Qualche giorno fa, mentre scorrevo la mia timeline di Facebook, mi sono capitati sotto gli occhi diversi post sponsorizzati tutti abbastanza simili tra loro, e che puzzavano di fregatura lontano un miglio: eccone alcuni esempi.
Pur senza ovviamente aprire i link, ho condiviso le mie perplessità sulla mia bacheca, e qualche contatto mi ha informata che ne aveva parlato Marco Ardemagni – potevo cercare il podcast – e mi anche ha suggerito di segnalare i post in questione come spam, anzi scam, cosa che ho fatto.
Dando per scontato che Ardemagni ne avesse parlato nel corso del programma radiofonico Caterpillar AM che conduce insieme a Filippo Solibello e Claudia de Lillo aka Elasti, ne ho ascoltato due episodi interi su RaiPlay Sound – non essendoci la sinossi, non avevo modo di sapere quali fossero gli argomenti trattati – solo per scoprire che in realtà si era parlato di tutt'altro. In seguito ho appreso dalla bacheca Facebook dello stesso Ardemagni che il tema era stato trattato sull'account Twitter di Liberi, Oltre le illusioni insieme a Paolo Attivissimo, e quindi ho ascoltato la registrazione. Tra un problema tecnico e l'altro il Disinformatico è riuscito a collegarsi dopo oltre metà della puntata, poi ci sono stati parecchi tempi morti... Insomma, riporto qui di seguito la trascrizione della parte di discussione che interessava a me (il tema centrale erano le sciocche superstizioni sul venerdì 17, riguardo alle quali non sentivo certo il bisogno di essere ragguagliata).
Marco Ardemagni: ... Sono quei finti link, cioè quei link sponsorizzati che troviamo sulla timeline di Facebook, magari a metà tra un messaggio di un amico che ci fa gli auguri e un altro che ci posta le sue foto delle vacanze, troviamo spesso dei link sponsorizzati. Alcuni, non tutti, ma alcuni di questi link sponsorizzati, in questi giorni, ma direi da anni, sono delle finte pagine di giornale, proprio scimmiottate alla perfezione, non so, repubblica.it, corriere.it, e io ne ho raccontato l'ultimo. Quest'ultimo era un Corriere, un finto corriere.it; cliccando lì sopra si apriva una pagina del tutto, diciamo, ehm...
Paolo Attivissimo: ... farlocca?
Marco Ardemagni: OK, ma impostata con una grafica, un font identico a quello del Corriere, in cui si riportava di una conversazione "Bankitalia indaga Chiara Ferragni", e si riportavano dei virgolettati intorno alla sua intervista con Alessandro Cattelan totalmente fasulla. Alla fine di questa finta intervista c'era un link a una ulteriore pagina che era una pagina di valute virtuali dove ovviamente alla fine si accedeva di fatto a un meccanismo di scam, di truffa. Ora, come è possibile che un'azienda come Meta, che è il proprietario di Facebook, che è la nona azienda più capitalizzata al mondo, riesca a ospitare sul proprio social media una cosa del genere dove vengono citate Banca d'Italia, il più famoso presentatore italiano sotto i 45 anni, la più famosa influencer italiana, un programma su La7 o su adesso non ricordo quale canale, comunque su una delle reti televisive, il Corriere della Sera e il suo direttore Luciano Fontana... e nessuno di questi cinque enti o persone o società riesca a fermare questo fenomeno, e neanche i loro uffici legali? Come è possibile che questo avvenga?
Paolo Attivissimo: Beh, probabilmente è una questione di una serie di cause; non ce n'è mai una sola, di solito, in questi casi. Prima di tutto bisogna tenere presente che queste inserzioni sono pagate, cioè qualcuno paga Meta per far apparire queste pubblicità, quindi si sta chiedendo a Meta di controllare la qualità della gente che la paga, che è un po' contro il suo modello di business. Fa niente, i soldi non puzzano: basta che tu mi paghi e io non sto lì a controllare più di tanto. Oltretutto teniamo presente che è molto semplice entrare nel circuito degli inserzionisti: non ci sono controlli capillari su chi sia l'inserzionista, che cosa stia promuovendo, quindi è abbastanza facile nel mare delle inserzioni pubblicitarie, perché anche questo è un fattore, ci sono migliaia, decine di migliaia di inserzionisti che lavorano attraverso i social network, è facile che passi inosservato qualcosa anche se viene segnalato, e c'è il problema che i moderatori che fanno i controlli, che verificano i contenuti dei social network, che sono pochissimi rispetto alla quantità di informazioni che dovrebbero moderare. Faccio giusto un esempio: all'interno di Meta, nell'area linguistica italiana, sono sotto i 200.
