In questi giorni il giornalista Francesco Costa si trova oltreoceano per documentare le primarie USA in vista delle elezioni presidenziali del prossimo novembre – a proposito, anche se può sembrare assurdo non è affatto impossibile che venga rieletto quel losco figuro (per usare un eufemismo) di Donald Trump, e di certo Joe Biden non ha il carisma necessario per garantirsi una sicura riconferma – e in casi come questo il posto di Francesco alla conduzione del podcast Morning, riservato agli abbonati de Il Post (a proposito, sappi che in quanto tale io posso regalare ogni mese fino a 10 puntate dei podcast riservati agli abbonati, se ti interessa scrivimi prima dell'uscita della puntata successiva e ti mando il link, comunque se ti abboni anche tu è cosa buona e giusta), viene preso dal collega Luca Misculin. Tendenzialmente preferisco il titolare, ma con i primi minuti oltremodo toccanti dell'episodio di oggi Luca si è rivelato un sostituto più che degno.
Riporto qui di seguito la trascrizione, fatta con l'impagabile aiuto della digitazione vocale di Google Docs su Chrome.
Stamattina iniziamo con una notizia che non si trova sui giornali di oggi. Anzi, iniziamo con una premessa; sul Post lo scriviamo spesso, e anche Francesco lo ha spiegato diverse volte dentro Morning: l'inverno è il periodo in cui dal Nordafrica partono meno imbarcazioni di migranti dirette verso le coste italiane, questo perché fa freddo, perché il mare è tendenzialmente più mosso, i venti soffiano più forti, e quindi è anche materialmente difficile mettere in mare un'imbarcazione. Questo però non significa che le partenze di migranti si azzerino: la gente parte comunque, nelle rare finestre di bel tempo, e soltanto nel mese di dicembre sono arrivate via mare in Italia 5237 persone, secondo i dati del Ministero dell'Interno. Al contempo, però, in questo periodo il Mediterraneo centrale è stato più sguarnito del solito; le ONG più piccole, che fanno base a Lampedusa perché non hanno navi sufficientemente grandi per stare per settimane in mare aperto, ecco, in questo periodo non sono state attive. Tenete conto che mantenere una barca per la ricerca in mare costa moltissimi soldi, e molte di loro, tra cui Mediterranea, ResQ People, Mare*Go e altre di cui magari il nome vi è rimasto nelle orecchie preferiscono concentrare le proprie attività quando aumentano le partenze dal Nordafrica, e quindi in primavera o in estate. Le navi delle ONG più grandi, quelle che invece stanno in mare per tutto l'anno, continuano da mesi a essere spedite nei porti del Nord Italia dal governo italiano dopo la prima operazione di soccorso, e quindi di fatto rimangono nel Mediterraneo centrale per pochissimo tempo. Di conseguenza, insomma, le traversate di chi si mette in mare diventano più pericolose, e soprattutto nel tratto di mare fra Tunisia e l'isola di Lampedusa, che ormai da un anno ospita la rotta verso l'Italia più frequentata dai migranti. Lo dicono anche i dati, anche se sono da prendere con le molle perché la situazione cambia continuamente ed è difficile avere termini di paragone solidi, ma a dicembre gli arrivi di migranti via mare sono stati 5237, come vi dicevo prima, e in questo stesso periodo i dispersi, secondo le stime dell'agenzia ONU per i migranti, sono stati 174, quindi uno ogni 30 persone arrivate. Ad agosto, invece, al picco del flusso, gli arrivi erano stati 25673 e i dispersi 262, quindi uno ogni 97. A dicembre però i numeri degli arrivi e dei morti sono stati più bassi in termini assoluti, e questa è una prima spiegazione del perché di questi arrivi e di questi morti spesso non ci sono tracce sui giornali. D'inverno, poi, appunto, mancano anche le ONG che, oltre a soccorrere fisicamente le persone, fanno anche un lavoro di testimonianza di quello che accade in mare, e senza di loro siamo semplicemente meno informati di quello che succede, anche perché la Guardia Costiera italiana ormai da anni parla pochissimo con i giornalisti. Eppure, di nuovo, le persone continuano a mettersi in mare per cercare di raggiungere l'Italia.
