venerdì 25 luglio 2025

Così muore un Paese

Oggi mi sono imbattuta, perché l'aveva condiviso l'autore satirico Luca Bottura, in un lungo tweet dell'utente @SandroR75196788, alias Timostene. Lo riporto qui di seguito perché, in un'epoca in cui a votare ci vanno sempre meno persone, e quelle poche hanno consegnato il Paese nelle mani di chi sta facendo danni d'ogni sorta, mi sembra illuminante.

La metà degli italiani non vota più. E no, non è protesta. È che non gliene frega un cazzo. E peggio ancora, non se ne vergognano.
Vivono nel proprio piccolo regno di abitudini, dove nulla entra e nulla esce, dove tutto si tiene purché nessuno chieda loro di alzare la testa, di leggere, di capire, di prendere parte. Non è solo apatia. È ignavia. È l’assenza di qualsiasi senso del dovere. È il rifiuto anche solo di guardare in faccia la realtà, purché la domenica ci sia la Serie A e il sabato la spesa all’outlet.
Ignavi. Quelli che non scelgono non per paura, non per delusione, ma perché non gli interessa niente e nessuno.
Non scelgono perché non sentono più il bisogno di distinguere il giusto dallo sbagliato, purché la bolletta non dia fastidio e il cellulare abbia campo.
E allora meglio niente. Meglio il silenzio. Meglio il divano.
Meglio far finta che la politica sia lontana.
Ma la politica non è lontana.
La politica vi ha già tolto la sanità, la scuola, i contratti stabili, le pensioni dignitose.
Vi ha svuotato il frigo e riempito le strade di precari.
Vi ha regalato Santanché, La Russa, Rampelli, Lollobrigida, Valditara.
Vi ha tolto i diritti e vi ha venduto la retorica del decoro, della sicurezza, della famiglia come giustificazione per ogni porcata.
E voi?
Zitti.
Fermi.
A guardare.
Parlate di rivoluzione, qualcuno. Ma quale rivoluzione?
Voi non fate nemmeno il gesto più semplice, più minimo, più gratuito: andare a votare.
Parlate di sistema corrotto, ma non vi prendete nemmeno il disturbo di scegliere chi prova a cambiarlo.
Avete scambiato la critica per cinismo, e il cinismo per intelligenza.
Ma è solo codardia.
È solo disimpegno.
È indifferenza mascherata da profondità.
E mentre voi vi fate i cazzi vostri, le destre si organizzano, si mobilitano, si spartiscono tutto.
Dalla RAI al CSM.
Dai fondi del PNRR agli incarichi negli enti pubblici.
Le poltrone, le aziende, i media, perfino i manuali scolastici.
Prendono tutto.
Perché voi non ci siete. Perché non vi interessa esserci.
E non dite che non si può fare nulla.
Non dite che “tanto sono tutti uguali”.
Chi non va a votare è colpevole quanto chi vota fascista.
Anzi no, peggio. Perché chi vota ha almeno scelto, ha almeno combattuto, anche se dalla parte sbagliata.
Voi no. Voi non avete lasciato il campo: non ci siete mai entrati.

Avete spento la luce e vi siete chiusi in camera, a guardare i TikTok dei balletti.
E lo capisco, in parte.
Lo capisco perché anche io, a volte, ho pensato che fosse tutto inutile.
Ma la differenza è che io ci torno, in cabina.
Perché mollare vuol dire consegnarsi.
E consegnarsi, oggi, vuol dire mettere il proprio silenzio al servizio del potere.
Il fascismo non ha più bisogno di fare paura.
Non gli serve più. Gli basta aspettare che ve ne freghiate.
Non è la politica che vi ha abbandonato.
È che voi, della politica, non avete mai voluto sapere nulla.
E ora vi fa comodo dire che non serve.
La democrazia non muore con un colpo di Stato.
Muore a forza di “tanto non cambia niente”.
Muore di ignavia, di menefreghismo, di diserzione civile.
Muore mentre vi distraete.
Così muore un Paese.
Non tra le bombe. Ma nel vuoto lasciato da chi non c’è.

Poco più di due ore dopo l'utente, evidentemente ispirato dai riscontri ricevuti, ha approfondito il suo pensiero.

