Se i social network fossero sempre esistiti, quali tracce avrebbero registrato a ricordo di importanti eventi storici? Se lo sono chiesti Alessandro Locatelli, Fabrizio Cucci e Marco Pavesi, gli amministratori della divertente pagina Facebook denominata per l'appunto Se i Social network fossero sempre esistiti. Ho selezionato alcuni screenshot che mi sembrano particolarmente riusciti! :-)
I contributi più fulminanti, è ovvio, sono i (finti) tweet. Procedendo in ordine cronologico, ecco i dolori di Giovanni Boccaccio in occasione dell'epidemia di peste del 1348...
... l'abiura di Galileo...
... l'orgoglio di Napoleone...
... il rammarico di Victor Hugo nel giorno del suo compleanno (il 26 febbraio) passato in sordina...
... e i problemi personali del padre della psicoanalisi Sigmund Freud.
Se proprio si deve fantasticare, perché non farlo anche con un personaggio veramente di fantasia? Diamo la parola a Madame Emma Bovary!
Su Facebook invece possono nascere facilmente delle discussioni più articolate.
Immaginiamo i più grandi navigatori di tutti i tempi che fanno a gara nel vendere pacchetti vacanze ai tempi di Ferdinando Magellano! :-)
Ecco il povero Giacomo Leopardi ingiustamente accusato di stalking dalla sua amata Teresa Carniani Malvezzi.
Mendeleev, inventore della tavola periodica degli elementi, dà il via a un'arguta chat tra fisici di rango.
Un'analoga sequenza di battute è ispirata da un banale «Ciao come va?» di Umberto Eco.
Personaggi antichi e moderni, reali e immaginari si alternano nel declamare i versi di Controvento, il brano con cui Arisa ha vinto il Festival di Sanremo 2014. Notare come l'assegnazione dei versi ai personaggi non sia affatto casuale!
L'attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi ci vive, nell'era dei social network... ma l'unico Benito Mussolini da cui potrebbe ottenere un like sarebbe un omonimo, oppure un fake!
Questi due status di un finto Oscar Wilde mi ricordano lo "scherzone" che un mio amico era solito fare ai malcapitati che lasciavano lo smartphone incustodito... ;-)
È verosimile che questa qui sotto non sia una citazione autentica di Oscar Wilde, uno degli autori maggiormente soggetti a false attribuzioni... ma sarebbe bello se lo fosse.
Infine, ecco il mio illustre concittadino Gabriele D'Annunzio che risponde a una domanda su Ask.fm!
venerdì 28 febbraio 2014
mercoledì 26 febbraio 2014
Un mondo di mattoncini
Mesi fa, condividendo sul mio tumblr il trailer di The LEGO Movie, scrissi che non vedevo l'ora che uscisse al cinema... e puntualmente, qualche giorno dopo il suo arrivo nelle sale italiane, ho portato a vederlo sul grande schermo... la bambina che è in me! ;-) Devo dire che la fanciulla, la quale ama così tanto i LEGO da avere addirittura dedicato loro una categoria di questo blog, è rimasta molto soddisfatta: il film è davvero notevole sul piano visivo – io l'ho visto in 2D, ma ho l'impressione che in 3D renda ancora meglio – nonché ricco di umorismo, ironia e strizzatine d'occhio ai cinefili, specialmente agli amanti del genere fantasy e supereroistico. Da non sottovalutare la morale della storia, edificante per i bambini di tutte le età: siamo tutti quanti speciali... a cominciare dal protagonista, il pupazzetto Emmet, ordinario e insignificante solo in apparenza. Magari, nella categoria dei Cartoni Animati Per Bambini Che Però Piacciono Anche (Se Non Di Più) Ai Grandi, non sarà ai livelli dell'indimenticabile saga dell'orco Shrek... ma direi che si difende bene! :-)
Dal punto di vista tecnico, leggo che il film è realizzato con un misto di CGI, stop motion – difficile dire dove finisca l'una e cominci l'altra – e live action. Quest'ultima tecnica viene impiegata soltanto in un paio di sequenze tanto brevi quanto fondamentali, mentre tutto il resto della storia è ambientato in un mondo interamente basato sui i celebri mattoncini: perfino le onde dell'oceano e i relativi spruzzi d'acqua sono fatti di plastica. Il film si potrebbe definire come un super-mega-spottone da cento minuti dell'azienda danese... però è avvincente, non c'è che dire.
Insomma, mi è venuta una gran voglia di tirar fuori le scatole di LEGO che giacciono sepolte ormai da anni nel mio armadio e di rispolverare le mie doti di Maestra Costruttrice. E rimango convinta che i mitici mattoncini siano una delle tipologie di giocattoli più educative: stimolano la manualità, la creatività, l'inventiva – non è mica obbligatorio seguire le istruzioni! ;-) – e quello che costruisci lo trovi così bello che poi vorresti smontarlo... solo per costruire qualcosa di ancora più bello. L'unico difetto dei LEGO è che sono troppo statici... ma il film elimina anche questo inconveniente! :-)
Dal punto di vista tecnico, leggo che il film è realizzato con un misto di CGI, stop motion – difficile dire dove finisca l'una e cominci l'altra – e live action. Quest'ultima tecnica viene impiegata soltanto in un paio di sequenze tanto brevi quanto fondamentali, mentre tutto il resto della storia è ambientato in un mondo interamente basato sui i celebri mattoncini: perfino le onde dell'oceano e i relativi spruzzi d'acqua sono fatti di plastica. Il film si potrebbe definire come un super-mega-spottone da cento minuti dell'azienda danese... però è avvincente, non c'è che dire.
Insomma, mi è venuta una gran voglia di tirar fuori le scatole di LEGO che giacciono sepolte ormai da anni nel mio armadio e di rispolverare le mie doti di Maestra Costruttrice. E rimango convinta che i mitici mattoncini siano una delle tipologie di giocattoli più educative: stimolano la manualità, la creatività, l'inventiva – non è mica obbligatorio seguire le istruzioni! ;-) – e quello che costruisci lo trovi così bello che poi vorresti smontarlo... solo per costruire qualcosa di ancora più bello. L'unico difetto dei LEGO è che sono troppo statici... ma il film elimina anche questo inconveniente! :-)
martedì 25 febbraio 2014
What's up, WhatsApp?
Per l'occasione ho pensato di provare a installare qualche app di messaggistica istantanea alternativa a WhatsApp. Viber la conoscevo già, ma ho apprezzato ancora di più Telegram: ha un'interfaccia mooooolto (pure troppo) simile a quella del popolare omologo, promette una maggiore sicurezza, e per di più è gratuita e open source. Mi auguro che nei prossimi dodici mesi prenderà piede a tal punto che tutti (o quasi) i miei contatti la useranno e quindi potrò finalmente dire addio a WhatsApp. Sì, perché alla fine ho ceduto e ho rinnovato il servizio per un anno al costo di 89 centesimi (avrei potuto farlo anche per tre anni a 2,40 €, oppure per cinque a 3,34 €): finché i servizi di messaggistica alternativi non raggiungeranno un bacino di utenza consistente – la famosa massa critica – è abbastanza utopistico pensare di rinunciare a WhatsApp, se la si usava già.