Marco Ardemagni: Ah ecco, e saranno applicati di più ai contenuti, ai post che non alle inserzioni a pagamento, immagino.
Paolo Attivissimo: Esatto, diciamo che conviene che sia così, perché insomma, il post non pagato non fa né caldo né freddo, ma prima di dire a un inserzionista che ti ha dato dei soldi che il suo materiale è truffaldino ci devi pensare due volte, perché altrimenti stai dicendo di no a uno che ti sta pagando. Quindi c'è questo problema generale del meccanismo commerciale dei social network che alimenta questo tipo di contenuto. Teniamo presente però che è altrettanto difficile per un ufficio legale. Questa cosa è successa anche in Svizzera, anche la radiotelevisione svizzera con la quale collaboro è stata colpita esattamente dallo stesso tipo di messaggio pubblicitario ingannevole, con il logo della RSI, con i nomi dei presentatori e via dicendo. Teniamo presente che quando esce su un giornale, quindi su una testata giornalistica registrata, un virgolettato inventato, come capita spessissimo sui giornali, gli uffici legali o i rappresentanti legali delle persone coinvolte fanno fatica enormemente a cercare di far rettificare quel virgolettato, anzi viene considerato accettabile inventarsi il virgolettato attribuito a qualcuno. Quindi c'è un problema non solo di social network, ma di comunicazione in generale in tutti i media. Dovremmo forse ripartire dai principi fondamentali, invece di fare corse folli verso miracoli dell'intelligenza artificiale e altre cose che ci vengono proposte.
Marco Ardemagni: Chiarissimo. E ovviamente c'è anche un discorso di assuefazione da parte poi dei terzi, cioè dell'utente finale che magari non clicca lì sopra perché ha capito che quel link è truffaldino, ma accetta che tra due messaggi autentici, originali, dei suoi amici siano ospitate delle vere e proprie truffe a danni di altri, magari, utenti più creduloni di lui. Io sto cercando così nel mio piccolo di portare un po' di luce su queste cose.
Per concludere, ecco il riscontro che ha avuto una delle mie segnalazioni.
Del resto Paolo Attivissimo l'aveva dato a intendere, che pecunia non olet... :-/
Sono d'accordissimo con Paolo Attivissimo... ;-)
RispondiEliminaAnch'io feci riflessione analoga mesi fa... il passo in più, la prova di segnalare uno di questi post truffaldini come hai fatto tu mi mancava invece: è la riprova del nove!
Comunque c'è da dire che c'è un'alternativa a far controllare il contenuto a sparuti gruppi di dipendenti o a IA più stupide che intelligenti. Su Twitter sono gli utenti stessi che, con un sistema che a occhio mi pare funzioni bene, possono aggiungere "contesto" al messaggio.
Per esempio tempo fa ho visto la pubblicità di un qualche oggetto strano in vendita, e quindi a pagamento, con il "contesto" degli utenti che avvisavano della truffa. Idem per cinguettii di politici (di entrambi gli schieramenti; intendo democratici o repubblicani) o istituzioni internazionali...
Twitter lo frequento poco, ancor meno da quando in mano a Elon Musk ha preso una piega che non mi piace per niente. Che peccato! :-(
Eliminainfatti non ho capito perché tu abbia perso tempo a segnalare...
RispondiEliminaPerché sono tendenzialmente una sognatrice, e non mi aspettavo che potesse verificarsi quello che ragionandoci un minimo era l'esito più verosimile finché non l'ho visto con i miei occhi... :'-(
Elimina(comunque la perdita di tempo è stata davvero minima, su)