ADDENDUM – Il mito dell’“io inascoltato”
Dopo ogni testo come questo, i commenti si assomigliano tutti. Un fiume di gente che, con tono offeso o risentito, scrive: “non vado a votare perché non c’è nessuno che mi rappresenta.”
Oppure: “sono tutti uguali.”
Oppure: “chi dovrei votare? dimmelo tu, se hai il coraggio.”
Una parte di questi commenti è francamente ridicola: profili fake, account Novax, gente che scrive a malapena in italiano e si vanta del proprio disinteresse come fosse una medaglia. Sono esattamente il profilo degli ignavi. Gente a cui non frega un cazzo della cosa pubblica, e che si sente pure superiore per questo.
Ma c’è anche un altro fronte, più sottile, più insidioso: quello dell’“anima nobile”. Quelli che dicono che nessun partito li rappresenta, che non trovano un progetto degno, che si sentono delusi, traditi, non ascoltati.
Viviamo in una società iper-individualista, edonista, dove il “noi” è stato dissolto, polverizzato, svuotato. Ognuno si sente un mondo a parte, un’opera d’arte incomparabile, un’opinione da santificare. Ma in una democrazia i partiti non sono specchi. Sono piazze.
I partiti sono luoghi d’incontro, conflitto, compromesso. Sono comunità imperfette, fatte di correnti, discussioni, voti a maggioranza, mediazioni. E dentro quelle piazze ci si sta non perché tutto ti rappresenta, ma perché qualcosa ti orienta.
E da lì si parte, si lavora, si spinge, si sposta l’equilibrio.
Chi pretende un partito fatto a propria immagine e somiglianza, non vuole la democrazia. Vuole l’autocrazia del proprio ego.
Vuole un partito con un solo iscritto: se stesso.

Non è che nessuno lo rappresenta.
È che lui non vuole farsi rappresentare da nessuno, se quel “nessuno” non recita esattamente il suo monologo sul palco.
E diciamocelo: chi se ne esce con queste giustificazioni, nella maggior parte dei casi, è un elettore di destra.
Magari non lo ammette, magari si nasconde dietro la maschera del “né di destra né di sinistra”, ma non si è mai riconosciuto in nulla che abbia a che fare con l’uguaglianza, la solidarietà, i diritti.
Non potrebbe mai riconoscersi in una qualsiasi forma di sinistra, perché nel suo mondo il noi non esiste. C’è solo l’io.
La politica è lo spazio del compromesso.
Il non voto è lo spazio del nulla.
Chi non vota perché non si sente rappresentato non sta facendo una scelta alta:
sta solo dimostrando di non aver capito come funziona una democrazia.

giovedì 24 luglio 2025

Mediterranea Giuni

Il 16 luglio è uscito un remix in chiave italodisco di Mediterranea, brano del 1984 della compianta Giuni Russo, realizzato dal dj e produttore Mattia Del Moro, in arte Dumar. A Maria Antonietta Sisini, che della cantautrice siciliana è stata la compagna di vita fino alla di lei prematura scomparsa nel 2004 a soli cinquantatré anni per un tumore, questa nuova versione piace «Tanto. La voce suona modernissima e l’atmosfera è quella del pezzo originale, che mi incantava come una sirena». E chi sono io per obiettare che l'originale, che – mea culpa – non ricordavo affatto, era di ben altro livello? ;-)

Comunque, dopo il secondo ascolto, questo remix mi piace già un pochino di più. Credo che abbia tutte le carte in regola per farsi strada nella bolgia dei tormentoni dell'estate 2025, e per rendere giustizia a una voce straordinaria e mai abbastanza apprezzata durante la sua vita.

mercoledì 23 luglio 2025

Lasciar andare, dimenticare

Stasera voglio fare la brava e andare a dormire a un'ora decente... non prima, comunque, di aver svolto il mio "compitino" quotidiano! :-)

Condivido giusto tre citazioni tratte da aforismi.meglio.it.

Vi sono momenti minuscoli di felicità e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza.
Totò (intervistato da Oriana Fallaci nel 1963)
Alla fine, credo che non sia necessario fare nulla per essere amati. Passiamo la vita cercando di sembrare più belli, più intelligenti. Ma ho capito due cose. Coloro che ci amano ci vedono con il loro cuore e ci attribuiscono qualità al di là di quelle che abbiamo davvero. E coloro che non vogliono amarci non saranno mai soddisfatti di tutti i nostri sforzi. Sì, davvero. Credo che sia importante lasciare in pace le nostre imperfezioni. Sono preziose per comprendere coloro che ci vedono con il cuore.