Insomma, cari i miei contatti, di qui a un anno vi voglio tutti quanti su Telegram! :-) Mi pare comunque corretto segnalare che due persone assai più competenti di me, Andrea Beggi e Luca Sartoni, hanno espresso le loro perplessità al riguardo. Mi permetto soltanto di osservare che probabilmente l'unico modo per tutelare davvero la propria privacy sarebbe sbarazzarsi del cellulare e cancellare tutti gli account che si sono aperti online, o ancora meglio ritirarsi a vivere sul cocuzzolo di una montagna... ;-)
In questo articolo sono elencate altre alternative gratuite a WhatsApp – oltre alla summenzionata app Viber, Kik, WeChat e Tango – alle quali aggiungo BBM (BlackBerry Messenger) che mi è stata consigliata da un "facciamico". Per non parlare dell'ormai imprescindibile Facebook Messenger... che però ovviamente richiede di essere iscritti a Facebook.
lunedì 24 febbraio 2014
Il domani che ci aspetta
Di recente mi sono imbattuta nell'immagine qui sotto, l'ho salvata sul mio hard disk, e oggi l'ho recuperata per osservarla, o meglio leggerla, con maggiore attenzione. Essa si intitola Life Next Year and Beyond: Appearing and Disappearing e mostra alcune cose che, secondo l'autore Ross Dawson, sono destinate a comparire oppure scomparire dalla nostra vita quotidiana nel prossimo futuro.
Essendomi soffermata dapprima sulla metà sinistra dell'immagine, mi sono un tantinello esaltata: pensa che meraviglia, un mondo che potremo guardare attraverso occhiali dotati di realtà aumentata (per i Google Glass è questione di poco), nel quale potremo comandare il televisore e magari anche le altre apparecchiature di casa semplicemente con la voce, effettuare pagamenti apponendo un'impronta digitale e costruire oggetti a misura delle nostre esigenze per mezzo di una stampante 3D senza neanche uscire di casa, un mondo nel quale andare in vacanza nello spazio ed interagire coi robot come ausilio per le nostre normali attività non sarà più fantascienza. E per quanto riguarda la salute c'è da aspettarsi progressi ancora più incoraggianti. Altre cose, come il controllo del pensiero, invece le ho trovate un pochino inquietanti, anzi parecchio...
E il mio senso di disagio è aumentato quando sono passata ad esaminare la metà destra dell'immagine. Ero già consapevole di alcune realtà: la pensione è divenuta praticamente un miraggio per tanti di quei fortunati che un lavoro ce l'hanno, le monete sono destinate a cedere il passo ai sistemi di pagamento elettronici, e il software che utilizziamo, la musica che ascoltiamo, i film che guardiamo sempre più spesso li scarichiamo da internet senza dover dipendere da supporti fisici come CD e DVD, tanto che l'estinzione dei negozi di videonoleggio (come pure dei telefoni pubblici) si trova ormai a buon punto. Per quanto riguarda la stampa fotografica, mia madre mi rimprovera spesso perché, da quando ho abbandonato i rullini, in casa non ci sono quasi più foto cartacee recenti... e regalarle una cornice digitale non è stato sufficiente a soddisfarla del tutto.
Ma davvero non conosceremo più la vergogna? Davvero dovremo dire addio alla nostra intimità e alla privacy? All'ortografia? Alla scrittura a mano, che è uno dei miei punti di forza? [Beh, alla peggio mi aprirò un negozietto che offrirà questo servizio diventato ormai così raro e vintage! ;-)] Però alle mie sacrosante otto ore di sonno per notte no, non ci rinuncio! :-) (In realtà nei giorni feriali ne dormo anche di meno, ma poi cerco di recuperare durante il weekend)
Comunque, siamo seri: la scomparsa della biodiversità e quella dello stato sociale... queste sì che sono prospettive davvero preoccupanti! :-/
Essendomi soffermata dapprima sulla metà sinistra dell'immagine, mi sono un tantinello esaltata: pensa che meraviglia, un mondo che potremo guardare attraverso occhiali dotati di realtà aumentata (per i Google Glass è questione di poco), nel quale potremo comandare il televisore e magari anche le altre apparecchiature di casa semplicemente con la voce, effettuare pagamenti apponendo un'impronta digitale e costruire oggetti a misura delle nostre esigenze per mezzo di una stampante 3D senza neanche uscire di casa, un mondo nel quale andare in vacanza nello spazio ed interagire coi robot come ausilio per le nostre normali attività non sarà più fantascienza. E per quanto riguarda la salute c'è da aspettarsi progressi ancora più incoraggianti. Altre cose, come il controllo del pensiero, invece le ho trovate un pochino inquietanti, anzi parecchio...
E il mio senso di disagio è aumentato quando sono passata ad esaminare la metà destra dell'immagine. Ero già consapevole di alcune realtà: la pensione è divenuta praticamente un miraggio per tanti di quei fortunati che un lavoro ce l'hanno, le monete sono destinate a cedere il passo ai sistemi di pagamento elettronici, e il software che utilizziamo, la musica che ascoltiamo, i film che guardiamo sempre più spesso li scarichiamo da internet senza dover dipendere da supporti fisici come CD e DVD, tanto che l'estinzione dei negozi di videonoleggio (come pure dei telefoni pubblici) si trova ormai a buon punto. Per quanto riguarda la stampa fotografica, mia madre mi rimprovera spesso perché, da quando ho abbandonato i rullini, in casa non ci sono quasi più foto cartacee recenti... e regalarle una cornice digitale non è stato sufficiente a soddisfarla del tutto.
Ma davvero non conosceremo più la vergogna? Davvero dovremo dire addio alla nostra intimità e alla privacy? All'ortografia? Alla scrittura a mano, che è uno dei miei punti di forza? [Beh, alla peggio mi aprirò un negozietto che offrirà questo servizio diventato ormai così raro e vintage! ;-)] Però alle mie sacrosante otto ore di sonno per notte no, non ci rinuncio! :-) (In realtà nei giorni feriali ne dormo anche di meno, ma poi cerco di recuperare durante il weekend)
Comunque, siamo seri: la scomparsa della biodiversità e quella dello stato sociale... queste sì che sono prospettive davvero preoccupanti! :-/
domenica 23 febbraio 2014
Alle prime luci dell'alba
Se c'è una cosa di cui non riesco proprio a fare a meno, quella è dormire. E grazie tante, starai pensando: lo dicono sempre, gli esperti, che dormire fa bene alla salute (fisica e mentale) e che chi dorme poco corre seri rischi... Comunque sono perfino disposta a puntare la sveglia alle 3:45 di sabato mattina – le quattro meno un quarto, ché si capisce ancora meglio :-O – se davvero ne vale la pena. A convincermi a farlo ieri è stato un irresistibile mix di mie passioni: la Costa dei Trabocchi (dove ero già stata due volte), la fotografia paesaggistica (ho provato anche il ritratto, ma non è proprio il mio genere) e l'alba (anche se in vita mia con i miei occhi ho visto infinitamente più tramonti). Eh sì... all'ultimo momento sono rientrata fra gli ammessi al workshop mensile organizzato dal mio insegnante di fotografia Stefano Lista, che consisteva appunto nel fotografare l'alba sulla Costa dei Trabocchi; il "prof" ha optato per il numero chiuso perché, se fossimo stati in troppi, sarebbe stato problematico sistemarci con i nostri cavalletti in uno spazio relativamente ristretto senza intralciarci, e lui non sarebbe riuscito a seguirci tutti.
