giovedì 30 novembre 2023

Cose "da ragazze"

Di recente su Il Post ho letto un articolo intitolato Le assurdità che ci inventiamo per giustificare i nostri acquisti. Di cosa si tratta? Beh, estrapolando le parti che mi hanno colpita di più...

Ultimamente su TikTok è molto facile imbattersi in video di donne che spiegano ai loro fidanzati, padri, amici o semplicemente al loro pubblico, i ragionamenti di autoconvincimento che fanno quando vogliono acquistare qualcosa di non necessario senza sentirsi troppo in colpa. La maggior parte suona strampalata e non ha alcuna base logica: per esempio c’è chi sostiene che quando paga qualcosa in contanti non stia davvero spendendo dei soldi perché quella somma era già uscita dal suo conto al momento del prelievo. Oppure c’è chi dice di considerare gratis tutto ciò che costa meno di 5 euro, o di considerare un guadagno i soldi avuti indietro dopo un reso.
Come succede spesso su internet, a questa categoria di contenuti è stato presto dato un nome: “girl math”, e cioè matematica da ragazze, allo stesso modo con cui nell’ultimo periodo si sono diffusi gli hashtag “girl dinner”, “hot girl walk”, eccetera, per definire una serie di abitudini buffe che soprattutto le giovani donne – ma non solo – rivendicano con orgoglio e autoironia. [...]
Un altro problema che è stato fatto notare è che parlare di girl math per riferirsi a ragionamenti totalmente scollati dalla realtà non sia altro che un modo più comico e contemporaneo per riproporre il vecchio stereotipo secondo cui le donne sarebbero meno capaci degli uomini a fare calcoli matematici e operazioni di logica.

Poiché mi sono sempre trovata a mio agio coi numeri maneggiandoli con disinvoltura ma anche col giusto rigore – non per niente ho preso prima la maturità scientifica e poi una laurea in ingegneria – il fatto che certe scemenze vengano chiamate "matematica da ragazze" mi fa sentire vagamente offesa! ;-)

Ebbene sì, la sottoscritta si identifica di più con la bambina protagonista della striscia qui sotto.

– Guarda cosa ti ho preso!
– Fico! Ma cos'è?
– È qualcosa che le ragazze di solito indossano quando fanno cose da ragazze.
– Fantastico!

mercoledì 29 novembre 2023

Un senso di pericolo costante

Ieri una mia "facciamica" ha condiviso una notizia che sulle prime sarebbe potuta sembrare persino buffa, uscita a settembre sul Corriere online: Usa, chiama la polizia per un veicolo contromano: ma è lui che sta sbagliando direzione. Un po' mio malgrado mi è tornata in mente una vecchia barzelletta:

Un automobilista ubriaco sbaglia l'entrata in autostrada e si immette in senso contrario, creando lo scompiglio nel traffico. Mentre ascolta la radio sente le ultime dal radiogiornale: «... ci è giunta notizia che un pazzo sta percorrendo la A25 contromano terrorizzando gli automobilisti...». «Che uno! – fa l'ubriaco – So' ducento!».

A parte gli scherzi, situazioni del genere possono essere davvero molto pericolose: per strada non sai mai cosa ti può capitare. Ad esempio stamattina, lungo il tragitto per andare al lavoro, a un certo punto da via Filippo da Desio (vedi immagine satellitare qui accanto) ho imboccato una rotatoria per svoltare a sinistra in via Molinara, e all'uscita per un pelo non mi sono scontrata con un tizio che per risparmiare qualche metro aveva pensato bene di tagliarla, la rotatoria, e a una velocità sostenuta. Ho avuto i riflessi sufficientemente pronti per frenare, ma non per suonare il clacson (il che a quel punto non sarebbe servito a niente se non a sfogare il nervoso, in effetti). In men che non si dica il tizio ha preso il largo, ma non abbastanza perché non lo vedessi, decine di metri più avanti, valicare la linea continua di mezzeria per sorpassare un'auto in prossimità di un'altra rotatoria.

Sono cose come questa che mi fanno sentire ancora di più il peso delle due ore al giorno che mi tocca trascorrere al volante per andare e tornare dall'ufficio. Peraltro proprio ieri era il diciottesimo anniversario dell'incidente stradale nel quale ci rimisi quasi la pelle... Nella mia "seconda vita" sono diventata maggiorenne, ho pensato!

martedì 28 novembre 2023

L'avevo detto, io...

Nel corso degli anni ho dedicato svariati post a una specifica categoria di commenti di spam che ho ricevuto, quelli finalizzati a promuovere maghi e incantesimi vari; l'ho fatto nel 2014, nel 2015, nel 2017, nel 2019... e pure nel 2018. Quest'ultimo post proprio oggi ha ricevuto da una certa Bohuslava0511 il commento seguente in due copie identiche che ho contrassegnato come spam e poi eliminato (evviva la moderazione dei commenti).

Mi sento così felice e mi piace condividere la mia storia, mi chiamo Bohuslava Shevchenko, sono una donna felicemente sposata con 3 bellissimi bambini e un marito amorevole, voglio ringraziare il signor Nosa Ugo che mi ha lanciato un incantesimo d'amore che mi ha fatto mio marito è tornato, per me ha funzionato ed è per questo che condivido questa storia, sono il tipo che non ha mai creduto al lancio degli incantesimi. Non avevo altra scelta che provarlo. Ho fatto tutto quello che mi è stato chiesto di fare e tutto ha funzionato bene, il signor Nosa Ugo mi ha aiutato a ravvivare la mia relazione, dovevo condividerlo qui per chiunque voglia un incantesimo d'amore o qualsiasi tipo di incantesimo come, se vuoi un incantesimo di buona fortuna, incantesimo di protezione spirituale, incantesimo portatore, incantesimo vincolante, puoi contattarlo tramite e-mail

Mi perdonerai se ometto l'indirizzo e-mail e l'URL del sito... :-)

E meno male che l'avevo specificato chiaramente fin dal titolo: Tanto non m'incanti! ;-)

[L'immagine della "pozione d'amore" l'ho trovata su Vecteezy]

lunedì 27 novembre 2023

L'altra campa(t)a

Qualche mese fa ho raccolto in un post le argomentazioni esposte da Mario Tozzi contro la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, e ho appena verificato che nel 2015 mi ero già occupata della stessa identica questione; da parte sua, il noto geologo, saggista, divulgatore scientifico e conduttore televisivo è tornato di recente sull'argomento. Premesso che pure io sono a dir poco scettica al riguardo e sarà difficile che cambi opinione, per avere un quadro più completo e imparziale della situazione mi sembra comunque corretto riportare il link al dettagliato post pubblicato oggi sulla pagina Facebook Ponte sullo Stretto di Messina, «Pagina indipendente di divulgazione sul ponte sullo Stretto di Messina», per controbattere alle informazioni diffuse nella puntata di Report andata in onda ieri sera su Rai3.

[Il rendering che apre il post è tratto da Gazzetta del Sud]

domenica 26 novembre 2023

Attenzione ai post sponsorizzati!

Qualche giorno fa, mentre scorrevo la mia timeline di Facebook, mi sono capitati sotto gli occhi diversi post sponsorizzati tutti abbastanza simili tra loro, e che puzzavano di fregatura lontano un miglio: eccone alcuni esempi.