... e soprattutto...

Col tempo apprendi l'importanza salvifica di lasciare andare tutto.
Cose, case, paure, persone.

martedì 22 luglio 2025

L'eredità di una donna che ha amato la vita

Poiché sono iscritta alla newsletter dell'Associazione Luca Coscioni, oggi ho ricevuto l'email seguente, con oggetto "La vita di Laura si è compiuta".

Cari amici e care amiche,
sono Stefano, il marito di Laura Santi.
Vi scrivo per dirvi che Laura ci ha lasciati.
Dopo anni di progressione della malattia e un ultimo anno segnato da un feroce peggioramento, le sue sofferenze erano diventate per lei intollerabili.
Ha scelto di porvi fine con il suicidio assistito, dopo anni di battaglie affrontate con una forza, una dolcezza e una lucidità che tutti le riconosciamo.
Laura ha voluto lasciare un saluto per voi, per quella che considerava la sua grande famiglia: l’Associazione Luca Coscioni. Queste sono alcune delle sue parole:
«Amici, non avete idea di quanto sia stato bello sentirmi parte dell’Associazione Luca Coscioni. Anche solo leggervi mi faceva sentire attiva, viva. Siete stati la mia seconda famiglia. Mi avete regalato bellezza, speranza. Voi siete la parte migliore del nostro Paese. Vi chiedo solo: ricordatemi, e non smettete mai di combattere, anche quando sembra impossibile.»
Laura vi ha voluto bene, profondamente, anche a chi non ha conosciuto di persona, ma ha sentito al suo fianco perché partecipe delle stesse battaglie e iniziative. Le sono stato accanto fino all’ultimo e so quanto per lei fosse importante sapere di non essere sola in questo percorso.
Negli ultimi giorni, Laura viveva un senso di libertà dalle sofferenze, dall’inferno quotidiano che ormai stava affrontando. Se n’è andata portandosi dietro i vostri sorrisi. Se n’è andata con un regalo che tutte e tutti voi le avete fatto: un sacco di bellezza.
Un abbraccio a tutte e tutti voi, pieno di amore e gratitudine.
Stefano Massoli

Laura Santi, 50enne perugina, affetta dall'età di 25 anni, ovvero da metà della sua vita, dalla sclerosi multipla che col passare del tempo l'aveva resa quasi del tutto impossibilitata a muoversi, è morta ieri a casa sua a seguito dell'auto-somministrazione di un farmaco letale. Riporto qui di seguito il testo della sua toccante lettera di saluto.