Probabilmente la sottoscritta era la più inesperta fra tutti i partecipanti al workshop, e gli altri hanno condiviso istantanee – si fa per dire, visti i tempi di esposizione di svariati secondi – assai più belle delle mie... ma, dall'alto della mia impreparazione, non mi sembra ancora vero di aver riportato a casa foto come questa qui sotto: i riscontri positivi che ha ottenuto mi hanno fatto quasi montare la testa... ehi, ho detto quasi! :-)
Il soggetto è il Trabocco di Punta Turchino, nel comune di San Vito Chietino, di cui parlò nientepopodimenoché il Vate Gabriele d'Annunzio nel romanzo Il trionfo della morte; purtroppo la fragile costruzione, che già da tempo richiedeva opere di manutenzione, è più pericolante che mai dopo essere stata gravemente danneggiata dalle mareggiate nel novembre scorso. La foto è rigorosamente esente da post-produzione... anche perché non ne sono ancora capace! :-) L'unica cosa che avrei saputo fare era raddrizzarla, e ce ne sarebbe stato anche un pochino bisogno... ma alla fine ho preferito pubblicarla così, "al naturale".
L'album completo lo puoi vedere qui sotto.
Dalle trentaquattro foto iniziali, che ho scattato per la prima volta in formato Raw, sono scesa a quota otto, praticamente il mio record personale di selezione! :-) Qualcuno potrà obiettare che sono fin troppo uguali l'una all'altra, ma da dove mi trovavo mi era pressoché impossibile modificare l'inquadratura più di tanto... e poi l'importante è che da una foto all'altra cambino la luce e le nuvole, no? :-) Sto imparando che il cielo terso e la luce troppo "sparata" sono i peggiori nemici dei fotografi, mentre, come del resto avevo già notato, le nuvole regalano una luce diffusa e consentono scatti molto interessanti.
Anche ieri il treppiede ho dovuto farmelo prestare... ma adesso me lo compro, promesso: è un accessorio indispensabile, soprattutto per chi come me è appassionato di fotografia di paesaggio. Ciaooooo... vado in negozio! :-) ("vado" si va per dire, dal momento che lo acquisterò online)
Probabilmente la sottoscritta era la più inesperta fra tutti i partecipanti al workshop, e gli altri hanno condiviso istantanee – si fa per dire, visti i tempi di esposizione di svariati secondi – assai più belle delle mie... ma, dall'alto della mia impreparazione, non mi sembra ancora vero di aver riportato a casa foto come questa qui sotto: i riscontri positivi che ha ottenuto mi hanno fatto quasi montare la testa... ehi, ho detto quasi! :-)
Il soggetto è il Trabocco di Punta Turchino, nel comune di San Vito Chietino, di cui parlò nientepopodimenoché il Vate Gabriele d'Annunzio nel romanzo Il trionfo della morte; purtroppo la fragile costruzione, che già da tempo richiedeva opere di manutenzione, è più pericolante che mai dopo essere stata gravemente danneggiata dalle mareggiate nel novembre scorso. La foto è rigorosamente esente da post-produzione... anche perché non ne sono ancora capace! :-) L'unica cosa che avrei saputo fare era raddrizzarla, e ce ne sarebbe stato anche un pochino bisogno... ma alla fine ho preferito pubblicarla così, "al naturale".
L'album completo lo puoi vedere qui sotto.
Dalle trentaquattro foto iniziali, che ho scattato per la prima volta in formato Raw, sono scesa a quota otto, praticamente il mio record personale di selezione! :-) Qualcuno potrà obiettare che sono fin troppo uguali l'una all'altra, ma da dove mi trovavo mi era pressoché impossibile modificare l'inquadratura più di tanto... e poi l'importante è che da una foto all'altra cambino la luce e le nuvole, no? :-) Sto imparando che il cielo terso e la luce troppo "sparata" sono i peggiori nemici dei fotografi, mentre, come del resto avevo già notato, le nuvole regalano una luce diffusa e consentono scatti molto interessanti.
Anche ieri il treppiede ho dovuto farmelo prestare... ma adesso me lo compro, promesso: è un accessorio indispensabile, soprattutto per chi come me è appassionato di fotografia di paesaggio. Ciaooooo... vado in negozio! :-) ("vado" si va per dire, dal momento che lo acquisterò online)
venerdì 21 febbraio 2014
L'armonia dell'universo
Di recente ho condiviso sul mio tumblr un bellissimo video nel quale mi ero imbattuta per caso, e che illustra in maniera visivamente assai efficace in che modo i numeri della successione di Fibonacci – così chiamata in onore del matematico pisano del Duecento Leonardo Fibonacci – ricorrono nelle proporzioni della natura.
Pochi giorni dopo, per puro caso, quello stesso video ci è stato mostrato a lezione di fotografia dal "prof" Stefano Lista quando questi ha iniziato a spiegarci la composizione. Parlando di armonia è fondamentale la sezione aurea, un numero algebrico irrazionale esprimibile per mezzo della formula qui sotto (la lettera greca è un phi minuscolo).
Ad esempio, seguono il canone del rettangolo aureo alcune delle dimensioni che caratterizzano il Partenone, considerato la migliore realizzazione dell'architettura greca classica.
Ma cosa c'entra la sezione aurea con la successione di Fibonacci? Altroché se c'entra... dal momento che il rapporto fra due termini successivi di tale successione tende appunto a phi! Non lo sapevate? Sapevatelo, su Rieducational Channel! :-)
Dopo averci fatto vedere il video di cui sopra, il "prof" ci ha invitato a cercarne degli altri su YouTube usando la chiave di ricerca golden ratio... e così ho fatto. Fra i video che ho trovato, quello che mi è sembrato più completo, interessante e utile – anche perché sottotitolato! ;-) – lo puoi vedere qui sotto.
Riporto qui di seguito la traduzione delle parti a mio avviso più interessanti, che si concludono al minuto 6:15.
Pochi giorni dopo, per puro caso, quello stesso video ci è stato mostrato a lezione di fotografia dal "prof" Stefano Lista quando questi ha iniziato a spiegarci la composizione. Parlando di armonia è fondamentale la sezione aurea, un numero algebrico irrazionale esprimibile per mezzo della formula qui sotto (la lettera greca è un phi minuscolo).
Ad esempio, seguono il canone del rettangolo aureo alcune delle dimensioni che caratterizzano il Partenone, considerato la migliore realizzazione dell'architettura greca classica.
Ma cosa c'entra la sezione aurea con la successione di Fibonacci? Altroché se c'entra... dal momento che il rapporto fra due termini successivi di tale successione tende appunto a phi! Non lo sapevate? Sapevatelo, su Rieducational Channel! :-)
Dopo averci fatto vedere il video di cui sopra, il "prof" ci ha invitato a cercarne degli altri su YouTube usando la chiave di ricerca golden ratio... e così ho fatto. Fra i video che ho trovato, quello che mi è sembrato più completo, interessante e utile – anche perché sottotitolato! ;-) – lo puoi vedere qui sotto.
Riporto qui di seguito la traduzione delle parti a mio avviso più interessanti, che si concludono al minuto 6:15.
«La messa a punto dell'universo fornisce elementi di prova del disegno divino. Fate la vostra scelta: un caso cieco che richiede una moltitudine di universi, oppure un disegno che ne richiede uno solo... Molti scienziati, quando ammettono il loro punto di vista, propendono per l'argomento teleologico o del disegno» (Edward R. Harrison)
Quando osserviamo i dettagli della natura, c'è una cosa che spicca: si tratta dell'ordine, degli schemi, della simmetria che ci circondano. Lo si può vedere in un fiore o in un fiocco di neve, o pure in una conchiglia. Quello che vediamo è il disegno intelligente, che potrebbe essere descritto come le impronte digitali di Dio sulla natura.