Pur senza ovviamente aprire i link, ho condiviso le mie perplessità sulla mia bacheca, e qualche contatto mi ha informata che ne aveva parlato Marco Ardemagni – potevo cercare il podcast – e mi anche ha suggerito di segnalare i post in questione come spam, anzi scam, cosa che ho fatto.

Dando per scontato che Ardemagni ne avesse parlato nel corso del programma radiofonico Caterpillar AM che conduce insieme a Filippo Solibello e Claudia de Lillo aka Elasti, ne ho ascoltato due episodi interi su RaiPlay Sound – non essendoci la sinossi, non avevo modo di sapere quali fossero gli argomenti trattati – solo per scoprire che in realtà si era parlato di tutt'altro. In seguito ho appreso dalla bacheca Facebook dello stesso Ardemagni che il tema era stato trattato sull'account Twitter di Liberi, Oltre le illusioni insieme a Paolo Attivissimo, e quindi ho ascoltato la registrazione. Tra un problema tecnico e l'altro il Disinformatico è riuscito a collegarsi dopo oltre metà della puntata, poi ci sono stati parecchi tempi morti... Insomma, riporto qui di seguito la trascrizione della parte di discussione che interessava a me (il tema centrale erano le sciocche superstizioni sul venerdì 17, riguardo alle quali non sentivo certo il bisogno di essere ragguagliata).

Marco Ardemagni: ... Sono quei finti link, cioè quei link sponsorizzati che troviamo sulla timeline di Facebook, magari a metà tra un messaggio di un amico che ci fa gli auguri e un altro che ci posta le sue foto delle vacanze, troviamo spesso dei link sponsorizzati. Alcuni, non tutti, ma alcuni di questi link sponsorizzati, in questi giorni, ma direi da anni, sono delle finte pagine di giornale, proprio scimmiottate alla perfezione, non so, repubblica.it, corriere.it, e io ne ho raccontato l'ultimo. Quest'ultimo era un Corriere, un finto corriere.it; cliccando lì sopra si apriva una pagina del tutto, diciamo, ehm...
Paolo Attivissimo: ... farlocca?
Marco Ardemagni: OK, ma impostata con una grafica, un font identico a quello del Corriere, in cui si riportava di una conversazione "Bankitalia indaga Chiara Ferragni", e si riportavano dei virgolettati intorno alla sua intervista con Alessandro Cattelan totalmente fasulla. Alla fine di questa finta intervista c'era un link a una ulteriore pagina che era una pagina di valute virtuali dove ovviamente alla fine si accedeva di fatto a un meccanismo di scam, di truffa. Ora, come è possibile che un'azienda come Meta, che è il proprietario di Facebook, che è la nona azienda più capitalizzata al mondo, riesca a ospitare sul proprio social media una cosa del genere dove vengono citate Banca d'Italia, il più famoso presentatore italiano sotto i 45 anni, la più famosa influencer italiana, un programma su La7 o su adesso non ricordo quale canale, comunque su una delle reti televisive, il Corriere della Sera e il suo direttore Luciano Fontana... e nessuno di questi cinque enti o persone o società riesca a fermare questo fenomeno, e neanche i loro uffici legali? Come è possibile che questo avvenga?
Paolo Attivissimo: Beh, probabilmente è una questione di una serie di cause; non ce n'è mai una sola, di solito, in questi casi. Prima di tutto bisogna tenere presente che queste inserzioni sono pagate, cioè qualcuno paga Meta per far apparire queste pubblicità, quindi si sta chiedendo a Meta di controllare la qualità della gente che la paga, che è un po' contro il suo modello di business. Fa niente, i soldi non puzzano: basta che tu mi paghi e io non sto lì a controllare più di tanto. Oltretutto teniamo presente che è molto semplice entrare nel circuito degli inserzionisti: non ci sono controlli capillari su chi sia l'inserzionista, che cosa stia promuovendo, quindi è abbastanza facile nel mare delle inserzioni pubblicitarie, perché anche questo è un fattore, ci sono migliaia, decine di migliaia di inserzionisti che lavorano attraverso i social network, è facile che passi inosservato qualcosa anche se viene segnalato, e c'è il problema che i moderatori che fanno i controlli, che verificano i contenuti dei social network, che sono pochissimi rispetto alla quantità di informazioni che dovrebbero moderare. Faccio giusto un esempio: all'interno di Meta, nell'area linguistica italiana, sono sotto i 200.
Marco Ardemagni: Ah ecco, e saranno applicati di più ai contenuti, ai post che non alle inserzioni a pagamento, immagino.
Paolo Attivissimo: Esatto, diciamo che conviene che sia così, perché insomma, il post non pagato non fa né caldo né freddo, ma prima di dire a un inserzionista che ti ha dato dei soldi che il suo materiale è truffaldino ci devi pensare due volte, perché altrimenti stai dicendo di no a uno che ti sta pagando. Quindi c'è questo problema generale del meccanismo commerciale dei social network che alimenta questo tipo di contenuto. Teniamo presente però che è altrettanto difficile per un ufficio legale. Questa cosa è successa anche in Svizzera, anche la radiotelevisione svizzera con la quale collaboro è stata colpita esattamente dallo stesso tipo di messaggio pubblicitario ingannevole, con il logo della RSI, con i nomi dei presentatori e via dicendo. Teniamo presente che quando esce su un giornale, quindi su una testata giornalistica registrata, un virgolettato inventato, come capita spessissimo sui giornali, gli uffici legali o i rappresentanti legali delle persone coinvolte fanno fatica enormemente a cercare di far rettificare quel virgolettato, anzi viene considerato accettabile inventarsi il virgolettato attribuito a qualcuno. Quindi c'è un problema non solo di social network, ma di comunicazione in generale in tutti i media. Dovremmo forse ripartire dai principi fondamentali, invece di fare corse folli verso miracoli dell'intelligenza artificiale e altre cose che ci vengono proposte.
Marco Ardemagni: Chiarissimo. E ovviamente c'è anche un discorso di assuefazione da parte poi dei terzi, cioè dell'utente finale che magari non clicca lì sopra perché ha capito che quel link è truffaldino, ma accetta che tra due messaggi autentici, originali, dei suoi amici siano ospitate delle vere e proprie truffe a danni di altri, magari, utenti più creduloni di lui. Io sto cercando così nel mio piccolo di portare un po' di luce su queste cose.

Per concludere, ecco il riscontro che ha avuto una delle mie segnalazioni.

Del resto Paolo Attivissimo l'aveva dato a intendere, che pecunia non olet... :-/

sabato 25 novembre 2023

Demoni dall'aspetto umano

In occasione della Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, che quest'anno cade a una settimana di distanza dal ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin nonché nel giorno in cui il suo assassino Filippo Turetta è stato riportato in Italia, condivido uno short video pubblicato da Enrico Galiano, insegnante, scrittore... e mi permetto di definirlo pure influencer (che non sempre è una brutta cosa, anzi ;-) ).

Galiano fa notare che Ludovico Ariosto nel 1516, anno di pubblicazione dell'Orlando furioso, aveva già scritto tutto quello che c'è da dire sulla violenza contro le donne: basta leggere la terza ottava del canto quinto.