Quando leggerete queste righe io non ci sarò più, perché avrò deciso di smettere di soffrire.
Nonostante la mia scelta fosse ormai nota a tutti, questo mio gesto finale arriva nel silenzio e darà disappunto e dolore. Molti saranno dispiaciuti, altri soffriranno per non avermi potuto dare un ultimo saluto, un ultimo abbraccio. Vi chiedo di comprendere il perché di questo silenzio. Anche nella certezza della mia decisione si tratta del gesto più totale e definitivo che un essere umano possa compiere, ci vogliono sangue freddo e nervi d’acciaio. Come avrei potuto viverlo serenamente aggiungendo lutto a lutto anticipato, dolore al dolore, resistenze, lacrime reazioni e attaccamento? Vi chiedo anche uno sforzo aggiuntivo di comprensione.
Cercate di immaginare quale strazio di dolore mi ha portato a questo gesto, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Fate lo sforzo di capire che dietro una foto carina sui social, dietro il bel sorriso che potevate vedere giusto un’ora strappato alla routine e ai sintomi in una occasione pubblica, sempre più rara, dietro c’era lo sfondo di una quotidianità dolorosa, spoglia, feroce e in peggioramento continuo. Una sofferenza in crescita giorno dopo giorno. La situazione è stata in evoluzione per anni, poi in tempo reale gli ultimi mesi e settimane. Mio marito Stefano e le mie assistenti l’hanno vista, loro e solo loro e anzi, neppure loro, per forza di cose, potevano essere grado di capire cosa sentissi nel mio corpo, quanto male sentissi, quanta fatica sempre più totalizzante. Non riuscire più a compiere il minimo gesto. Non più godere della vita, non più godere delle relazioni sociali. Che è quello che fa per me una vita dignitosa.
Ho avuto molto tempo per elaborare e maturare questa decisione, ho avuto molto tempo per capire quando era veramente il momento. Avevo quel famoso parapetto, quello di cui avete letto spesso, da cui affacciarmi. Ho avuto molto tempo anche per cambiare idea e rimandare la decisione. Mi sono consentita, in una situazione che ancora reggeva, di assaporare gli ultimi scampoli di vita e di bellezza. Di salutare ogni angolo, ogni luogo, ogni volto, ogni persona ogni situazione ogni cielo ogni colore, ogni minuscola passeggiata fuori. Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, si dice. Si dice anche che sia impossibile, nei fatti. Ebbene, io l’ho quasi realizzato. Me ne vado avendo assaporato gli ultimi bocconi di vita in maniera forte e consapevole. Intendetemi: io penso che qualsiasi vita resti degna di essere vissuta anche nelle condizioni più estreme. Ma siamo noi e solo noi a dover scegliere.
Alle persone che resteranno senza un saluto oltre che le mie scuse va un abbraccio fortissimo. È impossibile enumerare tutti i volti che hanno riempito la mia vita. Fate conto che io vi stia salutando e abbracciando. La mia vita è stata piena anche grazie a voi.
La mia famiglia d’origine: papà Renato, mamma Gabriella, mia sorella Elena, mio nipote Matteo; tutti i parenti; Laura, Chiara e le amiche storiche di una vita, tutti gli amici, i colleghi e i conoscenti, i compagni di malattia, i compagni di attivismo, tutti coloro con cui ho condiviso un pezzo di strada. La mia amata Perugia. I miei medici, le mie palliativiste, i miei fisioterapisti, un grazie particolare a Daniela per avermi dato negli anni gli strumenti per combattere. Le mie assistenti, la mia seconda famiglia in quest’ultimo tratto. La politica quella buona, Fabio e Vittoria, i giornalisti amici, come le due Francesca; chi mi ha aiutato; il vescovo Ivan, un amico speciale col quale mi sono intrattenuta in più di una chiacchierata sulla vita e la morte.
Ho potuto vincere la mia battaglia solo grazie agli amici dell’Associazione Luca Coscioni, seguiteli e seguite i diritti e le libertà individuali, mai così messi a dura prova come oggi. Sul fine vita sento uno sproloquio senza fine, l’ingerenza cronica del Vaticano, l’incompetenza della politica. Il disegno di legge che sta portando avanti la maggioranza è un colpo di mano che annullerebbe tutti i diritti. Pretendete invece una buona legge, che rispetti i malati e i loro bisogni. Esercitate il vostro spirito critico, fate pressione, organizzatevi e non restate a guardare, ma attivatevi, perché potrebbe un giorno riguardare anche voi o i vostri cari.
Ricordatemi come una donna che ha amato la vita.

La vicenda di Laura Santi mi fa pensare che dovrei interessarmi di più alle attività dell'Associazione Luca Coscioni, e magari sostenerla economicamente per quello che posso. Se un giorno dovessi trovarmi malauguratamente in condizioni analoghe a quelle di Laura Santi, non vorrei mai essere privata del diritto di decidere se la mia vita vale o meno la pena di essere vissuta, e di agire di conseguenza. E l'Associazione si batte tra le altre cose affinché questo diritto venga garantito a tutti.

lunedì 21 luglio 2025

L'importanza di fermarsi

Molti sono in procinto di andare in ferie, qualcuno le ha già finite, mentre io dovrò aspettare ancora quasi tre settimane. :-/

Chi può permettersi di non rimanere a casa ma parte per qualche destinazione più o meno esotica – il che non è così scontato – spesso si mette d'impegno per riempire il tempo della vacanza con attività di ogni genere: fare più cose possibile, visitare più posti possibile... Ammetto che anch'io tendo a commettere lo stesso errore, per timore di tornare a casa con dei rimpianti. Comunque mi ha dato da pensare un post pubblicato sulla pagina Il Giornale delle Belle Notizie.