Una delle relazioni matematiche più affascinanti è stata descritta in epoca medievale, otto secoli fa. Il nome dello studioso era Leonardo Fibonacci, un eminente matematico italiano. Egli eccelleva in molti settori, ed uno in particolare. Egli generò una lunga lista di numeri sommando ogni volta i due numeri precedenti. Possiamo cominciare con un 2 e un 3. Li sommiamo e otteniamo 5. Ora sommiamo 3 e 5 per ottenere 8. Poi sommiamo il 5 e l'8 per ottenere 13. La sequenza di Fibonacci va avanti in questo modo: 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144 e così via.
Ciò di cui Fibonacci si rese conto fu che questa elegante lista di numeri descrive molti elementi che si trovano in natura, ad esempio i petali dei fiori.
Ma c'è una struttura matematicamente precisa per l'universo e per tutto ciò che esso contiene. Un esempio quotidiano di questa precisione può essere trovato nelle piante.
[La traduzione del seguente capoverso è abbastanza letterale ma, ahimè, poco comprensibile. Siccome non sono riuscita a produrne una migliore, ti consiglio di guardare con particolare attenzione il video dal minuto 2:02 al minuto 2:32, ché le immagini spiegano meglio di tante parole! :-), NdC] Molte piante, tra cui gli olmi, hanno foglie, ramoscelli e rami che crescono posizionati esattamente a metà strada intorno al fusto gli uni dagli altri. Andando avanti nella serie vi sono piante come il faggio, le cui foglie sono disposte a un terzo del cammino intorno al fusto dalle foglie precedenti. Terze nella serie sono le piante come la quercia, con foglie poste a ogni due quinti di una svolta. L'agrifoglio è il successivo a tre ottavi, mentre i larici sono i prossimi a cinque tredicesimi, e la sequenza va avanti così.
Si noti la sequenza numerica di queste frazioni: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13 e così via. Ciascun numero è la somma dei due numeri che vengono appena prima di esso nella sequenza. Questo particolare modello matematico è chiamato serie di Fibonacci. Prendiamo ad esempio il girasole. Le sue infiorescenze sono disposte in spirali perfette di 55, 34 e 21: la sequenza di Fibonacci. I frutti dell'ananas creano questa medesima spirale in base alla sequenza. La pigna fa lo stesso.
Quando le correnti si muovono attraverso l'oceano e la marea si dipana sulla riva, le onde che portano la marea si incurvano in una spirale, che può essere rappresentata matematicamente come un grafico per i punti 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34 e 55. I boccioli sugli alberi, i dollari della sabbia, le stelle marine, i petali dei fiori si formano esattamente con questo stesso schema.
Questo schema possiamo vederlo attorno a noi su piccola scala ogni giorno, ma l'esempio più grande di tutti è direttamente sopra le nostre teste. A una media di centomila anni luce di distanza, anche la spirale delle galassie sopra di noi si forma con questo stesso disegno. Questa sequenza o schema sembra essere il marchio di fabbrica di un designer, una prova di un creatore. Nota anche come sezione aurea, la proporzione divina è una formulazione matematica che si manifesta in ogni cosa, dalla doppia elica del DNA (la molecola di acido desossiribonucleico, il codice per la vita, è formata da due spirali intrecciate, e fra la larghezza dell'elica e la lunghezza del ciclo sussiste il rapporto 0,618) alla forma dello stesso corpo umano.
Prova a misurare la distanza dal pavimento al tuo ombelico, e poi dall'ombelico alla testa. Se sei ben proporzionato, il rapporto dovrebbe essere di 1 a 1,618, e questo rapporto ricorre in tutto il corpo, purché sia bello. Gli artisti hanno notato che in un bel volto la larghezza della bocca era esattamente 1,618 volte la larghezza del naso. I dentisti nel loro lavoro hanno notato che l'incisivo centrale (il dente anteriore superiore) era 1,618 volte più largo rispetto al dente successivo, l'incisivo laterale. Vediamo qualche altro esempio. La falange che è più vicina alla tua nocca è lunga 1,618 volte la falange che è nel mezzo (falangina), la quale è lunga 1,618 volte la falange che termina con l'unghia (falangetta). Troviamo il rapporto di Fibonacci nel muscolo cardiaco, nei rami dei tubi bronchiali, anche nel potenziale elettrico dei neuroni, e, come sottolineato da Roger Penrose, perfino nella disposizione dei microtubuli del cervello. Man mano che esploriamo il nostro universo, dal minuscolo fiore alla maestosa galassia, vediamo l'impronta di Dio.
«La matematica è la lingua in cui Dio ha scritto l'universo» (Galileo)
giovedì 20 febbraio 2014
La vita continua
Negli ultimi tre giorni la mia attività bloggatoria ha subito una battuta d'arresto, anche perché il dopocena è rigorosamente riservato al Festival di Sanremo (tranne stasera, ché rientrerò dalla lezione di fotografia verso le 23, sigh!, sob!). In effetti, sebbene la visione del Festival rappresenti per me una tradizione irrinunciabile, trovo l'edizione di quest'anno alquanto sottotono, almeno dal punto di vista dello spettacolo... mentre sul piano musicale mi riservo di riascoltare almeno un'altra volta le canzoni in gara; al primo ascolto nessuna di loro mi ha colpita più di tanto, anche se ho l'impressione che la qualità sia superiore alla media.
Nelle prime due serate ciascuno dei Campioni ha presentato due brani, solo uno dei quali ha superato il turno. Ad ogni Campione era abbinato un personaggio più o meno famoso che saliva sul palco dell'Ariston per annunciare il brano prescelto... per la serie «Ma sì, allunghiamo il brodo a dismisura!». ;-) Fra gli ospiti di ieri sera c'era l'attrice polacca di nascita ma italiana d'adozione Kasia Smutniak... e le parole che il conduttore Fabio Fazio le ha rivolto consegnandole il rituale mazzo di fiori erano abbastanza eloquenti: «Con tanti auguri. Per tutto quello che ti aspetta». Eh sì... la rotondità del suo pancino, sottolineata da un aderente abito nero, non era la conseguenza di ripetute abbuffate, ma tradiva un dolce (ormai non più) segreto: la radiosa Kasia aspetta un bambino dall'attuale partner, il produttore cinematografico Domenico Procacci. A quasi quattro anni dalla tragica scomparsa di Pietro Taricone, l'amatissimo compagno nonché padre di sua figlia Sophie, si può finalmente affermare che l'attrice abbia ritrovato la voglia di vivere, di amare e di guardare al futuro. Una splendida notizia per chiunque abbia un cuore... requisito che però è un optional, stando a ciò che purtroppo ho avuto modo di constatare.