Parmi non sol gran mal, ma che l’uom faccia
contra natura e sia di Dio ribello,
che s’induce a percuotere la faccia
di bella donna, o romperle un capello:
ma chi le dá veneno, o chi le caccia
l’alma del corpo con laccio o coltello,
ch’uomo sia quel non crederò in eterno,
ma in vista umana un spirto de l’inferno.

Per chi come me dovesse far fatica a comprendere il linguaggio ariostesco, ecco la parafrasi.

Mi sembra non solo un gran male, che un uomo percuota in volto una bella donna o le torca un capello, ma un delitto contro la natura e contro Dio. Non credo che sia un uomo chi l’avvelena o la uccide con un laccio o con un coltello, ma un demone dall’aspetto umano.

Concludo proponendo l'educazione sentimentale delle fanciulle pubblicata una settimana fa da @vignette_incazzate.

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venerdì 24 novembre 2023

Saper essere grati. Ieri, oggi, sempre

Solo nella tarda serata di ieri, quarto giovedì di novembre, mi sono resa conto che negli Stati Uniti era il Giorno del ringraziamento (Thanksgiving Day), una di quelle tradizioni che stranamente non abbiamo ancora importato dagli USA – la Festa del Grazie della serie televisiva Boris non conta ;-) – a differenza dell'odierno Black Friday, il venerdì successivo al suddetto Ringraziamento; a proposito, vale assolutamente la pena di segnalare anche il Good Friday.

Si festeggia in segno di gratitudine per le benedizioni del raccolto e dell'anno precedente... comunque ciascuno può avere i suoi motivi per essere grato! ;-)

E desideriamo ringraziare l'evoluzione per aver lentamente trasformato alcune specie di dinosauri in una palla di carne ambulante con una testa minuscola.
– Per che cosa sei grato?
– Vegetariani.
Non sono un esperto, ma i paperi mangiano il pollo?

C'è poi uno short video della società di ingegneria e robotica Boston Dynamics nel quale un robot immerge un tacchino nella pentola in ebollizione. Ma la cottura non dovrebbe essere al forno? Qua bisognerebbe fare ricorso all'apposito numero verde statunitense... ;-)

Last but not least, anzi, concludo con un'immagine particolarmente significativa di Dan Piraro Bizarro Comics.

Quando hai più del necessario, costruisci un tavolo più lungo, non un muro più alto.

giovedì 23 novembre 2023

Giulia, vittima di un ricatto emotivo

In seguito al tragico femminicidio di Giulia Cecchettin – una vicenda della quale continuo a occuparmi perché non riesco a smettere di pensarci – Adamo Romano di @maledizioni ha pubblicato alcune immagini decisamente meno leggere rispetto al suo solito; le riporto qui di seguito.

Questo non è amore.
Questo non è amare.


Quest'ultima mi è impossibile non ricollegarla al messaggio vocale inviato da Giulia alle sue amiche 39 giorni prima di morire, e trasmesso ieri sera sulle reti Rai. Parlando dell'ex fidanzato Filippo Turetta che aveva lasciato ad agosto, la ragazza diceva «Io vorrei non vederlo più, vorrei sparire dalla sua vita ma non so come farlo perché mi sento in colpa, ho paura che possa farsi del male in qualche modo. Mi sento in una situazione in cui vorrei che sparisse, non vorrei nessun contatto con lui. Ma mi dice che è depresso, che non vuole mangiare, che passa le giornate a guardare il soffitto e che pensa solo ad ammazzarsi, che vuole morire». Un ricatto emotivo in piena regola: alla luce di quanto è accaduto – peraltro Turetta avrebbe dichiarato ai poliziotti tedeschi che lo avevano arrestato di non aver avuto il coraggio di farla finita, mentre per massacrare la sua ex il coraggio non gli è mancato – mi vengono i brividi. Parecchi hanno criticato la scelta di divulgare una registrazione che sarebbe dovuta rimanere privata, c'è chi ha parlato di pornografia del dolore... ma per quanto mi riguarda, anche se non ho un'opinione netta al riguardo, trovo che aver reso note quelle affermazioni renda profondamente giustizia all'umanità e alla bontà d'animo della vittima, tratteggiando al contempo con connotati ancor più terribili il suo carnefice. Posso solo augurarmi che lui venga condannato alla pena più severa prevista dall'ordinamento giudiziario italiano senza alcuna attenuante, pur non arrivando al punto di invocare un pressoché impossibile ergastolo, né tantomeno la pena di morte, che aborro in ogni caso.

Concludo trascrivendo il contenuto di un thread pubblicato tre giorni fa su Twitter dal giornalista scientifico Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, Mind, National Geographic Italia e National Geographic Traveler.

“Ma che, sei frocio per caso?”
Il patriarcato per dummies. Un thread.
Sarà successo un milione di volte, da ragazzi. Il gruppetto degli amici. Passano tre compagne, quelle carine.
“Oh, quanto è figa la Rossi? Non sai che le farei”.
“Sì, ma è una stronza, non te la darà mai”.
“La Bianchi, quella sì che se li fa tutti”.
“La Verdi, allora?”
Capita che dopo un po’ questi discorsi ti infastidiscano. Perché sì, la Rossi ti piace. “È figa”, è vero. Ma è una persona. Una ragazza. Non un oggetto da prendere e consumare.
Allora provi a dire la tua. “Sì, vabbè, però basta, dai”. Ti imbarazza la volgarità. E non è che sei puritano. “Dai, cazzo, Luca, smettila.”
È lì che arriva la domanda fatidica.
“Ma che, sei frocio per caso?”.
E giù a ridere.
“Ma no, è che mi dà fastidio”.
“Embè, non è figa la Rossi?”.
“Sì, beh, certo…”, balbetti. Però a pensarci bene è proprio quello che ti dà fastidio. La riduzione della persona a una massa di carne più o meno ben distribuita. Da usare.
“Mah, a me mi sa che sei proprio frocio”.
Così. A 15 anni o giù di lì, la seconda volta non dirai più nulla. Masticherai amaro il tuo disagio per l’apprezzamento volgare ma te lo terrai per te. Perché il prezzo è la marginalità. E a quindici anni nessuno vuole restare fuori dal branco.
Forse è così che funziona.
Poi, certo, mica tutti ammazziamo le compagne, abusiamo di chi “non ce la dà”, molestiamo la collega scollata. Però non abbiamo arginato la barbarie verbale. Credo sia in questo senso che siamo un po’ tutti colpevoli.
Ma non si può dire, in una stagione del mondo in cui i maschi bianchi di tarda età rivendicano con orgoglio un machismo becero che sembrava sepolto dalla civiltà.
PS E in quel “sei frocio per caso?” usato come arma contundente c’è ancora un altro problema di una società retrograda. Ma non era di questo che stavo parlando.
Altro PS. Non l’avevo letto, ieri, Mattia Feltri. Ma questo è il senso.

mercoledì 22 novembre 2023

Canzoni invecchiate male

Nell'estate del 1989 Raf fu vincitore assoluto del Festivalbar con il brano Ti pretendo, di cui aveva composto le musiche insieme a Giancarlo Bigazzi, mentre il testo, ebbene sì, era stato scritto da una donna, Gianna Albini.

Due anni prima, nel 1987, Fiorella Mannoia aveva vinto il Premio della Critica al Festival di Sanremo con Quello che le donne non dicono, scritta da Enrico Ruggeri e da Luigi Schiavone, e divenuta un caposaldo del suo repertorio.

