mercoledì 8 novembre 2023

Vite da proteggere, cittadini da riconoscere

Stamattina andando al lavoro in macchina ho ascoltato il nuovo episodio di Morning, il podcast di Francesco Costa; la parte introduttiva, che stabilisce un nesso tra due questioni diverse – una notizia di attualità e un tema destinato a influire su una scala temporale assai più ampia – ma strettamente correlate, mi ha talmente colpita che ne riporto qui di seguito la trascrizione (fatta con l'aiuto dello strumento di digitazione vocale di Google Docs, che – note to self, visto che me lo scordo sempre – funziona solo con il browser Google Chrome).

Si è parlato parecchio ieri, sia sui social che tra i giornali e le agenzie e le dichiarazioni dei politici, del caso della bambina a cui il governo italiano ha dato la cittadinanza, bambina britannica molto malata che dovrebbe essere ricoverata nei prossimi giorni in Italia, ma uso il condizionale perché questa storia è ancora molto in divenire. La bambina, che si chiama Indi Gregory, ha otto mesi, è inglese, è affetta dalla sindrome da deplezione del DNA mitocondriale. È una malattia rara, per cui non esistono cure, che impedisce lo sviluppo dei tessuti, dei muscoli. Già oggi la bambina è tenuta in vita soltanto dalle macchine; la attende una vita molto breve, quindi, anche a prescindere dal ruolo delle macchine. Per questo, secondo quanto prevede la legge inglese, dopo commissioni di medici e relazioni che sono state eseguite, costruite, messe per iscritto, l'Alta Corte del Regno Unito ha stabilito, nell'interesse della bambina, che le macchine vadano spente. Non si tratta di una eutanasia, non si tratta del suicidio assistito, ovviamente: si tratta, per citare le parole di un anestesista intervistato oggi sul Corriere, di un cambio di sguardo sul bambino e sugli obiettivi di cura, rimodulandoli in chiave palliativa. Di fronte a una malattia non curabile è ragionevole pensare che un supporto vitale come la ventilazione non sia più proporzionato, e che come tale possa diventare clinicamente ed eticamente corretto sospenderlo.
I genitori non accettano questa decisione: si sono opposti con i mezzi legali a loro disposizione, inutilmente. Hanno cercato aiuto negli scorsi mesi, e lo hanno trovato in tutto quel mondo molto conservatore, molto religioso, a volte ampiamente fondamentalista, che si racconta come straordinariamente interessato alla protezione della vita. Potremmo dire già molte cose qui sul fatto che questo interesse per la protezione della vita si concentri soprattutto nei mesi che precedono quella nascita, e quindi in tutto quello che riguarda le gravidanze, negli ultimi mesi della vita, invece, quelli in cui si sta per morire, magari per ragioni di salute. Ci vorrebbe forse un po' più di impegno, un po' più di riequilibrio, ecco, sulle altre fasi della vita. E si concentra sulle vite di quelle persone che a causa di una patologia, come il caso di questa bambina, secondo natura – cito questa parola perché è un termine piuttosto abusato – non sono purtroppo nelle condizioni di sopravvivere, ma insomma... Trovano questo tipo di aiuto, e questo aiuto si traduce in un risultato concreto in Italia, dove questo mondo culturale-politico è rappresentato ai più alti livelli del parlamento, oltre che del governo, e quindi si arriva a quella scelta: dare la cittadinanza, organizzare un trasferimento di questa bambina di otto mesi che non respira, che è tenuta in vita dalle macchine, in aereo verso Roma all'ospedale Bambin Gesù dove possa essere ricoverata e... non si sa.
Sui giornali oggi ci sono diverse interviste ai genitori della bambina, che sono comprensibilmente straziati, e si attaccano a quella che loro stessi definiscono come una sorta di ultima speranza: sanno che non ci sono cure, sanno che la loro figlia morirà, dicono che esistono delle cure alternative, ma ammesso che queste cure alternative esistano – ed è un "ammesso" grande quanto una casa – l'ospedale Bambin Gesù di Roma, il governo, non hanno mai parlato di cure alternative a cui promettono di sottoporre questa bambina. Loro stessi dicono «C'è un caso di un bambino negli Stati Uniti che con questa stessa sindrome ha vissuto fino a nove anni». La famiglia Gregory a conferma, diciamo, di quale mondo politico-culturale esista dietro questa operazione, è rappresentata, scrive il Corriere, dall'ex senatore Simone Pillon, l'ex senatore noto per le sue posizioni che credo possano essere definite da fondamentalista. E la lettura di queste interviste mi sembra oggi manifestare, esporre anche in modo piuttosto chiaro, diretto, tutto il cinismo dietro questa operazione.