Poco dopo l'apparizione della Smutniak in dolce attesa, Selvaggia Lucarelli le ha dedicato uno status ricco di empatia su Facebook:
Nelle prime due serate ciascuno dei Campioni ha presentato due brani, solo uno dei quali ha superato il turno. Ad ogni Campione era abbinato un personaggio più o meno famoso che saliva sul palco dell'Ariston per annunciare il brano prescelto... per la serie «Ma sì, allunghiamo il brodo a dismisura!». ;-) Fra gli ospiti di ieri sera c'era l'attrice polacca di nascita ma italiana d'adozione Kasia Smutniak... e le parole che il conduttore Fabio Fazio le ha rivolto consegnandole il rituale mazzo di fiori erano abbastanza eloquenti: «Con tanti auguri. Per tutto quello che ti aspetta». Eh sì... la rotondità del suo pancino, sottolineata da un aderente abito nero, non era la conseguenza di ripetute abbuffate, ma tradiva un dolce (ormai non più) segreto: la radiosa Kasia aspetta un bambino dall'attuale partner, il produttore cinematografico Domenico Procacci. A quasi quattro anni dalla tragica scomparsa di Pietro Taricone, l'amatissimo compagno nonché padre di sua figlia Sophie, si può finalmente affermare che l'attrice abbia ritrovato la voglia di vivere, di amare e di guardare al futuro. Una splendida notizia per chiunque abbia un cuore... requisito che però è un optional, stando a ciò che purtroppo ho avuto modo di constatare.
Poco dopo l'apparizione della Smutniak in dolce attesa, Selvaggia Lucarelli le ha dedicato uno status ricco di empatia su Facebook:
Quindi sì, la Smutniak è incinta. La tragica meraviglia della vita che va avanti. Daje Kasia. #Sanremo2014Per farla breve, una parte (non certo la migliore) dei commentatori si è presa la libertà di esprimere critiche a dir poco acide sulla situazione di Kasia Smutniak. Oggi Selvaggia è ritornata sulla questione ribadendo con più forza il proprio pensiero al riguardo e riepilogando quello che era accaduto in calce al suo status precedente. Diciamo che, tra i commenti sfavorevoli, quelli del tipo «Però, ci ha messo poco a consolarsi» e «Si vede che a Pietro non gli voleva bene davvero» erano i più benevoli... ma non è mancata un'ampia gamma di sinonimi dell'espressione "donna di facili costumi", e se possibile anche di peggio. Questi individui – non ce la faccio a chiamarli persone – non riescono a concepire che una donna giovane e bella ad un certo punto rinunci a portare il lutto e riesca addirittura a rifarsi una vita. Io in questo godere delle sofferenze altrui – perché secondo me è proprio di questo che si tratta – ci vedo tanta frustrazione, invidia e cattiveria... e dopo aver letto questa intervista sono ancora più convinta che nessuno possa permettersi di giudicare Kasia. Auguro con tutto il cuore ogni felicità a lei e al suo compagno. È così bello vedere che la vita continua, nonostante tutto. All'inizio può sembrare impossibile guardare avanti dopo aver perso qualcuno, non necessariamente in seguito a un evento tragico come la morte: anche la fine di una relazione sentimentale rappresenta un "lutto" che richiede tempo per essere elaborato. Ma se non si perde la speranza, si scopre che la vita può sempre riservare delle belle sorprese: sta a noi predisporci a riconoscerle, accoglierle e coltivarle. :-)
lunedì 17 febbraio 2014
Sulle tracce di Cartier-Bresson
L'altro giorno ho condiviso sul mio tumblr una citazione del grande fotografo statunitense Robert Adams che in italiano recita: «I fotografi potrebbero o no guadagnarsi da vivere con la fotografia, ma sono vivi grazie a lei». Devo dire che nel mio piccolo ne comprendo perfettamente il senso: in effetti sarebbe a dir poco eccessivo affermare che, da quando ho cominciato il corso base di fotografia, fotografare è diventata la mia principale ragione di vita... ma di sicuro mi sta appassionando da morire, e non è poco! :-) Apprezzo ogni giorno di più il mix perfetto fra creatività e tecnologia, fra bellezza e significato che la fotografia rappresenta per me. Più cose imparo e più devo misurarmi coi miei limiti: io, che fino a un mese fa mi illudevo di saper fotografare, mi sono resa conto come non mai che il mio contributo in pratica si riduceva alla pressione di un pulsante, tutto il resto (o quasi) lo faceva la fotocamera. Prima di assistere alla prima lezione ero convinta che gli stop fossero soltanto dei segnali stradali; non arrivo a dire che il termine otturazione mi facesse pensare unicamente a una cura dentaria e diaframma a un metodo contraccettivo... ma poco ci manca! ;-)
Pochi giorni fa la mia compattina super-automatica l'ho messa a riposo – non certo in pensione, perché è troppo comoda da portarsi appresso all'occorrenza – e sono entrata nel magico mondo delle reflex acquistando una più che dignitosa Canon EOS 1100D. Già mi sforzo di ridurre al minimo l'impiego della modalità di scatto in automatico e del programma AE, ma... allunga i tempi, accorcia i tempi, apri il diaframma, chiudi il diaframma... io j'oo tajerei, 'sto diaframma! ;-) (parafrasando il mitico Mimmo in Bianco, rosso e Verdone) Meno male che ieri il prof ci ha esposto un trucchetto infallibile per memorizzare le impostazioni di diaframma, focale e distanza soggetto-obiettivo da adottare quando si fotografano ritratti e paesaggi. Non lo riferisco qui perché... chissà, magari è coperto da copyright, e poi è un tantino "vietato ai minori"! ;-) Se lo vuoi scoprire, ti toccherà frequentare il corso di Stefano... cosa che peraltro consiglio vivamente a chiunque abbia un minimo d'interesse nei confronti della fotografia: mi sembra davvero un'ottima esperienza non soltanto dal punto di vista pratico – il prof spiega molto bene ed è prodigo di consigli – ma anche da quello relazionale. Per la serie "battere il ferro finché è caldo", ho già in programma di frequentare il corso Beta, dedicato alla post-produzione, e pure un mini-corso di fotografia con smartphone: una forma d'arte da non sottovalutare... a tal proposito leggi qui.
Fotografare come si deve, specialmente in condizioni di luce estreme, non è affatto facile: ho dovuto constatarlo ieri all'imbrunire, dopo una giornata trascorsa a Scanno con i miei compagni di corso per fare un po' di pratica. Apro una parentesi: come mai il prof ha scelto di portarci proprio a Scanno? Beh, perché lo splendido borgo abruzzese è stato teatro di reportage effettuati da alcuni fra i nomi più prestigiosi della fotografia mondiale, da Henri Cartier-Bresson a Mario Giacomelli... e tanti altri: insomma, in paese l'arte di "disegnare con la luce" si respira un po' ovunque, non per niente Scanno è nota come "la città dei fotografi". Chiusa la parentesi, ci siamo disposti lungo la sponda del lago di Scanno per immortalare il tramonto, e non è stato affatto un esercizio banale; se poi non mi fossi trovata al posto giusto nel momento giusto per "scroccare" il cavalletto al prof (non avendo ancora avuto modo di comprarne uno mio) sarebbe stato pressoché impossibile, dal momento che in quelle particolari condizioni di luce l'esposimetro richiede un tempo di otturazione di svariati secondi. Ero orgogliosissima di essere riuscita a riportare a casa scatti come questo qui sotto...
... ma quando poi il prof ha pubblicato la sua, di foto, ho capito che ne dovrò mangiare ancora tanta ma tanta, di minestra! :-) Devo assolutamente fare mia prima che posso la tecnica del cartoncino nero – o del guanto grigio ;-) – per ridurre la gamma dinamica.
