Riguardo al caso della statua che non esito a definire indecente – passino le forme generose, il problema è che è stata rappresentata a mo' di "Miss Vestito Bagnato" allo scopo di esaltarle, quelle forme, peraltro in maniera del tutto gratuita dal momento che si trattava di una contadina e non di una che viaggiava per mare – dedicata al personaggio letterario della spigolatrice di Sapri, faccio a meno di articolare un parere mio, ma ne prendo a prestito due che trovo del tutto condivisibili.
Il primo è quello del giornalista Lorenzo Tosa.
Avrei voluto evitare di parlare della spigolatrice di Sapri.
Poi mi sono imbattuto, mio malgrado, in centinaia, migliaia di commenti secondo cui, se non vi piace quella statua, allora “siete come i talebani”, “odiate la bellezza”, “vi fa paura un cu**” o, ancora, “applaudite Victoria dei Maneskin o Chiara Ferragni se si denudano, ma se vedete un sedere su un’opera d’arte allora l’artista è un porco schifoso.” Giuro, ho letto anche questo.
E sto sperando ardentemente che siate in malafede, ma tanto.
Perché non posso credere che qualcuno davvero non riesca a capire la differenza enorme tra libertà sessuale e sessualizzazione della donna.
La differenza tra la scelta delle donne e la scelta dell’artista (stranamente uomo).
Che non capiate la differenza tra una donna che, liberamente, sceglie di mostrarsi nuda o svestita senza dover chiedere il permesso a nessun uomo o marito o dover rendere conto a bigotti e bacchettoni e una statua che dovrebbe rappresentare una contadina dell’800 e ideali risorgimentali, e non certo gli stereotipi estetici di un maschio contemporaneo o un catalogo di Victoria’s Secret.
Nessuno si scandalizza per un cu**.
Ma è scandaloso che l’unico elemento caratteristico per rappresentare una donna lavoratrice siano due chiappe all’aria racchiuse in un tanga (quale contadina nell’800 non si spaccava la schiena sui campi di grano in tanga?).
Esattamente come grideremmo allo scandalo di fronte a una statua che raffigurasse un Premio Nobel per la Fisica con il seno al vento, una scienziata in completo intimo o un politico del passato con le pudenda di fuori.
Non perché sia imbarazzante un seno, vergognoso un intimo o censurabili le pudenda, ma semplicemente perché è l’ultimo modo in cui, per fortuna, decidiamo di rappresentare l’intelligenza, l’ingegno o la cultura.
Per dirla in modo chiaro, quella statua non è sessista perché mostra un cu** di donna ma perché il cu** è l’unica idea possibile di donna che rappresenta.
L’unica differenza tra voi e i talebani è che loro lo coprono, voi lo ostentate. Ma, per entrambi, non esiste altro.
Questo, in una parola, è il maschilismo.
Il secondo – per prevenire possibili obiezioni del tipo «Non conoscete la storia dell'arte, che è piena di nudi!» – è quello della storica dell'arte Chiara Savettieri.
In questa pausa pranzo, voglio fare qualche considerazione, da storica dell'arte, sulla statua della Spigolatrice di Sapri che ha destato molte polemiche facendo gridare allo scandalo sessista. Aggiungo: giustamente. Tuttavia mi pare che sia utile andare oltre l'urlo scandalizzato e fare qualche considerazione che approfondisca il problema.
Lo scandalo deriva dal fatto che questa lavoratrice dei campi, che secondo la poesia di Mercantini, avrebbe seguito Pisacane e i suoi nel combattimento antiborbonico (conclusosi con un massacro), è raffigurata in abito succinto, molto aderente, tale da mettere ben in evidenza delle forme femminili secondo il canone (o meglio presunto tale) attuale - seni, cosce e sedere estremamente sodi stile fitness - e non certo secondo il gusto ottocentesco (che apprezzava corpi dalle linee ben più morbide).
