Torno sulla faccenda del dissing di cui ho parlato ieri non per riferire gli ultimi sviluppi sempre più cringe della vicenda, bensì le sue inaspettate implicazioni didattiche: sia Galatea Vaglio sia Contenuti Zero – dubito che si siano messi d'accordo – si sono occupati di un "dissing" di quasi un millennio fa, ovvero la tenzone fra il sommo Dante Alighieri e Forese Donati, morto relativamente giovane nel 1296, che in seguito sarebbe stato schiaffato dall'amico poeta in Purgatorio nella cornice dei golosi.
Questo è il testo – corredato di un paio di link esplicativi e depurato dagli hashtag, che al di fuori dei social network hanno poco senso – pubblicato da Galatea nella sua pagina di divulgazione storica.
Diciamo che non è vero che queste cose un tempo non succedevano. Diciamo che non è vero perché un tempo, nella Firenze di fine 1200, i dissing fra poeti si facevano, ed anche allora i litiganti tiravano in ballo la famiglia, le mogli e le fidanzate, parlandone come se fossero oggetti. Infatti Dante e Forese Donati si insultarono a morte, tirando in mezzo mogli, padri, madri, amici e tribunali, dandosi del figlio di ladro e dell’impotente senza mezzi termini, anzi i termini tutti interi. Per non parlare di Catullo e dei neoteroi, che un giorno sì e uno anche ai tempi di Cesare, si insultavano ferocemente rinfacciandosi tresche e perversioni, anche lì citando amanti e fidanzate come se fossero tacche sul muro. Per cui non è un problema legato al sessismo o alle parolacce se tonyeffe e fedez in questo dissing fra loro ci fanno un figura un po’ meschina. È che persino quando bisogna insultare a morte qualcuno che ti sta sul ca***, se sei un grande poeta ne esci comunque bene, mentre se sei un rapperino de noantri un po’ trucido o aspirante tale, no.
Perché persino per insultarsi, raga, la cultura aiuta.
E questo è il reel dei @contenutizero.
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