La settimana scorsa, per esempio, l'ONG Alarm Phone, che gestisce un centralino sempre attivo per migranti nel Mediterraneo, aveva ricevuto una telefonata da un'imbarcazione di legno con a bordo circa quaranta persone, e poi però qualcosa era andato storto, e dalla mattina di venerdì 12 l'ONG aveva perso tutti i contatti con le persone a bordo. A quel punto aveva avvertito le autorità italiane, dato che a giudicare dalle poche informazioni disponibili l'imbarcazione era scomparsa nella cosiddetta zona SAR italiana, dove cioè l'Italia mantiene attivo un servizio di ricerca e soccorso in mare. Questo elemento è stato decisivo per attivare le autorità italiane, questo perché ormai da alcuni anni non si avventurano quasi più nella SAR di Malta o nella SAR gestita dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, questo nonostante la flotta italiana sia la più attrezzata del Mediterraneo centrale, per una scelta politica, cioè quella di soccorrere solo le persone che si pensa siano vicine o dentro la SAR italiana. Ma cosa succede in casi del genere? Ecco, innanzitutto si allertano i mezzi che eventualmente sono già nell'area del possibile naufragio. In questo caso alle 15:18 di venerdì un piccolo aereo bimotore di Frontex, che è l'agenzia di Guardia Costiera europea, era decollato da Lampedusa per un volo di ricognizione; alle 18:19 di quel giorno, però, la sua diventa una missione di ricerca attiva di una imbarcazione in difficoltà, e questo aereo inizia a volare con quelli che in gergo vengono chiamati pattern di ricerca a denti di pettine, che sono tipici della pratica di ricerca in mare. Alle 18:29 sempre del 12 gennaio, il comando generale della Guardia Costiera di Roma invia a tutte le navi del Mediterraneo centrale un messaggio via Inmarsat, che è il sistema satellitare che le Guardie Costiere di tutto il mondo usano per comunicare emergenze sulle navi, spesso collegato a una stampante. Il messaggio inviato diceva così: a tutte le navi nell'area, prego prestate attenzione a una barca di legno con circa quaranta persone a bordo, se la avvistate contattare il Comando generale di Roma al numero eccetera eccetera. Questo messaggio non ottenne nessuna risposta, a quanto ne sappiamo. La mattina dopo, sabato 13 gennaio alle 3:30, un altro volo di Frontex parte per cercare l'imbarcazione di legno: niente, nessuna traccia. Alle 11:04 ne decolla un altro ancora, niente. Alle 15:01 un terzo aereo di Frontex si spinge a nord fino a Pantelleria: niente. Conosciamo tutte queste informazioni grazie al prezioso lavoro di monitoraggio che fa il giornalista Sergio Scandura di Radio Radicale. Altro giorno, altra ricerca: domenica 14 gennaio altri tre voli a vuoto. Lunedì 15 alle 13:49 parte un ultimo messaggio Inmarsat: niente. Fine delle ricerche ufficiali. Quelle quaranta persone a bordo dell'imbarcazione di legno non sono state trovate. Che fine hanno fatto? Non lo sappiamo, sono scomparse nel nulla. È possibile che siano affogate nel buio totale della notte fra l'11 e il 12, al freddo e senza nessuno intorno.
Cosa dobbiamo pensare di tutto questo? Beh, quaranta persone nel grande schema delle cose non sono poi molte, al contempo non è mai bello fare paragoni di questo tipo, che rischiano di essere indelicati, ma, solo per conoscenza, sono 10 o 12 volte tanto i morti in un incidente stradale di quelli che spesso purtroppo aprono la cronaca locale di domenica mattina. Quaranta persone sono tante così. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, venti, ventuno, ventidue, ventitre, ventiquattro, venticinque, ventisei, ventisette, ventotto, ventinove, trenta, trentuno, trentadue, trentatre, trentaquattro, trentacinque, trentasei, trentasette, trentotto, trentanove, quaranta.
Mentre Luca scandiva gli ultimi numeri partivano le note di Gimme Shelter dei Rolling Stones, sigla del podcast. Non mi è mai sembrata così struggente.
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