sabato 3 febbraio 2018

In memoria

Sabato scorso, come avviene il 27 gennaio di ogni anno, si è celebrata la Giornata della Memoria, ma siccome ero piuttosto indaffarata non ho avuto né tempo né modo di scrivere alcunché per l'occasione e neppure di leggere, se non di sfuggita, gli articoli sull'argomento confluiti nel mio feed reader. Rimedio oggi, a una settimana di distanza, condividendo alcuni dei contributi che mi sono sembrati più significativi; del resto non è certo il caso di confinare in un solo giorno all'anno la memoria dell'Olocausto, che andrebbe preservata continuamente e costantemente... non trovi?
Riccardo Gazzaniga ha rievocato la terribile fine del giovanissimo Ernst Lossa, che venne soppresso non in quanto ebreo – era di etnia nomade – ma perché, pur non essendo affetto da disabilità acclarate, venne incluso nel programma Aktion T4, che eliminò centinaia di migliaia di persone ritenute indegne di vivere perché affette da disabilità, menomazioni, ritardi, problemi cognitivi. Di Ernst ci rimane la foto che apre il post, e che lui stesso regalò a un infermiere della "clinica della morte" di Irsee con cui aveva fatto amicizia, non senza aver prima scritto sul retro le parole "in memoria". «Perché tanto io non vivo a lungo, qui», spiegò al suo amico perplesso.
Galatea si è domandata se la giornata della memoria serva ancora a qualcosa. La domanda non è retorica né tantomeno infondata, dal momento che un'ostilità non molto dissimile nella sostanza dalla ferocia che costò la vita a milioni di ebrei (e non solo) viene rivolta oggigiorno ad altre categorie di esseri umani.
Perché poi, quando oggi entri nelle classi, ti trovi spesso di fronte a piccoli individui che sono i tuoi alunni, dietro a quali intravvedi però individui adulti, che sono tuoi coetanei e sono i loro genitori, che di tutto questo non capiscono nulla. O meglio, hanno assimilato, forse, talvolta, che sterminare gli ebrei non è stata una buona idea, ma perché gli ebrei, in fondo sono come noi, occidentali e bianchi. Perché quando invece si parla di quelli che occidentali e bianchi non sono, e sono “negri” o sono “arabi”, allora tutto sommato l’idea di lasciarli morire in mare, o di bombardarli, di umiliarli con leggi ingiuste, o di sterminarli senza tendere loro la mano, e rinchiuderli in campi e in ghetti per tenerli lontani, è accettabile, perché sono diversi, sono cattivi, sono altro da noi.
Perché se poi si parla dei gay, allora sono checche e froci, e riempirli di legnate se si mostrano troppo in pubblico è quasi condivisibile, ché insomma se la sono cercata. E le zecche comuniste e buoniste che difendono gli immigrati, eh, ma mandarli tutti ai lavori forzati non sarebbe una cattiva idea.
Last but not least, l'altroieri Andrea ha ricordato che, all'indomani della promulgazione delle leggi razziali del 1938, coloro che in qualunque modo mostravano solidarietà verso gli ebrei italiani perseguitati dal regime di Mussolini venivano definiti, con toni che andavano dal dileggio al disprezzo, "pietisti". Ottant'anni dopo non è cambiato poi molto, se non che oggigiorno al posto degli ebrei ci sono i migranti che scappano da guerra, miseria o persecuzioni di tipo politico o religioso; chi mostra loro solidarietà viene definito non più pietista, bensì "buonista".
P.S.: Definire quello che è successo oggi a Macerata "preoccupante" significa usare un pallido eufemismo, direi.

2 commenti:

  1. Molto pallido, direi. Per non parlare di chi rovescia il tavolo dicendo che le responsabilità sono di chi regola i flussi dei migranti, quindi la colpa è loro. Concettualmente, è la stessa linea di pensiero di chi minimizza una molestia o uno stupro perché magari la vittima aveva una minigonna troppo corta. Siamo a quei livelli lì.

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    1. Stasera guardando l'edizione delle 20 del TG La7 sono rimasta a dir poco amareggiata quando Mentana ha passato in rassegna alcuni commenti ai fatti di Macerata presi dai social - in estrema sintesi, Traini "ha fatto bene" - e ancora di più dopo, al momento del sondaggio del lunedì sulle intenzioni di voto, quando ho constatato che la Lega anziché perdere consensi ne ha guadagnati.

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