mercoledì 31 agosto 2016

Giornalismo OK e KO

Questo post avevo in mente di pubblicarlo da giorni, ma sono rimasta indietro... e, a proposito, prevedo che nel prossimo futuro la mia attività bloggatoria subirà un diradamento, se non un vero e proprio arresto più o meno temporaneo. La Rete se ne farà una ragione, ne sono certa... ;-) Il fatto è che sto andando incontro a un cambiamento esistenziale tanto lieto quanto importante, ed è probabile che "fraseggiare" davanti al PC non sarà più per me così tanto prioritario come è stato finora. L'altro giorno mi era persino venuta voglia di chiuderlo, il blog... poi però mi è passata, almeno per il momento! ;-)
Vabbè, torniamo a noi. All'indomani del recente terremoto nel centro Italia si sono fatti notare due approcci ben diversi al giornalismo televisivo e alla TV del dolore: quello di Studio Aperto che, incredibile ma vero, è andato a "intervistare" persone sepolte sotto le macerie, e quello del direttore del TG LA7 che, al contrario, ha liquidato seccamente la proposta di un'inviata di mandare in onda la foto della famiglia morta per il crollo di un campanile ad Accumoli.
Nei giorni scorsi Enrico Mentana è finito sotto i riflettori mediatici pure per la veemente replica rivolta su Facebook a un commentatore.


Molti hanno elogiato "Chicco" per il piglio della serie "severo ma giusto" e per l'invenzione del neologismo webete (che invece a quanto pare esiste da anni, ma con un'accezione un po' differente), mentre altri, ad esempio Massimo Mantellini, l'hanno criticato perché
Nel giro di poche righe Mentana scrive ad uno sconosciuto che è un idiota [in realtà l'ha accusato di aver pensato e scritto un'idiozia, il che se mi permette è un tantino diverso, NdC], decerebrato, grufoloso e webete. Poco o nulla conta il contesto ed i toni del commento a cui il giornalista risponde. Anche fossero stati differenti, anche fossero stati offensivi e diffamatori (non lo erano) quella sarebbe stata comunque una risposta violenta e vergognosa.
In seguito Mentana è tornato sulla questione per un chiarimento.
A quest'ultimo riguardo si è aperto il "filone Webete": sabato sera una persona ha ritenuto, sbagliando, di rimettere in discussione l'esistenza di Francesca Spada, sopravvissuta di Amatrice, con termini molto crudi: E' a questa provocazione che ho risposto con quelle righe che poi da domenica vengono mostrate da più parti. Va detto che nessuno o quasi ha letto lo scambio originale, perché la mia risposta non riguardava le righe che sono state riportate subito sopra, ma un altro commento che l'autore ha poi ritenuto giusto cancellare, facendo così automaticamente eliminare anche tutto il resto della conversazione, dopo aver ammesso con toni pacati di essere stato indotto in errore da altri.
Il termine "webete" che ho usato in coda a quella risposta ora non più disponibile ha avuto, come sapete, una sorta di successo a scoppio ritardato, con tutti gli eccessi del caso, incensatori e di rigetto. Pensatori del web sono andati a cercare se la parola era stata usata, eccetera. Molto se ne è parlato su twitter, dove le parole-chiave sono oro perché tutto deve stare in 140 caratteri. Per me è solo una parola ironica utilizzata in uno scambio che non è più su questa pagina: come il "grufola" che era alla riga precedente. Se è "la parola che twitter attendeva", ecco un buon motivo in più per stare alla larga da quel social e dalle sue vestali. Voi fatene quel che volete: ma per me "webete" finisce qui
Io, come tante altre volte, sto dalla parte di Mentana, mentre ultimamente mi trovo sempre più spesso in disaccordo con Mantellini. Ma sono convinta che anche quest'ultimo se ne farà una ragione... ;-)
[L'immagine che apre il post, tratta da Prugna, si riferisce a servizi di Studio Aperto come quello summenzionato]

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