«Ciò che vien detto devi ponderare, non chi lo dice», affermava un certo Luciano Sante Manara, che non so se sia il noto patriota o un semplice omonimo. Nel post di oggi racconto un episodio che mi ha fatto tornare in mente questa citazione.
Una popolare scrittrice e giornalista che seguo su Facebook – e che è anche astrologa, cosa che le fa perdere inesorabilmente punti nella mia stima ;-) – scrive quanto segue riguardo alla decisione di papa Francesco di far portare la croce in una stazione della Via Crucis a due donne, una ucraina e una russa, e all'opinione in proposito espressa da un autorevole intellettuale con il quale mi trovo quasi sempre d'accordo.
La decisione di papa Francesco di far portare la croce a una donna russa e a una ucraina non ha incontrato il favore di ******* **********, filosofo e psicoanalista. Di più: ha provocato nell'accademico grande sdegno.
«Dò ragione alla Chiesa latina ucraina che non ha trasmesso le immagini. Come si fa a chiederle un simile gesto? Non si capisce il dolore di questa gente? È come quando si subisce un delitto in famiglia e si chiede subito se si perdona. La psiche ha bisogno di tempo per elaborare queste cose».
**********, , che vuoi da questo papa? Che rinunci al suo compito di riconciliare, di volare alto al di sopra delle meschine crudeli sanguinose divisioni che i potenti impongono ai popoli per indurli a massacrarsi reciprocamente? Che parteggi, che dimentichi l'insegnamento di Cristo?
Le guerre finiranno quando la gente capirà la follia dei "motivi" per cui viene spronata a sparare a chi neppure conosce.
Il papa è portatore di un messaggio universale e persegue l'abiura della violenza e l'abbraccio tra uguali.
Tu invece, **********, che persegui? Di coprirti di ridicolo, forse.
L'autrice del post è Susanna Schimperna, mentre colui al quale si riferisce è Umberto Galimberti.
Ora, io non ho mai pensato che la decisione di papa Francesco potesse essere concretamente risolutiva nell'immediato per le sorti del conflitto in corso. Ma ritengo che possa aver avuto un enorme valore simbolico, per ricordare a russi e ucraini, scopertisi nemici anche "grazie" alla manipolazione operata dalla propaganda putiniana, che sono pur sempre fratelli in senso lato, a prescindere dall'etnia.
Giorni fa .mau. ha linkato l'opinione del nunzio apostolico a Kiev, monsignor Visvaldas Kulbokas: «La riconciliazione deve arrivare quando si ferma l'aggressione. E quando gli ucraini potranno non solo salvarsi la vita, ma anche la libertà. E, naturalmente, sappiamo che la riconciliazione avviene quando l'aggressore ammette la sua colpa e si scusa». Io trovo che, a parte coloro che sostengono e giustificano senza riserve la cosiddetta "operazione militare speciale" messa in atto dalla Russia, ci sia soprattutto un individuo che dovrebbe ammettere le proprie colpe, e si chiama Vladimir Putin; la stragrande maggioranza dei suoi "sudditi" – uso questo termine non a caso – si è trovata coinvolta in una situazione che non ha scelto, e che comporterà dei costi e dei sacrifici anche per loro. Qualcuno auspicherebbe che papa Francesco intercedesse in prima persona per la pace... ma, come riferito dal presidente del Consiglio Mario Draghi, che in quanto capo di governo verosimilmente è più influente dal punto di vista degli scopi di Putin rispetto a un leader religioso che non è neanche il "suo", quando si sono sentiti giorni fa il presidente russo gli ha risposto che "i tempi non erano ancora maturi" per un cessate il fuoco. Quanto al Papa, mi sembra che la sua decisione sulla Via Crucis sia quanto di più autenticamente cristiano si possa immaginare. Ma adesso mi taccio, non soltanto perché non sono più praticante da tempo, ma anche perché ne capisco troppo poco di geopolitica per poter decifrare in modo adeguato quella che, come osservato da Andrea, è una storia estremamente complessa e articolata.