Devo riconoscere che il mio stile di vita non è particolarmente sostenibile dal punto di vista ambientale: non sono vegetariana né tantomeno vegana, mi preoccupo poco della provenienza dei prodotti che acquisto, da quando c'è il COVID preferisco comprare frutta e verdura confezionate perché quelle sfuse saranno state palpeggiate da chissà quanta gente... comunque mi pesa proprio tanto dover fare circa due pieni di benzina ogni tre settimane per andare e tornare dal lavoro (purtroppo viaggiare coi mezzi pubblici sarebbe improponibile, dovrei alzarmi ben prima delle sei e mezza che sono già il mio "limite di sopravvivenza", e rientrerei a casa chissà a che ora). E mi pesa non soltanto dal punto di vista ecologico e da quello economico, ma anche da quello del tempo passato alla guida – nelle giornate più trafficate supero le due ore fra andata e ritorno, spesso arrivo in ufficio in ritardo e devo recuperare in pausa pranzo – che quindi mi tocca sottrarre ad altre attività più utili e/o piacevoli; ho provato a sostituire i podcast all'ascolto di musica, ma rispetto alla lettura lo trovo un modo assai inefficiente di informarsi.
Di lavorare da casa purtroppo non se ne parla, salvo casi davvero eccezionali. Quella che fino allo scorso mese di gennaio è stata la mia azienda era più evoluta da questo punto di vista... peccato che non si sia fatta problemi a sbarazzarsi di me.
Leggo le dichiarazioni del ministro Brunetta sull'aumento del PIL che si prevede sarà determinato dal ritorno dei dipendenti pubblici al lavoro in presenza, all'insegna del "facciamo girare l'economia", e penso che a me è qualcos'altro, che gira... (ma solo metaforicamente, dal momento che anatomicamente ne sono sprovvista)
A questo punto capita a fagiuolo il post di un docente dell'Università di Bologna che ho letto su LinkedIn, il social network dedicato allo sviluppo di contatti professionali.
Ieri parlavo con un imprenditore che nella propria azienda ha sostanzialmente eliminato il lavoro da remoto a partire dal rientro dalle ferie. Avendo io fatto smartworking vero (non semplice remote working) dal giorno successivo alla laurea, e conoscendone i vantaggi, ho provato a capirne di più.
"Ma la produttività di manager e impiegati era diminuita?".
"No, anzi".
"E loro erano felici?"
"La maggior parte sì, almeno in remote working parziale"
"E allora perché adesso li rivuoi TUTTI E SEMPRE in azienda?"
Pausa di riflessione. Lunga. Molto lunga.
"Perché così sono più tranquillo".
La stessa cosa che mi risponde mio figlio quando gli chiedo perché a 8 anni vuole ancora il pupazzo di Topo Gigio quando va a letto.
Per qualcuno siete peluche, non collaboratori, basta saperlo quando fate i vostri piani di carriera.
Concludo con un paio di immagini che illustrano certi paradossi tali da rendere difficile o impossibile la vita a molti lavoratori o aspiranti tali.
Non riesco a trovare lavoro perché / non ho esperienza perché / non riesco a trovare lavoro perché / non ho esperienza perché...
(Im)perfetto esempio di circolo vizioso, ahimè...
Due ore in macchina per andare e tornare dal lavoro non potrei mai sopportarle. Fortunatamente la mia azienda è abbastanza vicina a casa e posso andarci in bicicletta. Anni e anni fa amavo guidare, pure se mi trovavo in mezzo al traffico; oggi non più, detesto l'automobile. Sarà che invecchiando diminuisce progressivamente la pazienza, chissà...
RispondiEliminaIl mio problema è proprio la pazienza. Quando sono rientrata al lavoro dopo le ferie, e molta gente si trovava ancora in vacanza, il tragitto era addirittura un piacere: ci mettevo "solo" un'oretta e mezza tra andata e ritorno. Adesso sono arrivata a superare le due ore perché sono rientrati TUTTI!!! Ogni giorno un macello diverso.
EliminaDove lavoravo prima il tragitto durava decisamente di più, tre ore totali... ma di queste solo mezz'ora di macchina: il resto del tempo lo passavo fra stazioni e mezzi pubblici, e potevo leggere un sacco.
Comunque, ho un aggiornamento fresco fresco al post di ieri. Premessa: un paio di settimane fa ho voluto chiarire la mia situazione logistica col responsabile e uno dei titolari, spiegando che mi era pressoché impossibile arrivare in orario ma che comunque un'ora e mezza di pausa pranzo era ben più di quanto avessi bisogno; sono stati molto comprensivi, perché "non conta il tempo, ma il risultato". E oggi il responsabile mi ha comunicato che lui e il titolare, considerato che sono la dipendente che viene da più lontano, hanno deciso di concedermi di fare smart working due o tre giorni al mese, se lo desidero. Non ci speravo più... :-)
Bene, dài, sono contento per te :-)
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