Riguardo alla hit di Raf, propongo il contenuto di un post pubblicato su Instagram da aesteticasovietica ad agosto, all'indomani dello stupro di gruppo a Palermo.

In queste ore, in cui tutti pubblicano il testo dei messaggi degli stupratori di Palermo, noi decidiamo di pubblicare il testo di una canzone considerata dai più come una canzone d’amore.
Una canzone emblematica di quanto il nostro paese abbia, nel corso dei decenni, inconsapevolmente alimentato (fino a normalizzare) una cultura dello stupro talmente raffinata da saper romanticizzare l’assenza del consenso, cantando tutti insieme frasi come “è inutile che dici di no
In questa cultura sono cresciuti quei ragazzi, e prima ancora i loro genitori. Certamente anche i loro insegnanti, i loro ministri della repubblica, e i giudici che ormai puntualmente emettono sentenze shock non più shock in quanto regolari nella propria cadenza (rimandiamo al post di @carlottavagnoli su questo)
Naturalmente non stiamo dicendo che questa canzone sia la causa di tutti i mali, sarebbe ingiusto e ingenuo. Questa canzone è figlia del suo tempo che però è ancora oggi il nostro. Un tempo in cui le donne sono diritto degli uomini che si nascondono dentro di loro, “in nome dell’amore se c’è”. Loro, nel dubbio, non scendono a compromessi e vanno fino in fondo.
Se tu li guardi, loro non rispondono di sé. Ed è inutile che dici di no. Come con quei ragazzi di Palermo, è stato assolutamente inutile che lei dicesse di no.
Al prossimo karaoke, facciamoci la cortesia, pensiamo alle parole che stiamo cantando. E rabbrividiamo.

Quanto al "classico" della Mannoia, la cantante ha dichiarato in un'intervista a Repubblica pubblicata dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin

È un brano a cui sono molto legata, ma ho deciso di cambiare il finale perché era giusto: dicevo sempre ‘Ti diremo ancora un altro sì’, ma non è mica vero… La cantavo e pensavo ‘non è mica detto, perché danno per scontato che dobbiamo dire un sì?’. Potrebbe essere un forse, o un no. E quando una donna dice no, con qualsiasi vestito, in qualsiasi circostanza e condizione, è no.

Ma cambiare il monosillabo da a no stravolge completamente il senso di un testo che, a leggerlo con attenzione, mi ha sempre fatto aggrottare le sopracciglia, e riguardo al quale condivido un commento che ho letto oggi su Facebook.

Il testo di questa canzone l'ho sempre trovato lontano anni luce dalla sensibilità di una donna "risolta".

martedì 21 novembre 2023

Possiamo cambiare il mondo, nel nostro piccolo

Seguendo i link presenti in questo recente post di Sketchplanations, sono approdata a quest'altro suo post, che a sua volta linkava un breve ma interessante articolo dal titolo Contagious commerce (Commercio contagioso), scritto dall'imprenditore statunitense Seth Godin. Ne riporto qui di seguito la traduzione.

Gli early adopter cambiano il mondo.
Mentre una singola persona che sceglie di non mangiare carne avrà un piccolo impatto sul nostro clima, avrà un impatto molto più grande sui ristoranti, sui negozi di alimentari e sui fornitori di cibo che noteranno quello che sta facendo.
Essi cambieranno quello che offrono, e questo porterà ad un effetto moltiplicatore di altre persone che cambieranno le loro abitudini.
Acquistare un'auto elettrica o installare pannelli solari prima che diventino la scelta economica ovvia ha lo stesso impatto. Perché una volta che gli esperti di marketing e gli investitori scoprono che esiste un gruppo significativo a cui piace iniziare per primi, è molto più probabile che investano tempo ed energie per migliorare ciò che già esiste.
Lo stesso vale per la filantropia. Quando alcune persone finanziano con entusiasmo un'organizzazione no-profit con una soluzione ancora in versione beta, diventa più facile (e più probabile) che anche qualcun altro ne avvii una.
Succede anche nella direzione opposta. Se acquistiamo da un operatore di telemarketing che spamma, abbandoniamo un marchio affidabile per risparmiare due soldi o ci arrendiamo al trambusto, il mercato se ne accorge.
Pochissime persone hanno la possibilità di cambiare il mondo. Ma tutti noi abbiamo la possibilità di cambiare le persone che ci circondano, e queste azioni cambiano ciò che viene costruito, finanziato e lanciato.

lunedì 20 novembre 2023

Alla ricerca della felicità

Poiché nella mia bolla ci sono persone che seguono o praticano il buddhismo, sono venuta a sapere che è recentemente scomparso alla veneranda età di 95 anni Daisaku Ikeda, attivista pacifista, maestro buddhista nonché presidente della scuola laica buddista giapponese Soka Gakkai, nota in Italia per avere tra i suoi membri il calciatore Roberto Baggio, l'attrice Sabina Guzzanti, i cantanti Carmen Consoli e Alan Sorrenti e altri.

La sua pagina Facebook è un'autentica miniera di preziosi aforismi sotto forma di immagini, ma stasera mi limito a mostrarne uno, condiviso da una mia "facciamica" che l'ha accompagnato con parole colme di gratitudine.

Dal punto di vista buddista, è impossibile costruire la felicità personale sulle sofferenze degli altri.

domenica 19 novembre 2023

Questo non è amore

Mezza Italia era col fiato sospeso da sabato 11 novembre, quando i due ex fidanzati Giulia Cecchettin, prossima alla laurea in ingegneria biomedica, e Filippo Turetta sono spariti nel nulla. Il sospetto che lui potesse averle fatto del male è diventato una certezza quando è stato reso noto il contenuto di un video ripreso dalle telecamere di sicurezza di uno stabilimento industriale. E ieri – che per una tragica ironia del destino era la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro gli uomini – è arrivata la notizia che tutti temevamo, quella del ritrovamento del corpo di Giulia. La fuga del presunto assassino è terminata oggi con il suo arresto in Germania.

Questa vicenda mi suscita un misto di dolore e rabbia che non riesco ancora ad esprimere con parole mie, per cui prendo a prestito, fra le tante condivisibili che ho letto negli ultimi giorni, quelle di Galatea (la quale in seguito ha scritto sull'argomento un altro post che traboccava di emozione, come si evince dalla forma insolitamente imperfetta rispetto ai suoi standard)...

No. Non era Giulia che doveva scegliere meglio il fidanzato.
Non era lei che doveva capire che era pericoloso (cosa che nemmeno i genitori di lui avevano capito, almeno a quanto dicono; e per altro lei l’aveva intuito che qualcosa non andava: infatti l’aveva lasciato).
Non era Giulia che è stata ingenua, incauta, egoista nel lasciare un ragazzo che non era in grado di reggere ad un rifiuto o al fatto molto comune che le storie d’amore possono finire.
Non è Giulia che ha sbagliato, o che ha fatto qualcosa che non va.
Non è stata superficiale, sventata.
Non è lei che va criticata ed analizzata in cerca di qualche macchia che spieghi perché lui ha reagito così.
E lui non ha reagito. Ha ucciso.
Partiamo da questo, una buona volta.
O non ne usciremo mai.