Nel sud del Giappone, esiste una stazione ferroviaria dove il treno si ferma ma tu non puoi andare da nessuna parte.
La fermata si chiama Seiryu Miharashi Eki, ed è immersa nel nulla più totale: nessuna strada, nessuna uscita, nessun negozio. Solo natura e silenzio.
Non puoi entrare. Non puoi uscire.
Puoi solo scendere dal treno,
restare fermo e guardarti intorno.
O chiudere gli occhi.
Questa stazione ha un solo scopo:
ricordarci l’importanza di fermarsi.
Di rallentare, respirare e osservare.
Spesso non serve una meta,
serve solo il tempo per sentire che esistiamo.

La stazione esiste eccome, ha un sito ufficiale – che un giorno sarò in grado di leggere, se non di capire, lo prometto a me stessa! :-) – e una pagina Wikipedia.

domenica 20 luglio 2025

Leave me alone!

Il mio ufficio è un open space dove lavorano e interagiscono parecchie persone; per questo, quando necessito di concentrazione e non devo confrontarmi coi colleghi, metto su le cuffie con della musica adatta. Le vignette qui sotto rappresentano quello che succede di solito...


Quando devo continuare a togliermi le cuffie perché qualcuno continua a parlarmi

... eppure non si tratta di auricolari bluetooth pressoché invisibili, bensì di cuffie abbastanza vistose!

sabato 19 luglio 2025

Alla faccia della relazione segreta...

Riguardo alla coppia americana la cui relazione extraconiugale è diventata di dominio pubblico mondiale "per colpa" dei Coldplay, trovo particolarmente condivisibile l'opinione di Professor X; del resto, se non accetto che qualcuno/a ci possa provare con altre persone alle spalle del/della partner ufficiale, figuriamoci quanto posso giudicare inammissibile il "passaggio alle vie di fatto".

No, il TRADIMENTO non lo accetto e non lo perdono. Tutti stanno parlando di quella coppia ripresa al concerto dei Coldplay, mentre si abbracciavano. Immortalati in un tradimento. E nel bel mezzo di questa vicenda è stata detta una cosa che mi ha davvero stupita. In breve, secondo alcuni, non bisogna condannare il tradimento.
«Non sempre c'è un colpevole o una vittima,» scrive ad esempio Luca Trapanese. E non è stato il solo. «Perché l’amore — quello vero, quello umano — non sempre segue le regole. A volte nasce dove non dovrebbe. A volte finisce quando meno te lo aspetti. (…) Ma l’amore, anche quando scompiglia tutto, è sempre qualcosa che merita di essere guardato con rispetto.» E anche se stimo tantissimo Luca Trapanese, stavolta no, non sono d’accordo. Non posso dirmi d’accordo. Quando non si ama più, bisogna dirlo.
Amare significa avere RISPETTO. Non solo di chi ami adesso ma anche di chi hai amato un tempo. Perché l’amore può arrivare inatteso e stravolgere tutto, l’amore è qualcosa di imprevedibile, di imponderabile, ma se non ti amo più, TI AFFRONTO! Perché nessuno merita il dolore e l’umiliazione di un tradimento. Chi ama non tradisce, chi ama non inganna, chi ama non umilia.
A questo servono i libri, i dipinti, le opere d’arte, le grandi canzoni: a farti capire quella cosa meravigliosa e bellissima che si chiamano le EMOZIONI altrui. A farti entrare dentro le emozioni altrui. A farti sentire quella cosa che va maneggiata con dolcezza e trattata con delicatezza che si chiama CUORE. Perfino nei romanzi che apparentemente celebrano il tradimento come Anna Karenina, Anna affronta il marito, e gli dice, e glielo dice chiaro e tondo, che il suo cuore appartiene a un altro. Ed ed è proprio questo il punto: non si tratta di giudicare, fare la morale o condannare, ma di tornare a parlare la lingua del cuore. O per dirla in parole povere: Signori si nasce. E oggi io vedo tanto cafoni, ma pochi signori.

Il post di Luca Trapanese citato da Guendalina Middei è questo.

