domenica 13 marzo 2016

Amore per la vita

Il post di oggi prende spunto da tre storie accomunate da un elemento piuttosto "forte": la lotta dell'essere umano contro la malattia.
La prima storia vede protagonista la torinese Paola Cirio. La donna ha scelto di arrendersi alla sclerosi multipla diagnosticatale anni fa e destinata a peggiorare sempre più, ricorrendo all'eutanasia in Svizzera, Paese in cui tale pratica è perfettamente legale: e io difendo il suo diritto a morire con dignità sottraendosi a sofferenze che lei considera solo un'ingiusta punizione. Se in futuro dovessi malauguratamente trovarmi in una situazione analoga e trovassi il coraggio – perché ce ne vuole, di coraggio – per prendere una decisione come la sua, mi piacerebbe poterla portare a compimento senza dover espatriare, cosa che non tutti possono permettersi. E a chi al contrario sostiene che la vita sia un dono di cui non possiamo disporre a nostro piacimento, rivolgo l'invito a riflettere sulle parole di Paola.
Se dovessi definire la mia vita direi "spericolata", alla Vasco. Ho molto viaggiato e ho molto visto, dal Laos al Mar Rosso e se ho scelto di andarmene stabilendo io come non è perché ho smesso di amare la terra, è perché voglio impedirmi di odiarla.
Nella storia di Paolo, paziente "raro e stravagante" dell'Istituto dei Tumori a Milano, si apre invece uno spiraglio di speranza.
Ve l'ho detto, qui regna l'anarchia: a volte vince la morte a volte trionfa la vita. Ma alla fine [...] in realtà la morte non vince mai. Qui vince solo la vita, anche se per pochi mesi, anche se per un istante. Perché non conta il tempo, conta la qualità, la pienezza, la profondità. E conta la comprensione della interdipendenza della nostra vita con quella degli altri. Conta la compassione o, come direbbe Papa Francesco, la Misericordia. E non c'è nemmeno un passato o un futuro, c'è solo il presente, sulla stessa linea del tempo. Questo in verità è un luogo magico e bellissimo, dove si versa una lacrima e poi si sorride, dove si parla con gli occhi e la gentilezza è una religione. E tutti, davvero tutti, ci sentiamo guarire.
E che dire del piccolo Ascanio Maria, al quale a poco più di due anni d'età venne diagnosticato un tumore maligno dopo che suo nonno Giovanni, accarezzandolo per la pancia, sentì un bozzo a livello dell'addome? Fabio Di Todaro della Fondazione Veronesi riferisce che oggi il bambino ha sette anni e, dopo aver superato 13 anestesie totali e 43 sedute di chemioterapia, può vivere una vita identica a quella dei suoi coetanei senza nessuna restrizione a tavola, a parte preoccuparsi di bere sempre a sufficienza. Il problema sarebbe far accettare al bambino i controlli semestrali in ospedale... ma i genitori gli hanno raccontato che è nato con le ranocchie nella pancia, e bisogna evitare che ritornino: una piccola bugia che può fare solo bene.
Forza, Ascanio Maria!

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