... e il testo di una poesia di Gaia Maritan condivisa oggi su Facebook da Gino Cecchettin, il papà di Giulia.

L'amore vero
non umilia,
non delude,
non calpesta,
non tradisce e
non ferisce il cuore.
L'amore vero
non picchia,
non urla,
non uccide.

Circa un anno fa il signor Cecchettin aveva vissuto il dolore della perdita della moglie, e oggi ha scritto anche «Amore mio, mi manchi già tantissimo, abbraccia la mamma e dalle un bacio da parte mia❤️»... Roba da spezzare il cuore! :'-(

Aggiungo alcune immagini a tema.



Qui c'è l'elenco delle oltre cento vittime di femminicidio in Italia dall'inizio dell'anno: da mozzare il fiato.

Concludo proponendo il link all'episodio del podcast Amare parole che la sociolinguista ha dedicato al termine "femminicidio", spiegando chiaramente come mai il termine "maschicidio" non abbia preso altrettanto piede.

sabato 18 novembre 2023

Schiavi del cellulare?

Ieri sera sono partita con il mio compagno per Bormio dove abbiamo pernottato, per poi trascorrere quasi l'intera giornata a goderci il meritato relax presso le terme della ridente cittadina valtellinese. Dopo essere arrivati nello stabilimento termale ci siamo abbigliati con costume, asciugamano e ciabatte, e abbiamo depositato negli appositi armadietti tutto quello che non ci sarebbe servito; nel mio caso ovviamente pure la borsetta, con tanto di smartphone. Credo di non aver mai passato così tanto tempo senza usare lo smartphone, perlomeno nelle ore di veglia, da quando ce l'ho, uno smartphone! ;-)

[In verità all'ora di pranzo sono andata a recuperare il telefono per provare a prenotare un tavolo per cena, senza peraltro ottenere risposta perché quel ristorante è aperto solo nelle ore serali... ma questo non conta, vero? ;-)]

Comunque ne ho viste diverse, di persone che non sono riuscite a separarsi dai loro smartphone nemmeno nelle piscine, dove il rischio che l'acqua potesse far danni era tutt'altro che trascurabile. Un pochino le ho invidiate, perché anche a me sarebbe piaciuto scattare qualche foto di quello che stavo vedendo; soprattutto la vista che si poteva ammirare dalle vasche esterne – acqua calda e una temperatura dell'aria intorno allo zero, non pensavo che facesse per me, invece è stato persino piacevole – sovrastate dallo spettacolo delle montagne colorate d'autunno e parzialmente innevate... ma poi me ne sono fatta una ragione! ;-)

Colgo l'occasione per condividere il link all'articolo Il filosofo Galimberti: “Il selfie è una tragedia: fotografiamo la vita mentre lei se ne va da un’altra parte” pubblicato su La Stampa, riguardo al quale mi trovo d'accordo solo in parte con il professor Galimberti; è vero che io di selfie non me ne faccio quasi mai, né tantomeno li pubblico sui social, perché lo trovo un tantino frivolo – e pure perché con la fotocamera frontale vengo malissimo, diciamolo ;-) – ma quando Galimberti asserisce «Fotografiamo tutto, noi stessi nello specchio dell’ascensore, un tramonto, un’alba, una nascita, di fatto non vivendo mai in modo diretto la realtà, ma pensando all’inquadratura, a frapporre fra noi e la vita che sta accadendo, un congelatore di immagini e sensazioni, che accumuleremo in una memoria digitale destinata a non essere consultata mai, perdendoci così il sapore vero della vita» dissento senza esitazioni. Per quanto mi riguarda, rimpiango un sacco di aver fatto meno foto di momenti, persone e situazioni che non torneranno mai più; immortalarli mi avrebbe aiutata a fissarne il ricordo nella mia memoria cerebrale, che a differenza di quella digitale (alla quale è sufficiente fare regolarmente backup) sta perdendo colpi, e poi le avrei consultate eccome. Per dire, in molti musei scattare foto è proprio vietato, e io mi godrei molto di più la visita se questo divieto venisse meno. L'unico punto su cui concordo è il fatto che l'eccessivo perfezionismo nel preparare lo scatto possa far perdere tempo prezioso: meglio fotografare "alla come viene viene", piuttosto che lasciarsi sfuggire l'attimo.

Una tesi che invece mi sento di condividere appieno è quella promossa dall'articolo Messaggi vocali su WhatsApp, ecco perché dovete smettere di inviarli, sempre su La Stampa. Tizio a digitare tot parole impiega diciamo cinque minuti, mentre a registrare le stesse parole in un messaggio vocale ci mette molto meno. Io a leggere il messaggio di cui sopra ci metto pochi secondi, essendo abbastanza rapida nella lettura, mentre ad ascoltare il vocale impiego lo stesso tempo che ci ha messo Tizio a registrarlo (a meno di non riprodurlo a maggiore velocità), senza contare che non sempre sono nelle condizioni di ascoltarlo subito, e magari devo pure ingegnarmi per trovare il modo di farlo. Morale: dal punto di vista di Tizio il suo tempo vale palesemente più del mio, e questo non mi rende molto ben disposta nei confronti di quello che Tizio intende comunicarmi! ;-)

venerdì 17 novembre 2023

Hit al femminile in stile Broadway

Stasera condivido rapidamente tre short video dei bravissimi Oblivion, che ho avuto il piacere di vedere dal vivo ormai cinque anni e mezzo fa: le cover/parodie in stile Broadway di Ci pensiamo domani di Angelina Mango...

... di Caramello di Elettra Lamborghini & company...

[pressoché irriconoscibile, questa!]

... e di Mon Amour di Annalisa.

Ne voglio ancora...!!! :-D

[E niente, il mio editore – cioè me stessa – se non pubblico un post al giorno non mi dà pace... ;-) Solo che questo ho dovuto retrodatarlo artificiosamente, perché è stata una luuuuunga giornata ed è già passata la mezzanotte]

giovedì 16 novembre 2023

È l'amore che rende "vero" un genitore

In questi giorni ascolto, lungo i tragitti casa-lavoro e ritorno, gli episodi di Amare parole, il podcast curato da Vera Gheno per Il Post. In verità alcuni li avevo già ascoltati, mentre altri li avevo saltati e li sto recuperando. Questa sera lo spunto per il post me lo offre l'episodio uscito il 16 aprile scorso, e nel quale la sociolinguista si è occupata dell'appello rivolto da Ezio Greggio alla madre del neonato lasciato – NON abbandonato! – nella Culla per la Vita del Policlinico di Milano la mattina di Pasqua: «Riprendi il tuo bambino, merita di avere la sua mamma vera, non una che dovrà occuparsene e che non è la mamma vera». Un vero e proprio insulto a innumerevoli genitori non naturali ma adottivi o affidatari, che hanno compiuto l'atto d'amore più grande che esista scegliendo di dare un futuro a bambini rimasti senza nessuno che potesse prendersene cura.

Altri due spunti a tema:

  • Il testo scritto dall'attrice comica, in questo caso insolitamente seria e toccante, Luciana Littizzetto, madre affidataria di tre figli.
  • Il commovente post di auguri scritto dalla giornalista Francesca Fornario in occasione del diciassettesimo compleanno del figlio adottivo, arrivato otto anni fa dall'Ucraina.

mercoledì 15 novembre 2023

Quando saremo felici?