Non riporterò nessuno degli innumerevoli memi – faccio eccezione per la divertente cover di Yellow improvvisata da Lorenzo Baglioni – che proliferano sui social al riguardo, perché, anche se ritengo che i due imprudenti adulteri si siano comportati in maniera imperdonabile nei confronti dei rispettivi partner, credo che nessuno meriti di essere schiacciato da una gogna mediatica del genere. Su scala ben più ampia, un approccio analogo l'ha adottato il social media manager di Taffo Funeral Service, impareggiabile nella creazione di contenuti virali.

venerdì 18 luglio 2025

Rughe di felicità

Lunedì sera ho preso parte a una pizzata amichevole con altre cinque donne, delle quali ne conoscevo soltanto una, peraltro nemmeno di persona. È stata una serata sorprendentemente piacevole, affabile e rilassata... e a un certo punto una delle commensali mi ha fatto notare che stavo ridendo un bel po', e che avevo davvero un bel sorriso. Ho ringraziato non senza imbarazzo, e ho colto l'occasione per confessare che è difficilissimo trovare una mia foto in cui io sorrida: non appena mi rendo conto di essere inquadrata torno seria, non c'è "cheese" che tenga. Come mai? Beh, perché se sorrido mi vengono un sacco di rughe intorno agli occhi!

Quest'aneddoto si ricollega alla vignetta pubblicata proprio lunedì da Silvia Ziche, che però illustra una prospettiva del tutto opposta.

A questo punto mi sono detta: chissenefrega delle rughe sul contorno occhi... io ho bisogno di leggerezza, di occasioni per ridere fino a sentire la pancia indolenzita, di essere felice!

giovedì 17 luglio 2025

Ben svegliata, Giorge'!

Sarò distratta io, ma non mi risulta che il presidente del consiglio Giorgia Meloni abbia speso mezza parola di condanna contro il vero e proprio genocidio attuato dal governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu contro il popolo palestinese, che finora ha mietuto un numero incalcolabile di vittime civili, tra cui moltissimi bambini. Almeno fino ad oggi, quando ha scritto:

I raid israeliani su Gaza colpiscono anche la chiesa della Sacra Famiglia. Sono inaccettabili gli attacchi contro la popolazione civile che Israele sta portando avanti da mesi. Nessuna azione militare può giustificare un tale atteggiamento.

La cosa ha suscitato innumerevoli reazioni tutt'altro che entusiastiche, tra cui quella di Lorenzo TosaCi voleva un raid israeliano su una chiesa cattolica a Gaza e il ferimento di un prete, padre Gabriel Romanelli, per far svegliare dal suo sonno atavico Giorgia Meloni») e quella del patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, secondo nella mia classifica personale dei papabili dopo Matteo Zuppi («Sì è vero, oggi è stata attaccata la comunità Cristiana di Gaza, ma non dimentichiamoci che ogni giorno, la fuori, muoiono decine di innocenti»). Perfino Alessandro Di Battista, mi è toccato rivalutare.

[La vignetta che apre il post è di Mario Natangelo]

mercoledì 16 luglio 2025

Modelli da seguire per le scienziate di domani

Di recente mi sono imbattuta in un post del quale riporto qui di seguito il testo.