Comunque non voglio ripetere l'errore già commesso troppe volte in passato, quello di scoraggiarmi perché non mi rivelo la mejo fin da subito in quello che faccio: intendo impegnarmi al massimo per imparare a fare foto corrette (ovvero nitide – non sfocate né mosse – e correttamente esposte) e che significhino davvero qualcosa (soprattutto su questo dovrò lavorare parecchio, mi sa... e tanto per cominciare aspetterò prima di caricare su Flickr le foto di ieri, perché voglio provare a selezionarle con maggiore criterio rispetto al solito). Se poi alla fine diventerò davvero brava... ricordati di me: garantisco scrupolosità e prezzi modici! :-)
[L'immagine che apre il post è tratta da I ❤ Inspiration]
sabato 15 febbraio 2014
La vita è tutta un quiz
Come accennavo qui, quando vedo qualunque cosa sia assimilabile a un quiz, mi ci butto a pesce. Eh sì, i giochi basati sui quesiti sono la mia droga: se mi capita sotto gli occhi una domanda è più forte di me, devo rispondere... anche in assenza del mio avvocato! ;-) Non per niente ho perfino partecipato a un quiz televisivo, Passaparola... e questo per chi mi conosce e sa quanto io sia timida è pressoché inconcepibile. In epoche ancor più remote sbancavo a Trivial Pursuit... ma qualcosa mi dice che per i miei compagni di gioco non era proprio il massimo vedersela con una che le sa tutte! ;-) (copyright James Tont)
Per passare a tempi assai più recenti, un paio d'anni fa mi dilettavo a giocare a What A Cult, condividendo anche i miei risultati su Twitter... ma una volta esaurita la ridotta gamma di domande prevista dalla versione free avrei dovuto passare a quella a pagamento per arricchire l'elenco di quesiti a mia disposizione, così ho lasciato perdere. Oggi scopro che la versione completa di What A Cult ormai è solo a pagamento, mentre esistono versioni gratuite dedicate ad argomenti specifici: film, fumetti, libri e personaggi.
In seguito ho provato anche QuizCross, una versione del tris in cui occorre rispondere esattamente a delle domande per poter apporre il proprio simbolo sulla griglia.
La mia passione quizzereccia più recente si chiama QuizDuello (evvabbè... non esiste soltanto per Android ma anche per iOS!). La sottoscritta è ancora ferma alla versione lite, mentre quella premium presenta alcune feature in più: la possibilità di creare il proprio avatar e di cambiare colore, l'assenza di attese e di pubblicità, un numero di partite illimitato e l'accesso alle statistiche di gioco. Anche lì risulto registrata come gwendalyne: cercami e sfidami, se ne hai il coraggio! ;-) Ma dai, scherzo... in realtà mi capita non di rado di perdere, grrrrr!!!
Adesso mi dedico al mio smartphone, ché ho sentito il suono di notifica che è arrivato il mio turno di giocare a QuizDuello... ma prima chiudo il post con una citazione riconducibile a QuizCross e tratta da Wargames, cult movie del 1983.
Per passare a tempi assai più recenti, un paio d'anni fa mi dilettavo a giocare a What A Cult, condividendo anche i miei risultati su Twitter... ma una volta esaurita la ridotta gamma di domande prevista dalla versione free avrei dovuto passare a quella a pagamento per arricchire l'elenco di quesiti a mia disposizione, così ho lasciato perdere. Oggi scopro che la versione completa di What A Cult ormai è solo a pagamento, mentre esistono versioni gratuite dedicate ad argomenti specifici: film, fumetti, libri e personaggi.
In seguito ho provato anche QuizCross, una versione del tris in cui occorre rispondere esattamente a delle domande per poter apporre il proprio simbolo sulla griglia.
La mia passione quizzereccia più recente si chiama QuizDuello (evvabbè... non esiste soltanto per Android ma anche per iOS!). La sottoscritta è ancora ferma alla versione lite, mentre quella premium presenta alcune feature in più: la possibilità di creare il proprio avatar e di cambiare colore, l'assenza di attese e di pubblicità, un numero di partite illimitato e l'accesso alle statistiche di gioco. Anche lì risulto registrata come gwendalyne: cercami e sfidami, se ne hai il coraggio! ;-) Ma dai, scherzo... in realtà mi capita non di rado di perdere, grrrrr!!!
Adesso mi dedico al mio smartphone, ché ho sentito il suono di notifica che è arrivato il mio turno di giocare a QuizDuello... ma prima chiudo il post con una citazione riconducibile a QuizCross e tratta da Wargames, cult movie del 1983.
Strano gioco. L'unica mossa vincente è quella di non giocare.Anche se nel film il senso era un altro, nella fattispecie io voglio interpretarla in questo modo: se si accetta di giocare, bisogna saper perdere! :-) (cosa che da ragazzina non sapevo proprio fare... crescendo ho imparato, ma non completamente)
venerdì 14 febbraio 2014
Love & Sorrow
A meno che tu non viva su Marte, sarai al corrente di che giorno è oggi... e cosa si festeggia, soprattutto. Sanvalentino è sulla bocca di tutti, e pure quelli che a parole disdegnano tale ricorrenza definendola vuota, artefatta, meramente commerciale e quant'altro contribuiscono (anzi contribuiamo, mi ci metto pure io) a tenerla al centro dell'attenzione... insomma, non c'è via di scampo! :-/ Per tentare di neutralizzare l'overdose di zuccheroso love, non c'è niente di meglio di un po' di buona musica: ci viene in aiuto il Collective Cadenza, di cui ho parlato qui, e che per l'occasione ha pubblicato due fantastici medley di malinconiche canzoni d'ammore: il primo al maschile, interpretato da Forest VanDyke (prego notare il prepotente ingresso dei *BEEP* dagli anni '90 in poi: qualcosa dovrà pur significare!)...
... e il secondo al femminile, con la splendida voce di Tess Soltau (sì, pure il gentil sesso canterino col tempo ha tirato fuori la grinta).
Canta che ti passa: ancora sei ore e poi ne saremo fuori... ;-)
... e il secondo al femminile, con la splendida voce di Tess Soltau (sì, pure il gentil sesso canterino col tempo ha tirato fuori la grinta).
Canta che ti passa: ancora sei ore e poi ne saremo fuori... ;-)
giovedì 13 febbraio 2014
Paper is not dead!
Ieri mi sono imbattuta in una simpatica vignetta sugli e-book, che riporto qui sotto...
Nel primo caso in realtà non si tratta di un disegno, bensì del geniale spot di una marca di... vabbè, lascio che tu lo scopra da solo! ;-)
Eh sì, e-reader e tablet non possono mica sostituire in tutto e per tutto la carta; in particolare, usarli per fare secchi gli insetti è altamente sconsigliabile! :-) (via Singloids)
Tra i vantaggi degli e-reader, trovo che quello di gran lunga più importante sia la capacità di immagazzinare un'enorme quantità di libri in uno spazio ridottissimo. I grandi scaffali hanno i minuti contati! :-) (via Jeffery Koterba Blog)
Personalmente la trovo carina, e condivido solo in parte il punto di vista di Alessandro Girola, dal cui blog ho tratto l'immagine. Cerchiamo di prenderla con leggerezza, suvvia! :-)
[Traduzione: «È finita, libro. Tu sei una tecnologia inferiore. Il tuo formato grande e sgraziato è irrilevante. Solo un tocco di questa fiamma e sarai andato per sempre!». Scusa... dicevi? ;-)]... e così ho deciso di prenderne spunto per riesumare un po' di illustrazioni che avevo già visto sullo stesso argomento, nonché trovarne delle altre: te ne propongo alcune qui di seguito. (Vedi anche su Pianeta eBook)
Nel primo caso in realtà non si tratta di un disegno, bensì del geniale spot di una marca di... vabbè, lascio che tu lo scopra da solo! ;-)
Eh sì, e-reader e tablet non possono mica sostituire in tutto e per tutto la carta; in particolare, usarli per fare secchi gli insetti è altamente sconsigliabile! :-) (via Singloids)
Tra i vantaggi degli e-reader, trovo che quello di gran lunga più importante sia la capacità di immagazzinare un'enorme quantità di libri in uno spazio ridottissimo. I grandi scaffali hanno i minuti contati! :-) (via Jeffery Koterba Blog)
[«Kindle, Nook, Sony Reader ... Io dico, Hardwick: questa sì che è una libreria notevole!»]Verrà il giorno in cui i bambini, trovandosi in mano un libro, si domanderanno: e questo come funziona? (via globeandmail.com)
[«Si chiama "libro". Non so dove vadano le batterie»]Eh già, i cosiddetti "nativi digitali" – termine riguardo al quale Paolo Attivissimo ha espresso le proprie motivate perplessità – già si trovano maggiormente a proprio agio con le tecnologie più avanzate che non con il supporto cartaceo; i libri rischiano di diventare un'entità estranea. Le biblioteche, poi, non ne parliamo! (via Anderson Layman's Blog)
[«È una biblioteca, tesoro: una specie di prima versione del world wide web»]Chiudo con una vignetta apparsa su La Settimana Enigmistica.
