L'altro giorno ho condiviso sulla mia bacheca Facebook l'immagine qui sotto, tratta da non ricordo più quale pagina nostalgica dedicata alle persone della mia generazione.
Ho ricevuto parecchi commenti, e qualche contatto anche più giovane di me ha affermato di aver totalizzato zero punti. Per quanto mi riguarda, di quelle cose non ne ho mai fatte due, o forse tre. Di sicuro la 8 – ai miei tempi gli SMS avevano un costo dell'ordine di 100 lire l'uno, salvo offerte particolari di cui non ho mai usufruito, ed era pressoché impensabile mandarne a raffica con la stessa disinvoltura con cui oggigiorno taluni "whatsappano" un messaggio per ogni parola ;-) – e la 20, mentre per quanto riguarda la 19 dipende da cosa si intende per "animaletto virtuale"; se si parla di Tamagotchi sicuramente no, ma se vale anche la cara vecchia "pecorella di Windows" – della quale è disponibile qui la versione a 64 bit – sì. :-)
Ma all'elenco di cui sopra manca un'abitudine davvero "vintage" e della quale ho fatto parecchio uso – per non dire abuso ;-) – negli anni dell'università: lo squillo, un modo per comunicare a costo zero... salvo quelle volte in cui il destinatario dello squillo rispondeva più o meno inavvertitamente prima che tu potessi chiudere la chiamata, e ti toccava quindi pagare almeno il fatidico scatto alla risposta. Riporto qui di seguito il testo di un post a tema tratto dalla pagina Ma che ne sanno i 2000.
Negli anni 90 andava di moda lo squillo.
Non importa avesse o non avesse significato, ci si faceva squilli. Era l’elemento a metà fra il messaggio e la chiamata. Possedeva un senso inspiegabile, quasi assurdo.
Era nato perché 3/4 dei ragazzi che possedevano un cellulare rasentava lo 0 nel credito. Un messaggio costava, uno squillo era gratis. Principalmente voleva dire “Ti sto pensando”, non di certo stava per “Richiamami”.
La chiamata persa non esisteva. Se esisteva era quella di mamma o papà.
La generazione ruggente dei primi cellularisti d’un certo livello, quelli che iniziavano ad abusare del telefono mobile, aveva inventato questo linguaggio assurdo per comunicare. Ci si faceva squilli; all’infinito.
Ti penso, ti penso anche io. Ti penso ancora, anche io ti penso ancora. E così via, per tutto il giorno. Per tutti i giorni.
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