Ora, la storia dell'arte, dall'antichità in poi, è piena di nudi femminili, in cui le cosiddette curve sono ben messe in evidenza (la statua in questione tecnicamente non è un nudo, ma nei fatti l'abito molto aderente lo tende tale). Il nudo femminile però fino press'appoco all'Olympia e al Dejeuner sur l'herbe di Manet era riservato fondamentalmente alle dee e alle figure mitologiche. Nell'Ottocento appunto con Manet ed altri artisti avviene una rottura del codice del nudo a cui hanno accesso donne normali, nel caso dell'Olympia, tra l'altro, una prostituta.
Potremmo leggere, forzando la mano ed anche di molto, tutto questo in chiave maschilista (semplificando che i nudi esprimono una visione sessista della donna), quando molto più probabilmente tutti questi nudi rivelano la fascinazione del corpo femminile sugli artisti, corpo non solo come oggetto erotico, ma corpo come oggetto estremamente complesso dal punto di vista della forma, dei volumi, delle ombre e della luce, che pone tutta una serie di problemi formali da risolvere nel momento in cui lo si rappresenta. Questo è il significato dello studio dal nudo femminile nelle Accademie: i giovani artisti si trovano dinanzi a una modella senza abiti e cercano di riprodurne i tratti corporei. In quel momento, quello dello studio del nudo dal vero, - chiedetelo a qualunque artista abbia fatto questa pratica - non esiste il corpo in quanto oggetto di desiderio, ma il corpo in quanto problema formale.
Perché allora il nudo della Spigolatrice è scandaloso e sessista, dopo che abbiamo visto i nudi di Manet, di Munch, di Klimt, di Schiele e tantissimi altri?
Il problema, in questo caso, è il decorum. Cosa è il decorum? E' una categoria rinascimentale, ma di origine antica (derivante addirittura dalla teoria degli ordini architettonici vitruviana), secondo cui una forma deve essere "adatta" alla funzione che deve svolgere e al soggetto raffigurato. La Spigolatrice è una donna umile e coraggiosa, che sposa la causa antiborbonica e che sfida anche la consuetudine per cui gli uomini combattono e le donne stanno a casa. Quindi, indipendentemente dal fatto che dal punto di vista storico l'artista non l'ha raffigurata correttamente (ad esempio con il costume della sua epoca che non era certo una camicia da notte attillata), non ha centrato il soggetto. Vorremmo vedere una donna coraggiosa, anticonvenzionale, e invece vediamo una pin up simile a quelle di certe trasmissioni TV. Certamente, nell'arte contemporanea il decorum non esiste più come criterio. Tuttavia siamo in presenza di un'opera a destinazione pubblica che ha una funzione celebrativa e di questo un artista deve sempre tenere in conto: può sentirsi libero, però in qualche modo deve rendere il suo soggetto riconoscibile anche a chi ad esempio ignora la poesia. Poteva certo rifiutare la verisimiglianza storica, ma per darci una interpretazione nuova, per farci vedere il soggetto sotto un punto di vista originale, e invece cade nella più bieca banalità e nella ripetizione di un presunto canone estetico quale viene propinato dai mezzi di comunicazione di massa.
Infine, c'è un altro problema, e non da poco. In un'epoca come la nostra in cui si dibatte molto sugli stereotipi sessisti legati al corpo femminile, l'artista pecca contro il decorum da un punto di vista più profondo e forse ancora più grave. Non si pone infatti alcun problema relativamente a questo dibattito, sembra che questo non lo riguardi. Ora le opere d'arte non devono per forza essere "politicamente corrette" se mi lasciate passare questa espressione tanto in voga. Tuttavia in un'opera pubblica (e non privata e immessa nel mercato) il problema del contesto culturale un artista se lo deve porre. Rappresentare una donna oggi in una statua ha un significato molto diverso rispetto ai secoli passati.
Rimproveriamo dunque all'artista la banalità della sua scelta, o meglio la superficialità. Ed anche il cattivo gusto.
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