Questa sera condivido, a mo' di spunto di riflessione, un breve video pubblicato da don Alberto Ravagnani, giovane prete piuttosto popolare sui social.

Ci hanno fatto credere che saremo felici quando avremo quello che ora ci manca, quando raggiungeremo quella data forma fisica, quando saremo la persona che adesso non siamo. Ed eccoci qua, sazi e disperati, con la pancia piena, eppure sempre insoddisfatti.

Il video si interrompe senza che don Alberto riveli in che modo è possibile conquistare a suo modo di vedere la felicità, anche se sapendo che "lavoro" fa un'idea ce l'avrei... ;-) Ma secondo te, quando è che ci si può considerare felici?

martedì 14 novembre 2023

Chi sta disattivando?

Tornando rapidamente sull'argomento del mio post dell'altroieri, ecco alcune immagini per prendere amabilmente in giro quelli che "sto disattivando". :-D

Zuckerberg che parla al telefono con un italiano...

... e con un triestino.

Ecco un espediente infallibile per non essere multati! ;-)

Infine, un'immagine tale da trarre in inganno chissà quanti "boccaloni", pronti a cliccare sul pulsante salvo poi scoprire che era finto...

Scherzi a parte, come ha scritto un mio "facciamico", «Sul serio: voi pensare che "male non fa". Davvero? Sicuri sicuri sicuri? Io, nel mio piccolo, se volessi organizzare una lista di sprovveduti boccaloni da truffare con uno scam, ingannare con fake news, manipolare politicamente, coinvolgere in uno schema Ponzi, partirei dai condivisori di "anche io sto disattivando", ringraziandoli per avermi facilitato il compito».

lunedì 13 novembre 2023

I ricordi che restano di quegli anni '90

L'altro giorno ho condiviso sulla mia bacheca Facebook l'immagine qui sotto, tratta da non ricordo più quale pagina nostalgica dedicata alle persone della mia generazione.

Ho ricevuto parecchi commenti, e qualche contatto anche più giovane di me ha affermato di aver totalizzato zero punti. Per quanto mi riguarda, di quelle cose non ne ho mai fatte due, o forse tre. Di sicuro la 8 – ai miei tempi gli SMS avevano un costo dell'ordine di 100 lire l'uno, salvo offerte particolari di cui non ho mai usufruito, ed era pressoché impensabile mandarne a raffica con la stessa disinvoltura con cui oggigiorno taluni "whatsappano" un messaggio per ogni parola ;-) – e la 20, mentre per quanto riguarda la 19 dipende da cosa si intende per "animaletto virtuale"; se si parla di Tamagotchi sicuramente no, ma se vale anche la cara vecchia "pecorella di Windows" – della quale è disponibile qui la versione a 64 bit – sì. :-)

Ma all'elenco di cui sopra manca un'abitudine davvero "vintage" e della quale ho fatto parecchio uso – per non dire abuso ;-) – negli anni dell'università: lo squillo, un modo per comunicare a costo zero... salvo quelle volte in cui il destinatario dello squillo rispondeva più o meno inavvertitamente prima che tu potessi chiudere la chiamata, e ti toccava quindi pagare almeno il fatidico scatto alla risposta. Riporto qui di seguito il testo di un post a tema tratto dalla pagina Ma che ne sanno i 2000.

Negli anni 90 andava di moda lo squillo.
Non importa avesse o non avesse significato, ci si faceva squilli. Era l’elemento a metà fra il messaggio e la chiamata. Possedeva un senso inspiegabile, quasi assurdo.
Era nato perché 3/4 dei ragazzi che possedevano un cellulare rasentava lo 0 nel credito. Un messaggio costava, uno squillo era gratis. Principalmente voleva dire “Ti sto pensando”, non di certo stava per “Richiamami”.
La chiamata persa non esisteva. Se esisteva era quella di mamma o papà.
La generazione ruggente dei primi cellularisti d’un certo livello, quelli che iniziavano ad abusare del telefono mobile, aveva inventato questo linguaggio assurdo per comunicare. Ci si faceva squilli; all’infinito.
Ti penso, ti penso anche io. Ti penso ancora, anche io ti penso ancora. E così via, per tutto il giorno. Per tutti i giorni.

domenica 12 novembre 2023

Se è gratis, il prodotto sei tu

Come era stato preannunciato, Meta, la società che possiede Instagram e Facebook, ha introdotto in Europa «la possibilità di pagare un abbonamento mensile per non vedere la pubblicità sulle sue piattaforme. I loro servizi rimarranno comunque disponibili gratuitamente con la pubblicità per chi non volesse pagare. La decisione deriva dalla necessità di adeguarsi ai regolamenti europei: l’Unione Europea e la Corte di giustizia Europea hanno stabilito che le piattaforme come quelle di Meta dovrebbero offrire agli utenti che lo desiderano alternative alla raccolta dei loro dati per scopi pubblicitari personalizzati, che rappresenta un’importante fonte di guadagno di Meta».

E infatti... giovedì quando ho aperto l'app di Facebook mi è stato chiesto di fare una scelta per poter procedere. Ovviamente – l'alternativa sarebbe stata smettere del tutto di usare Facebook e addirittura cancellare il mio account, cosa che qualche mio contatto ha annunciato di essere in procinto di fare – ho scelto di non pagare; l'asticella del prezzo è stata fissata talmente in alto, perlomeno in rapporto al servizio offerto, che secondo me Meta dà per scontato che ben pochi saranno disposti a sborsare quasi 13 euro al mese (per la versione mobile, mentre per la versione da PC dovrebbe costare un po' di meno). E infatti mi risulta che nessuno l'abbia fatto, almeno tra le persone che seguo. In compenso sembra che parecchia gente – per fortuna nessuno dei miei contatti, perlomeno da quello che ho visto – stia condividendo testi analoghi a quello mostrato nello screenshot qui sotto.

Ecco un paio di immagini che prendono in giro chi "abbocca".

 

[In dialetto abruzzese voccapertə significa boccalone, per chi non l'avesse capito]

A me non danno particolarmente fastidio i post sponsorizzati personalizzati... anzi, essendo basati su dati relativi alla mia attività sui social, mi interessano senz'altro di più rispetto alla pubblicità generica che si vede in televisione e sui giornali. Quella vaga inquietudine che mi può derivare dall'idea di essere "spiata" la controllo cercando di essere il più possibile consapevole delle azioni che compio in rete, e tenendo per me le informazioni che desidero assolutamente rimangano private. Devo "solo" imparare ad essere più selettiva riguardo alle scelte di acquisto fatte sulla base degli annunci che vedo. Ad esempio, l'anno scorso ho comprato un cappottino molto carino a un buon prezzo... ma devo mettermi bene in testa che i gioielli, o meglio bigiotteria, è meglio lasciarli perdere. L'ultimo caso in ordine di tempo, relativo a degli orecchini a forma di albero di Natale, è raffigurato nell'immagine qua sotto.

Sulla sinistra, la foto tratta dalla pagina del prodotto. Sulla destra, l'orecchino appena ricevuto e appeso al mio orecchio; decisamente meno "sbrilluccicoso"... e per giunta si è già staccata una pietruzza, che devo trovare il modo di reincollare. La locuzione durare da Natale a Santo Stefano è stato persino troppo ottimista. ;-) Vabbè, per quei due spicci che li ho pagati ci può anche stare.