Cos’è l’effetto Scully?
Nel 2018, il Geena Davis Institute e J. Walter Thompson Intelligence hanno pubblicato uno studio sull’“Effetto Scully”. Ecco alcuni dei risultati più significativi:
Tra il 1993 e il 2002, Dana Scully è stata uno dei primi personaggi femminili a lavorare nell’ambito della scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM), e la prima ad avere un ruolo da protagonista.
Sebbene all’epoca i personaggi femminili venissero valorizzati soprattutto per l’aspetto fisico, i tratti distintivi di Scully erano fiducia in sé, scetticismo, obiettività e, soprattutto, un’intelligenza brillante.
In quegli anni, i ruoli da scienziato protagonista erano quasi esclusivamente maschili e ambientati in laboratorio. Scully, invece, era una donna scienziata con un importante ruolo operativo sul campo, cosa rivoluzionaria negli anni ’90.
Si stima che verso i 7 anni di età i bambini e le bambine sviluppino un’associazione implicita secondo cui la scienza è un ambito “maschile”; una credenza che tende a durare fino all’età adulta. Dana Scully è arrivata per cambiare questo schema.
Negli anni ’90, Scully ha avuto un impatto forte contro gli stereotipi di genere: ha invertito i ruoli tradizionali, interpretando una figura di autorità, coraggiosa, scettica, scientifica e intelligente, spesso contrapposta al collega Fox Mulder, che rappresentava la parte più fantasiosa e incline alle teorie cosmiche — un ruolo solitamente affidato alle donne nella narrativa dell’epoca.
Il personaggio di Dana Scully ha permesso a molte bambine e donne di avere un modello femminile completamente nuovo per l’epoca, spingendole persino a immaginare un futuro professionale nel campo scientifico.
Molte studenti universitarie in ambito STEM hanno riferito che Scully ha avuto un’influenza sulle loro percezioni, aspirazioni e sul loro rapporto con la scienza.
Circa il 50% delle donne che guardavano X-Files ha dichiarato che Scully ha aumentato il loro interesse verso la scienza. Inoltre, il 43% ha affermato che è stata una motivazione per intraprendere una carriera STEM, e il 27% ha poi studiato una disciplina collegata.
Infine, il 91% delle intervistate considera Dana Scully un modello da seguire per bambine e donne

Ora, io devo ammettere che di X-Files non ho mai guardato neanche una puntata, ma da quel che ne so si trattava di una serie incentrata su fenomeni paranormali. Quanto al personaggio di Dana Scully, per citare Wikipedia è un «medico e scienziata che utilizzando le sue competenze scientifiche dovrebbe screditare le bizzarre tesi di Mulder. In realtà con il passare del tempo anche lei si troverà di fronte a fatti in grado di scuotere le sue certezze e la sua fede nella "scienza ufficiale"». Non proprio il massimo per instillare in bambine e donne la passione per la scienza, quella vera.

Trovo decisamente più esemplare la due volte premio Nobel (per la fisica e per la chimica) Marie Curie, che nel mio piccolo ho omaggiato in occasione dell'8 marzo, e alla quale Guendalina Middei, aka Professor X, ha recentemente dedicato un post.

Fu derisa e umiliata perché DONNA! La diedero perfino prostituita! La donna che vedete si chiamava Marie Curie e non ha soltanto cambiato il mondo della scienza, ma ci ha mostrato che la tenacia è la vera FORZA di una donna.
Fin da bambina Marie manifesta un’intelligenza straordinaria. A 17 anni però le dicono che deve lasciare la scuola. Semplice, «perché sei una femmina». E a quell’epoca in Polonia le donne non potevano frequentare l’università. Marie però non si lascia mettere i piedi in testa. Perché «le donne, tutte le donne, devono sempre ricordarsi chi sono e di cosa sono capaci.» Si trasferisce a Parigi per studiare alla Sorbona. All’inizio gli altri ragazzi la prendono in giro, i professori non la prendono sul serio. Una donna che vuole laurearsi in fisica? Si è mai vista una cosa più assurda? Ma Marie se ne frega e si laurea con il massimo dei voti.
Un giorno incontra un uomo di nome Pierre. Pierre non soltanto è contento di avere una moglie istruita, ma vuole condividere con lei la sua passione. «Sarebbe bello passare la nostra vita assieme, ipnotizzati dai nostri sogni.» E così fecero. E alla fine vinsero il Premio Nobel per la Fisica. Poi però Pierre morì: a soli 47 anni investito da una carrozza.«Persi il mio amato Pierre, e con lui ogni speranza».
Il dolore minaccia di distruggerla. Si getta anima e corpo nel suo lavoro. E poi all’improvviso un nuovo, tardivo amore appare nella sua vita. Paul Langevin è un uomo gentile, che guarisce Mary dal suo dolore. Fu allora che iniziarono a darle della putt…. La sua colpa? Aver aperto di nuovo il suo cuore. A un uomo sposato per giunta. I giornali la diffamano. Arrivano perfino a dubitare delle sue precedenti scoperte. Ma Marie continua a lavorare con passione.
«Quando hai davanti un idiota, ricordati sempre chi sei.» E alla fine per la prima volta nella storia le viene di nuovo riconosciuto il premio Nobel. Per la chimica stavolta. Marie Curie fu l’unica donna a riceverne due in due ambiti diversi. Perché le «donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.»