Ci sono anche dei precedenti simili, di storie simili; in uno di questi casive lo raccontavo ieri – non si fece nemmeno in tempo a organizzare il trasferimento, perché il bambino morì prima di partire. Tanto che per questo, nonostante la scelta del governo italiano e l'invito a questa famiglia di venire in Italia, soltanto oggi alle 15, scrive il Corriere, l'Alta Corte del Regno Unito deciderà se autorizzare o no questo trasferimento a Roma. [Come riferisce Open, «Il giudice inglese Robert Peel ha deciso che il supporto che assicura la vita a Indi Gregory, la bambina di 8 mesi che soffre di una malattia mitocondriale degenerativa incurabile e cui il governo italiano ha concesso con procedura d’urgenza la cittadinanza, sarà rimosso nel pomeriggio di domani, giovedì 9 novembre. A partire dalle 14 di domani, le 15 in Italia, andranno dunque staccate le macchine: nell’ospedale di Nottingham dove la piccola è ricoverata o in un hospice. L’Alta Corte di Londra ha infatti anche stabilito che non è nell’interesse di Indi essere trasferita a casa, come chiedevano quanto meno i genitori. Tanto meno, dunque, un suo trasferimento in Italia», NdC] Questo per chi si fosse chiesto che cosa cambia la cittadinanza: non cambia niente, in sostanza. È un gesto politico, un gesto politico forte che permette all'Italia di avere più voce in capitolo, e ai genitori di avere più forza nelle carte quando chiedono il trasferimento in Italia, visto che la bambina a questo punto è italiana. Ma la bambina è una minorenne, e quindi è prevista da parte dello Stato in Regno Unito una tutela maggiore, speciale: non è che i genitori possono fare quello che vogliono dei minori, nel Regno Unito come in Italia.
E qui arriviamo al secondo punto di grande cinismo che è quest'obbrobrio della cittadinanza: per questa bambina non cambierà granché, purtroppo, morire da inglese o morire da italiana. Eppure, quando ho letto questa storia, mi sono immedesimato in una delle tantissime persone – parliamo di centinaia di migliaia di persone – che vivono in Italia da una vita, in qualche caso vivono in Italia da sempre, che parlano l'italiano e soltanto l'italiano, la cui cultura è la cultura italiana e solo quella italiana, che vanno a scuola in Italia, che esistono, che hanno un ruolo, che hanno un lavoro, che hanno un compito, che sono parte, insomma, della società italiana, e che italiane però non lo sono, non lo diventano, non lo possono diventare; se lo possono diventare devono aspettare di compiere 18 anni, e poi quanti altri anni di burocrazie assurde allo scopo di ottenere un foglio di carta decisivo che cambia tutto, ma che certifica quello che è già vero nei fatti.
Se uno non conoscesse benissimo tutto l'armamentario ideologico-politico dietro entrambi questi approcci, dietro l'approccio che porta a dire di una bambina di otto mesi malata terminale che non può essere salvata «Facciamo qualsiasi cosa pur di salvarla, perché così si vedrà che noi italiani teniamo alla vita» e l'approccio, dall'altra parte, che sta dietro il non intervenire, il non preoccuparsi dell'obbrobrio, dell'assurdità quotidiana che produce la legge italiana sulla cittadinanza... Ecco, se non conoscessimo bene tutto questo, e quindi tutto quello che sta dietro questi approcci, dovremmo quasi pensare che l'unico modo da stranieri per ottenere la cittadinanza in Italia è dare la garanzia di morire, e anche piuttosto in fretta.

Se non fossi stata impegnata a guidare, avrei davvero battuto le mani a questa chiusa così sferzante, per quanto estrema e paradossale.

Concludo riportando il testo del post scritto oggi dall'attivista e politico radicale Alessandro Capriccioli.

Invece del battito cardiaco di quelli che lasciate crepare in mezzo al mare sticazzi, ve’?

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