lunedì 22 febbraio 2016

Eco inestinguibile

Era l'estate che precedeva il mio ingresso in quarta liceo; fra gli altri compiti per le vacanze, ci era stata assegnata dalla prof di Lettere la lettura del romanzo storico Il nome della rosa di Umberto Eco, il grande scrittore e semiologo scomparso venerdì sera. Io ho sempre avuto una predilezione per le materie scientifiche, mentre quelle umanistiche, sebbene riuscissi a portare a casa voti piuttosto buoni, mi pesavano non poco... e di certo non potevo considerarmi un'avida lettrice di narrativa; per cui ho vissuto come un tormento un tantino sadico il fatto di vedermi appioppato un volume che non avevo certo scelto e che onestamente trovo tuttora fin troppo impegnativo per l'adolescente medio, in assenza di altre motivazioni se non quella che... mi toccava: non mi pare che la prof si fosse data granché da fare per "indorare la pillola". Comunque, da brava alunna diligente, avevo tutta l'intenzione di completare i compiti assegnatimi... e fu così che, al momento di preparare i miei effetti personali in vista delle due settimane di vacanza coi miei genitori nella base logistica di Colle Isarco (quell'anno a Roccaraso non trovammo posto), oltre al dizionario di latino – pure le versioni, avevo da fare... – infilai nel borsone anche il voluminoso tomo. Lo portavo sempre con me nella cartella a fiori che avevo come borsa, e nei momenti propizi lo tiravo fuori e tentavo di leggere qualche pagina... ma con scarso successo: non soltanto non riuscivo a ingranare nella lettura, ma ero diventata lo zimbello dei miei coetanei ospiti del soggiorno, i quali tendevano a prendermi in giro quando mi vedevano col libro in mano. Per farla breve il libro riuscii a finirlo, sì, ma soltanto dopo il rientro in città. Mentre il film l'ho visto per la prima volta parecchio tempo dopo.
Insomma, il primo ricordo vivido che ho di Umberto Eco non è dei più amichevoli (ho letto che lo stesso Eco è arrivato al punto di odiare il suo primo romanzo... figuriamoci io! ;-) )... ma crescendo ho imparato ad apprezzare il suo enorme spessore culturale, pur senza aver letto neanche uno dei suoi libri successivi. Sul mio tumblr ho condiviso il link alle sue 40 regole per parlare bene l'italiano, oltre a una sua citazione che in questi giorni ho visto riprodotta in ogni dove, e che a rileggerla oggi mi mette in imbarazzo più che mai, dal momento che leggo sempre meno; colpa dei social, sostiene una mia amica... che non ha mica tutti i torti, anzi. [Gli stessi social ai quali Eco rimproverava di dare «diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel»]
Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito… perché la lettura è un'immortalità all'indietro.
Come suggeriscono le pagine Soppressatira...


... e E a te se sei rimasto con Harry fin proprio alla fine...


... verrebbe da pensare che "mal comune, mezzo gaudio". Ma io no, non voglio rassegnarmi ai miei limiti: sarà il caso che io legga molto di più, e per riuscirci devo innanzitutto superare la mia personale fissazione di dover finire entro un paio di giorni i libri che comincio a leggere.
Adesso che Umberto Eco non c'è più, fa un effetto indicibile leggere alcuni suoi scritti vagamente profetici linkati sui social per l'occasione: gli articoli Dov'è andata la morte? e Caro nipote, studia a memoria e una bustina di minerva datata 1997, dal titolo Come prepararsi serenamente alla morte. Sommesse istruzioni a un eventuale discepolo. La riporto qui sotto (clicca per ingrandire).


Davvero originale l'omaggio ideato da Eschaton e Bispensiero, nel quale Umberto Eco è messo in relazione con un altro "grande" recentemente scomparso: David Bowie.


E nient, ho voluto condividere i miei due cent su Eco pur essendo consapevole che la Rete avrebbe potuto farne tranquillamente a meno: di gran lunga più interessante il ricordo che ne hanno espresso alcune persone che seguo sul web, da Massimo Polidoro (il cui post mi ha stuzzicata oltremodo fin dal titolo, Umberto Eco: l’uomo che sapeva scatenare la curiosità) a Galatea (della quale trovo rassicurante la considerazione che, siccome possiamo continuare a leggerlo, in qualche modo Eco non è morto), da Giovanna Cosenza (che del professore è stata allieva prima di diventare a sua volta semiologa) a Piergiorgio Odifreddi (il quale da uomo di scienza ne ha apprezzato la capacità di spaziare anche al di fuori dall'ambito umanistico). Le manifestazioni di cordoglio online per la scomparsa di Umberto Eco sono state analizzate da quell'acuto osservatore delle dinamiche del web che è il professor Guido Saraceni. Il quale ha riferito alcuni geniali titoli di Lercio, da Umberto Eco scopre il sinonimo di “sinonimo” e precipita in un universo parallelo a Anche Gasparri onora la memoria di Eco: “Non l’ho mai conosciuto”... e applausi a scena aperta per Morto Umberto Eco. Gli angeli soddisfatti: “Finalmente qualcuno che può davvero insegnarci qualcosa”.

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