Personalmente la trovo carina, e condivido solo in parte il punto di vista di Alessandro Girola, dal cui blog ho tratto l'immagine. Cerchiamo di prenderla con leggerezza, suvvia! :-)
mercoledì 12 febbraio 2014
È proprio nescessario?
[No, il refuso nel titolo non è farina del mio sacco... ;-)]
Oggi mi è arrivato via e-mail un messaggio con oggetto Conferma della vostra identità e mittente (in apparenza) Apple - Supporto (
Ecco qui sotto lo screenshot...
... e il testo:
Oggi mi è arrivato via e-mail un messaggio con oggetto Conferma della vostra identità e mittente (in apparenza) Apple - Supporto (
info@no-reply.apple.com
).Ecco qui sotto lo screenshot...
... e il testo:
Gentile ClienteIl mio sesto senso mi ha fatto rizzare le antenne non appena il messaggio è finito nel mio campo visivo... e non solo perché mi è arrivato a un indirizzo oramai praticamente in disuso. A differenza di certe "perle" del phishing che sono un capolavoro di nonsense linguistico, questo è scritto in italiano quasi corretto, a parte l'alternanza singolare/plurale e quel nescessario che fa tanto Ispettore Clouseau... ;-) ma posizionando il puntatore del mouse sul link ci si accorge che esso conduce all'URL
Le comunichiamo che per una maggiore sicurezza legata al suo Apple ID, è nescessario compilare questo breve questionario che troverete in allegato a questo avviso.
Nel Caso in cui non compilaste il successivo modulo, non potremmo garantire più la sicurezza del vostro account.
Clicca qui>
Cordiali saluti,
© 2007 Apple Inc. All rights reserved
http://www.zeetab.com/yu
: nulla a che vedere con la Mela Morsicata, insomma. Mi raccomando, diffida sempre dei messaggi che provengono da mittenti apparentemente autorevoli e ti invitano a cliccare su un semplice link o peggio a fornire le tue credenziali di accesso "per ragioni di sicurezza": il tranello è dietro l'angolo!
martedì 11 febbraio 2014
Sette geni... del crimine
Se c'è un film che non potevo assolutamente perdermi – e infatti me lo sono visto con grande piacere ieri pomeriggio – quello è Smetto quando voglio (qui il trailer), la cui frase di lancio, «Meglio ricercati che ricercatori», cita lo striscione di un reale corteo contro i tagli all'università. In effetti la sottoscritta la realtà della ricerca universitaria l'ha conosciuta dall'interno, pur avendola dovuta in seguito abbandonare per cause di forza maggiore... qualcosa di ben più serio rispetto a un di per sé abbastanza spiacevole mancato rinnovo del contratto. :-/ Ma non divaghiamo, e passiamo alla trama in sintesi.
Non mi aspettavo di vedere un mio "collega" fra i laureati vittime del precariato... e invece a un certo punto ecco che fa la sua comparsa un ingegnere costretto diciamo così a reinventarsi. Solo che io non ho mai neanche lontanamente pensato di darmi al crimine, sia ben chiaro! ;-) Certo però che, con un po' di intraprendenza e di determinazione in più, avrei potuto aspirare a una carriera ben diversa... Chissà se sono ancora in tempo per puntare in alto? :-)
Pietro (Edoardo Leo) è un qualificato neurobiologo trentasettenne che si vede negare i finanziamenti per proseguire la sua attività di ricerca. Trovandosi con l'acqua alla gola, l'ormai ex ricercatore raduna una banda di suoi simili, brillanti laureati che adesso vivono più o meno ai margini della società:Il giovane cineasta salernitano Sydney Sibilia (32 anni) non avrebbe potuto puntare a un esordio migliore alla regia di un lungometraggio: il film è davvero ben congegnato, con un irresistibile susseguirsi di situazioni al limite del paradosso, ottimamente recitato e molto divertente. Si ride amaro, ma si ride eccome... e si riflette.
Ed ecco il piano criminale di Pietro per "svoltare": sintetizzare, produrre in grandi quantità e spacciare una rivoluzionaria droga sintetica da lui stesso teorizzata, e che essendo di nuova concezione non risulta ancora inclusa nell'elenco delle sostanze illegali censite dal Ministero della Salute. I nostri (anti)eroi spendono ognuno le proprie competenze per la buona riuscita del piano, e ben presto arrivano soldi a palate... solo che dopo un po' la situazione sfugge loro di mano; tanto, come Pietro assicura alla sua preoccupatissima compagna Giulia (Valeria Solarino), «Smetto quando voglio». Ma sarà davvero così semplice uscire dal giro?
- i latinisti Mattia (Valerio Aprea) e Giorgio (Lorenzo Lavia) si sono ridotti a fare i benzinai di notte alle dipendenze di un cingalese, per giunta in nero;
- l'economista Bartolomeo (Libero De Rienzo) si ingegna a sbarcare il lunario applicando nozioni matematiche al gioco del poker;
- l'archeologo Arturo (Paolo Calabresi) assiste gli operai che effettuano gli scavi nei centri storici, nell'eventualità che venga rinvenuto qualche antico reperto;
- l'antropologo Andrea (Pietro Sermonti) cerca sempre di dissimulare i propri titoli accademici, dal momento che i laureati sono malvisti per svolgere i lavori più umili;
- il chimico Alberto (Stefano Fresi) fa il lavapiatti in un ristorante cinese, e la sua massima aspirazione è essere promosso cameriere.
Non mi aspettavo di vedere un mio "collega" fra i laureati vittime del precariato... e invece a un certo punto ecco che fa la sua comparsa un ingegnere costretto diciamo così a reinventarsi. Solo che io non ho mai neanche lontanamente pensato di darmi al crimine, sia ben chiaro! ;-) Certo però che, con un po' di intraprendenza e di determinazione in più, avrei potuto aspirare a una carriera ben diversa... Chissà se sono ancora in tempo per puntare in alto? :-)
lunedì 10 febbraio 2014
La fotografia: quasi due secoli di storia
Questo week-end mi sono finalmente decisa a cominciare a mettere in ordine gli appunti del corso di fotografia – accidenti, ero rimasta indietro di tre lezioni su tre! :-/ – e nelle slide della prima lezione ho trovato il link a una pagina del sito di National Geographic Italia dedicata alle pietre miliari della fotografia. Poiché lo trovo un argomento piuttosto interessante, ne riporto qui di seguito alcune, di queste pietre miliari.