P.S.: In questo articolo puoi trovare alcune interessanti considerazioni riguardo all'aforisma che ho scelto come titolo del post.

sabato 11 novembre 2023

Voci dall'aldilà

Giovedì 2 novembre – guarda caso, il giorno in cui si celebra la commemorazione dei defunti :-/ – è stata pubblicata Now and Then, una nuova/vecchia canzone dei Beatles, risultato di un lungo lavoro di arrangiamento da parte di Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison (morto nel 2001) su una vecchia demo registrata da John Lennon al pianoforte nel 1978, due anni prima del suo tragico assassinio. Dal mio punto di vista l'unico reale motivo di interesse è il ricorso all'intelligenza artificiale per isolare ed estrarre la voce di Lennon dalla demo. Per il resto, al primo – e finora unico – ascolto la canzone non mi è sembrata niente di che, e mi conforta sapere che due beatlesiani DOC come Leonardo Tondelli – che alla discografia dei Fab Four ha dedicato pure un libro – e Stefano Disegni in sostanza concordano con me. Senza dubbio più riusciti i due precedenti singoli "postumi" dei Beatles, Free as a Bird e Real Love, usciti negli anni '90 e che ho scoperto in questa occasione.

Il giorno dopo, venerdì 3 novembre, è uscito Lux Eterna Beach, il nuovo album di Colapesce Dimartino; dopo il tour, a quanto pare, i due cantautori torneranno alle rispettive carriere da solisti. I singoli usciti nei giorni precedenti, La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d'accordo (dal titolo vagamente "wertmülleriano") e Ragazzo di destra li avevo trovati deludenti, mentre mi ha convinta senz'altro di più I marinai featuring Ivan Graziani: il figlio del cantautore prematuramente scomparso il 1° gennaio 1997 – da notare che Francesca Michielin, conduttrice di X Factor ma prima ancora cantante, per giunta diplomata in canto jazz al conservatorio, è apparsa del tutto ignara della dipartita – ha proposto ai due un singolo inedito del padre, e loro ci hanno aggiunto un ritornello.

A proposito di Ivan Graziani, segnalo la cover di Lugano addio interpretata dal musicista/cantautore abruzzese Setak, al secolo Nicola Pomponi, e il video nel quale il giornalista e appassionato di musica Andrea Scanzi traccia un ritratto di quello che a suo dire è stato uno dei musicisti più dotati, originali e coraggiosi (e purtroppo sottovalutati) d'Italia.

[Se il titolo del post ti aveva dato l'impressione che intendessi parlare di Red Ronnie e del suo presunto dialogo con la buonanima di Jimi Hendrix... ebbene, proprio no ;-)]

venerdì 10 novembre 2023

Il punto sul "piuttosto che"

L'altro giorno un mio "facciamico" ha pubblicato un post per protestare contro l'uso scorretto del "piuttosto che" al posto di "oppure" persino sulla carta stampata.

Intendevo trarne ispirazione per un post, ma ben presto mi sono resa conto di averne già pubblicati almeno tre, il 13 ottobre 2012, il 20 aprile 2020 e il 22 marzo di quest'anno, dove puoi trovare svariati spunti sull'argomento; ne ho accennato pure il 12 marzo 2010, ai tempi del defunto Splinder, e il 10 maggio 2021. Insomma, non posso certo affermare che la questione mi sia indifferente! ;-)

giovedì 9 novembre 2023

Auguri Pinturicchio!

In occasione del quarantanovesimo compleanno di Alessandro Del Piero, un campione che rimarrà sempre nel cuore dei veri tifosi juventini per le sue doti umane oltre che per il suo talento calcistico, riporto il testo di un post pubblicato sulla pagina Facebook Calcio Totale.

"Del Piero è l'unico per cui avrei fatto follie. Dopo una sfida di Champions fra il Manchester e la Juventus in cui aveva fatto ammattire mezza difesa, Ryan Giggs e Gary Neville vennero da me e mi chiesero di acquistarlo a tutti i costi, perché uno così ci avrebbe fatto vincere tutto per decenni.
Così contattai la dirigenza bianconera e l'agente del ragazzo. Rifiutò ancor prima di ascoltare la mia proposta dicendomi che la Juventus era il miglior posto in cui stare e che anche se rispettava il Manchester United non avrebbe mai potuto tradire i colori bianconeri.
Peccato, perché non ho mai più visto uno come lui. Campione dentro e fuori dal campo, l'ho corteggiato anche nei giorni successivi alla vittoria dell'Italia al Mondiale.
In quel periodo su di lui c'era anche il Real Madrid e date le vicende che coinvolgevano la Juventus immaginai che fra noi dello United e i "galacticos" ci sarebbe stata un'asta per aggiudicarselo.
Così lo chiamai direttamente evitando di parlare con la Juventus: "Alex, vorrei averti allo United" gli dissi. "Sarai la stella della squadra e insieme vinceremo tutto. Non ascoltare il Real Madrid e vieni qui". Lui rise e rispose: "Mister, lei lo sa che non è cambiato niente da tanti anni fa. La Juventus è in difficoltà e ho il dovere di aiutarla. Non posso essere vigliacco". Pensai sarebbe stato inutile continuare, lo salutai e non lo risentii più.
Nel 2008, in occasione di un'amichevole, lo rividi e lui mi salutó con un abbraccio.
Non parlava bene inglese, ma si scusó per aver rifiutato l'offerta spiegando il perché lo aveva fatto. Gli misi una mano sulla spalla e lo rassicurai: "Volevi salvare la Juventus e ce l'hai fatta. Conta solo questo".
Quando qualcuno mi chiederà di menzionare il calciatore che ho sempre voluto e che non ho mai potuto allenare, io risponderò: Alessandro Del Piero".
[Sir Alex Ferguson]

Lo stesso aneddoto lo trovi qui, in inglese, pubblicato sul britannico The Mirror.

Auguroni, grandissimo Pinturicchio! :-)

mercoledì 8 novembre 2023

Vite da proteggere, cittadini da riconoscere

Stamattina andando al lavoro in macchina ho ascoltato il nuovo episodio di Morning, il podcast di Francesco Costa; la parte introduttiva, che stabilisce un nesso tra due questioni diverse – una notizia di attualità e un tema destinato a influire su una scala temporale assai più ampia – ma strettamente correlate, mi ha talmente colpita che ne riporto qui di seguito la trascrizione (fatta con l'aiuto dello strumento di digitazione vocale di Google Docs, che – note to self, visto che me lo scordo sempre – funziona solo con il browser Google Chrome).

