ha assistito Anna senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta «di esclusiva spettanza» della paziente, ha affermato l’associazione Luca Coscioni.
Il Post ricorda che
In Italia il suicidio assistito, cioè la possibilità di auto-somministrarsi un farmaco letale a determinate condizioni, è legale non grazie a una legge del parlamento, che non ne ha mai approvate sul tema, ma dopo una storica sentenza della Corte Costituzionale del 2019, arrivata dopo anni di iniziative, appelli e infine di disobbedienze civili in cui si chiedeva più libertà sulle scelte individuali di fine vita.
Non essendo una legge, però, la sentenza stabilisce solo quando il suicidio assistito non è punibile, senza dare indicazioni chiare su tempi e modalità di attuazione: la Corte ha chiesto al parlamento in più occasioni di intervenire e approvare una norma, finora senza successo. C’è una proposta ferma al Senato (e ritenuta da molti comunque inadeguata), e nel frattempo ogni caso è affidato volta per volta alla gestione delle singole aziende sanitarie locali.
Per poter esercitare il suo diritto di porre fine in maniera dignitosa a una vita di sofferenze, Anna ha dovuto affrontare un iter tutt'altro che immediato; tra l'altro è necessario che l'ASL verifichi la presenza dei quattro requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 2019:
il fatto che la persona che fa richiesta sia in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, che sia affetta da una patologia irreversibile, che sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ritiene intollerabili (un criterio estremamente soggettivo e individuale), e che sia «tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale». Per esempio da un ventilatore o da un respiratore meccanico, anche se un’importante sentenza ha esteso questa definizione ad altri trattamenti sanitari, per esempio farmacologici, che se interrotti possono portare alla morte del paziente. Perché la richiesta possa essere approvata, questi quattro requisiti devono esistere tutti insieme.
Come osservato da Andrea...
Il motivo principale per cui nessun governo ha mai affrontato seriamente e in maniera definitiva la questione credo sia palese: timore di perdere il consenso dell'elettorato cattolico, o almeno di quella parte di cattolici meno progressisti e più conservatori. In un periodo storico come il nostro, dove i governi cambiano più o meno ogni anno e le maggioranze che li sostengono sono regolarmente traballanti, rischiare di perdere il consenso cattolico esporrebbe infatti qualsiasi governo a incognite di notevoli dimensioni.
Quindi si va avanti così: chi se lo può permettere va a smettere di soffrire in Svizzera, gli altri o si imbarcano in lunari procedure legali o si tengono la loro sofferenza senza fare tante storie, ché la sofferenza è una caparra per l'eternità.
Se penso alle chiese sempre più vuote – per quanto mi riguarda non ci metto praticamente più piede, se non per i funerali dei miei genitori e di mio zio, dal 2006, quando mi sentii dire da un prete che l'incidente stradale quasi mortale che mi aveva stravolto l'esistenza era stato voluto dal Signore, il quale nella sua infinita sapienza aveva senz'altro voluto proteggermi da chissà quale tremendo pericolo che mi aspettava in Germania, dove mi sarei dovuta recare tre giorni dopo; ho ripensato giusto l'altro giorno, leggendo questo post, a quell'episodio che ha rappresentato una vera e propria frattura nel mio rapporto con la religione – mi sembra impossibile che la chiesa cattolica conti ancora così tanto nelle scelte politiche... ma è anche vero che in media l'elettorato italiano è fin troppo incline ad andare appresso a chi è più bravo a incantarlo, senza stare a farsi troppe domande e senza rendersi davvero conto di quello che gli viene detto.
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