giovedì 23 novembre 2023

Giulia, vittima di un ricatto emotivo

In seguito al tragico femminicidio di Giulia Cecchettin – una vicenda della quale continuo a occuparmi perché non riesco a smettere di pensarci – Adamo Romano di @maledizioni ha pubblicato alcune immagini decisamente meno leggere rispetto al suo solito; le riporto qui di seguito.

Questo non è amore.
Questo non è amare.


Quest'ultima mi è impossibile non ricollegarla al messaggio vocale inviato da Giulia alle sue amiche 39 giorni prima di morire, e trasmesso ieri sera sulle reti Rai. Parlando dell'ex fidanzato Filippo Turetta che aveva lasciato ad agosto, la ragazza diceva «Io vorrei non vederlo più, vorrei sparire dalla sua vita ma non so come farlo perché mi sento in colpa, ho paura che possa farsi del male in qualche modo. Mi sento in una situazione in cui vorrei che sparisse, non vorrei nessun contatto con lui. Ma mi dice che è depresso, che non vuole mangiare, che passa le giornate a guardare il soffitto e che pensa solo ad ammazzarsi, che vuole morire». Un ricatto emotivo in piena regola: alla luce di quanto è accaduto – peraltro Turetta avrebbe dichiarato ai poliziotti tedeschi che lo avevano arrestato di non aver avuto il coraggio di farla finita, mentre per massacrare la sua ex il coraggio non gli è mancato – mi vengono i brividi. Parecchi hanno criticato la scelta di divulgare una registrazione che sarebbe dovuta rimanere privata, c'è chi ha parlato di pornografia del dolore... ma per quanto mi riguarda, anche se non ho un'opinione netta al riguardo, trovo che aver reso note quelle affermazioni renda profondamente giustizia all'umanità e alla bontà d'animo della vittima, tratteggiando al contempo con connotati ancor più terribili il suo carnefice. Posso solo augurarmi che lui venga condannato alla pena più severa prevista dall'ordinamento giudiziario italiano senza alcuna attenuante, pur non arrivando al punto di invocare un pressoché impossibile ergastolo, né tantomeno la pena di morte, che aborro in ogni caso.

Concludo trascrivendo il contenuto di un thread pubblicato tre giorni fa su Twitter dal giornalista scientifico Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, Mind, National Geographic Italia e National Geographic Traveler.

“Ma che, sei frocio per caso?”
Il patriarcato per dummies. Un thread.
Sarà successo un milione di volte, da ragazzi. Il gruppetto degli amici. Passano tre compagne, quelle carine.
“Oh, quanto è figa la Rossi? Non sai che le farei”.
“Sì, ma è una stronza, non te la darà mai”.
“La Bianchi, quella sì che se li fa tutti”.
“La Verdi, allora?”
Capita che dopo un po’ questi discorsi ti infastidiscano. Perché sì, la Rossi ti piace. “È figa”, è vero. Ma è una persona. Una ragazza. Non un oggetto da prendere e consumare.
Allora provi a dire la tua. “Sì, vabbè, però basta, dai”. Ti imbarazza la volgarità. E non è che sei puritano. “Dai, cazzo, Luca, smettila.”
È lì che arriva la domanda fatidica.
“Ma che, sei frocio per caso?”.
E giù a ridere.
“Ma no, è che mi dà fastidio”.
“Embè, non è figa la Rossi?”.
“Sì, beh, certo…”, balbetti. Però a pensarci bene è proprio quello che ti dà fastidio. La riduzione della persona a una massa di carne più o meno ben distribuita. Da usare.
“Mah, a me mi sa che sei proprio frocio”.
Così. A 15 anni o giù di lì, la seconda volta non dirai più nulla. Masticherai amaro il tuo disagio per l’apprezzamento volgare ma te lo terrai per te. Perché il prezzo è la marginalità. E a quindici anni nessuno vuole restare fuori dal branco.
Forse è così che funziona.
Poi, certo, mica tutti ammazziamo le compagne, abusiamo di chi “non ce la dà”, molestiamo la collega scollata. Però non abbiamo arginato la barbarie verbale. Credo sia in questo senso che siamo un po’ tutti colpevoli.
Ma non si può dire, in una stagione del mondo in cui i maschi bianchi di tarda età rivendicano con orgoglio un machismo becero che sembrava sepolto dalla civiltà.
PS E in quel “sei frocio per caso?” usato come arma contundente c’è ancora un altro problema di una società retrograda. Ma non era di questo che stavo parlando.
Altro PS. Non l’avevo letto, ieri, Mattia Feltri. Ma questo è il senso.

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