Si è parlato parecchio ieri, sia sui social che tra i giornali e le agenzie e le dichiarazioni dei politici, del caso della bambina a cui il governo italiano ha dato la cittadinanza, bambina britannica molto malata che dovrebbe essere ricoverata nei prossimi giorni in Italia, ma uso il condizionale perché questa storia è ancora molto in divenire. La bambina, che si chiama Indi Gregory, ha otto mesi, è inglese, è affetta dalla sindrome da deplezione del DNA mitocondriale. È una malattia rara, per cui non esistono cure, che impedisce lo sviluppo dei tessuti, dei muscoli. Già oggi la bambina è tenuta in vita soltanto dalle macchine; la attende una vita molto breve, quindi, anche a prescindere dal ruolo delle macchine. Per questo, secondo quanto prevede la legge inglese, dopo commissioni di medici e relazioni che sono state eseguite, costruite, messe per iscritto, l'Alta Corte del Regno Unito ha stabilito, nell'interesse della bambina, che le macchine vadano spente. Non si tratta di una eutanasia, non si tratta del suicidio assistito, ovviamente: si tratta, per citare le parole di un anestesista intervistato oggi sul Corriere, di un cambio di sguardo sul bambino e sugli obiettivi di cura, rimodulandoli in chiave palliativa. Di fronte a una malattia non curabile è ragionevole pensare che un supporto vitale come la ventilazione non sia più proporzionato, e che come tale possa diventare clinicamente ed eticamente corretto sospenderlo.
I genitori non accettano questa decisione: si sono opposti con i mezzi legali a loro disposizione, inutilmente. Hanno cercato aiuto negli scorsi mesi, e lo hanno trovato in tutto quel mondo molto conservatore, molto religioso, a volte ampiamente fondamentalista, che si racconta come straordinariamente interessato alla protezione della vita. Potremmo dire già molte cose qui sul fatto che questo interesse per la protezione della vita si concentri soprattutto nei mesi che precedono quella nascita, e quindi in tutto quello che riguarda le gravidanze, negli ultimi mesi della vita, invece, quelli in cui si sta per morire, magari per ragioni di salute. Ci vorrebbe forse un po' più di impegno, un po' più di riequilibrio, ecco, sulle altre fasi della vita. E si concentra sulle vite di quelle persone che a causa di una patologia, come il caso di questa bambina, secondo natura – cito questa parola perché è un termine piuttosto abusato – non sono purtroppo nelle condizioni di sopravvivere, ma insomma... Trovano questo tipo di aiuto, e questo aiuto si traduce in un risultato concreto in Italia, dove questo mondo culturale-politico è rappresentato ai più alti livelli del parlamento, oltre che del governo, e quindi si arriva a quella scelta: dare la cittadinanza, organizzare un trasferimento di questa bambina di otto mesi che non respira, che è tenuta in vita dalle macchine, in aereo verso Roma all'ospedale Bambin Gesù dove possa essere ricoverata e... non si sa.
Sui giornali oggi ci sono diverse interviste ai genitori della bambina, che sono comprensibilmente straziati, e si attaccano a quella che loro stessi definiscono come una sorta di ultima speranza: sanno che non ci sono cure, sanno che la loro figlia morirà, dicono che esistono delle cure alternative, ma ammesso che queste cure alternative esistano – ed è un "ammesso" grande quanto una casa – l'ospedale Bambin Gesù di Roma, il governo, non hanno mai parlato di cure alternative a cui promettono di sottoporre questa bambina. Loro stessi dicono «C'è un caso di un bambino negli Stati Uniti che con questa stessa sindrome ha vissuto fino a nove anni». La famiglia Gregory a conferma, diciamo, di quale mondo politico-culturale esista dietro questa operazione, è rappresentata, scrive il Corriere, dall'ex senatore Simone Pillon, l'ex senatore noto per le sue posizioni che credo possano essere definite da fondamentalista. E la lettura di queste interviste mi sembra oggi manifestare, esporre anche in modo piuttosto chiaro, diretto, tutto il cinismo dietro questa operazione.
Ci sono anche dei precedenti simili, di storie simili; in uno di questi casive lo raccontavo ieri – non si fece nemmeno in tempo a organizzare il trasferimento, perché il bambino morì prima di partire. Tanto che per questo, nonostante la scelta del governo italiano e l'invito a questa famiglia di venire in Italia, soltanto oggi alle 15, scrive il Corriere, l'Alta Corte del Regno Unito deciderà se autorizzare o no questo trasferimento a Roma. [Come riferisce Open, «Il giudice inglese Robert Peel ha deciso che il supporto che assicura la vita a Indi Gregory, la bambina di 8 mesi che soffre di una malattia mitocondriale degenerativa incurabile e cui il governo italiano ha concesso con procedura d’urgenza la cittadinanza, sarà rimosso nel pomeriggio di domani, giovedì 9 novembre. A partire dalle 14 di domani, le 15 in Italia, andranno dunque staccate le macchine: nell’ospedale di Nottingham dove la piccola è ricoverata o in un hospice. L’Alta Corte di Londra ha infatti anche stabilito che non è nell’interesse di Indi essere trasferita a casa, come chiedevano quanto meno i genitori. Tanto meno, dunque, un suo trasferimento in Italia», NdC] Questo per chi si fosse chiesto che cosa cambia la cittadinanza: non cambia niente, in sostanza. È un gesto politico, un gesto politico forte che permette all'Italia di avere più voce in capitolo, e ai genitori di avere più forza nelle carte quando chiedono il trasferimento in Italia, visto che la bambina a questo punto è italiana. Ma la bambina è una minorenne, e quindi è prevista da parte dello Stato in Regno Unito una tutela maggiore, speciale: non è che i genitori possono fare quello che vogliono dei minori, nel Regno Unito come in Italia.
E qui arriviamo al secondo punto di grande cinismo che è quest'obbrobrio della cittadinanza: per questa bambina non cambierà granché, purtroppo, morire da inglese o morire da italiana. Eppure, quando ho letto questa storia, mi sono immedesimato in una delle tantissime persone – parliamo di centinaia di migliaia di persone – che vivono in Italia da una vita, in qualche caso vivono in Italia da sempre, che parlano l'italiano e soltanto l'italiano, la cui cultura è la cultura italiana e solo quella italiana, che vanno a scuola in Italia, che esistono, che hanno un ruolo, che hanno un lavoro, che hanno un compito, che sono parte, insomma, della società italiana, e che italiane però non lo sono, non lo diventano, non lo possono diventare; se lo possono diventare devono aspettare di compiere 18 anni, e poi quanti altri anni di burocrazie assurde allo scopo di ottenere un foglio di carta decisivo che cambia tutto, ma che certifica quello che è già vero nei fatti.
Se uno non conoscesse benissimo tutto l'armamentario ideologico-politico dietro entrambi questi approcci, dietro l'approccio che porta a dire di una bambina di otto mesi malata terminale che non può essere salvata «Facciamo qualsiasi cosa pur di salvarla, perché così si vedrà che noi italiani teniamo alla vita» e l'approccio, dall'altra parte, che sta dietro il non intervenire, il non preoccuparsi dell'obbrobrio, dell'assurdità quotidiana che produce la legge italiana sulla cittadinanza... Ecco, se non conoscessimo bene tutto questo, e quindi tutto quello che sta dietro questi approcci, dovremmo quasi pensare che l'unico modo da stranieri per ottenere la cittadinanza in Italia è dare la garanzia di morire, e anche piuttosto in fretta.

Se non fossi stata impegnata a guidare, avrei davvero battuto le mani a questa chiusa così sferzante, per quanto estrema e paradossale.

Concludo riportando il testo del post scritto oggi dall'attivista e politico radicale Alessandro Capriccioli.

Invece del battito cardiaco di quelli che lasciate crepare in mezzo al mare sticazzi, ve’?