Cominciamo dalla prima foto in assoluto, scattata (sebbene magari in questo caso tale verbo risulti inappropriato...) nel 1826 dallo scienziato francese Joseph Nicéphore Niépce e intitolata Vista dalla finestra a Le Gras; vi si notano il cortile e gli edifici circostanti dalla finestra al piano superiore della casa di campagna della famiglia di Niépce... vabbè, fidati! ;-) Quando ce l'ha mostrata a lezione, il nostro "piccolo prof" (così si autodefinisce) ci ha domandato da dove provenisse la luce secondo noi. Beh, non c'era una risposta univoca, dal momento che l'esposizione della lastra di rame e argento ricoperta da uno strato di bitume è durata per diverse ore, e quindi il sole ha avuto il tempo di fare un bel giro... :-)
Comunque tra le pietre miliari della fotografia io avrei inserito (preso da qui) anche il primo tentativo di rappresentare il movimento, realizzato da Eadweard Muybridge; in realtà, piuttosto che nella storia della fotografia, questo potrebbe sembrare importante in quella del cinema... ma in fondo cos'è il cinema, se non fotografia in movimento?
La prima foto a colori, datata 1861, è opera del fisico scozzese James Clerk Maxwell, il padre della prima teoria moderna dell'elettromagnetismo: vi è fissata l'immagine composita di un tartan scozzese.
Qui sotto puoi vedere una delle prime fotografie notturne di animali selvatici, che ritrae una femmina di daino coi suoi cuccioli. A scattarla nel 1906 fu il fotografo e amante della natura George Shiras, pioniere nell'uso del flash e delle trappole fotografiche.
All'epoca il fototrappolaggio era basato su un filo che faceva scattare l'otturatore se calpestato dagli animali, ma in seguito l'evoluzione tecnologica ha migliorato l'efficienza del sistema: la tigre qui sotto è stata immortalata in tempi molto più recenti grazie a una fototrappola a raggi infrarossi.
La prima foto subacquea a colori venne scattata nel 1926 a un pesce porco (Lachnolaimus maximus) dal dottor William Longley e dal fotografo di National Geographic Charles Martin, "armati" di macchine fotografiche protette da rudimentali custodie impermeabili e di chili di polvere di magnesio altamente esplosiva per l'illuminazione subacquea.
Rimanendo in tema di scatti subacquei, più recenti (era il 1° settembre 1985) e forse anche più note sono le prime foto del relitto del Titanic, che giaceva indisturbato sul fondo dell'Oceano Atlantico da quando naufragò il 15 aprile 1912: dobbiamo tale reportage alla collaborazione tra l'oceanografo Robert Ballard e il fotografo Emory Kristof.
Qui sotto puoi vedere la prima fotografia in cui il nostro pianeta appaia per intero, scattata il 7 dicembre 1972 dall'equipaggio dell'Apollo 17, che stava lasciando l'orbita terrestre in direzione della Luna.
Ma la fotografia spaziale nacque parecchio tempo prima: l'immagine qui sotto (più precisamente un dagherrotipo) mostra il Sole con tanto di macchie solari, e venne realizzata il 2 aprile 1845 dai fisici francesi Hippolyte Fizeau e Léon Foucault con un tempo di esposizione di appena 1/60 di secondo, davvero ragguardevole per l'epoca.
Le due immagini precedenti sono tratte da quest'altra raccolta dedicata allo spazio, nella quale vale la pena di segnalare almeno altre due istantanee degne di nota: la storica impronta dell'astronauta Buzz Aldrin sulla Luna, e il famoso "Earthrise" ("il sorgere della Terra").
Infine, siamo arrivati agli anni '80: come non inserire tra le pietre miliari della fotografia l'indimenticabile sguardo della ragazza afghana ritratta nel 1984 dal grande Steve McCurry?
Cominciamo dalla prima foto in assoluto, scattata (sebbene magari in questo caso tale verbo risulti inappropriato...) nel 1826 dallo scienziato francese Joseph Nicéphore Niépce e intitolata Vista dalla finestra a Le Gras; vi si notano il cortile e gli edifici circostanti dalla finestra al piano superiore della casa di campagna della famiglia di Niépce... vabbè, fidati! ;-) Quando ce l'ha mostrata a lezione, il nostro "piccolo prof" (così si autodefinisce) ci ha domandato da dove provenisse la luce secondo noi. Beh, non c'era una risposta univoca, dal momento che l'esposizione della lastra di rame e argento ricoperta da uno strato di bitume è durata per diverse ore, e quindi il sole ha avuto il tempo di fare un bel giro... :-)
Comunque tra le pietre miliari della fotografia io avrei inserito (preso da qui) anche il primo tentativo di rappresentare il movimento, realizzato da Eadweard Muybridge; in realtà, piuttosto che nella storia della fotografia, questo potrebbe sembrare importante in quella del cinema... ma in fondo cos'è il cinema, se non fotografia in movimento?
La prima foto a colori, datata 1861, è opera del fisico scozzese James Clerk Maxwell, il padre della prima teoria moderna dell'elettromagnetismo: vi è fissata l'immagine composita di un tartan scozzese.
Qui sotto puoi vedere una delle prime fotografie notturne di animali selvatici, che ritrae una femmina di daino coi suoi cuccioli. A scattarla nel 1906 fu il fotografo e amante della natura George Shiras, pioniere nell'uso del flash e delle trappole fotografiche.
All'epoca il fototrappolaggio era basato su un filo che faceva scattare l'otturatore se calpestato dagli animali, ma in seguito l'evoluzione tecnologica ha migliorato l'efficienza del sistema: la tigre qui sotto è stata immortalata in tempi molto più recenti grazie a una fototrappola a raggi infrarossi.
La prima foto subacquea a colori venne scattata nel 1926 a un pesce porco (Lachnolaimus maximus) dal dottor William Longley e dal fotografo di National Geographic Charles Martin, "armati" di macchine fotografiche protette da rudimentali custodie impermeabili e di chili di polvere di magnesio altamente esplosiva per l'illuminazione subacquea.
Rimanendo in tema di scatti subacquei, più recenti (era il 1° settembre 1985) e forse anche più note sono le prime foto del relitto del Titanic, che giaceva indisturbato sul fondo dell'Oceano Atlantico da quando naufragò il 15 aprile 1912: dobbiamo tale reportage alla collaborazione tra l'oceanografo Robert Ballard e il fotografo Emory Kristof.
Qui sotto puoi vedere la prima fotografia in cui il nostro pianeta appaia per intero, scattata il 7 dicembre 1972 dall'equipaggio dell'Apollo 17, che stava lasciando l'orbita terrestre in direzione della Luna.
Ma la fotografia spaziale nacque parecchio tempo prima: l'immagine qui sotto (più precisamente un dagherrotipo) mostra il Sole con tanto di macchie solari, e venne realizzata il 2 aprile 1845 dai fisici francesi Hippolyte Fizeau e Léon Foucault con un tempo di esposizione di appena 1/60 di secondo, davvero ragguardevole per l'epoca.
Le due immagini precedenti sono tratte da quest'altra raccolta dedicata allo spazio, nella quale vale la pena di segnalare almeno altre due istantanee degne di nota: la storica impronta dell'astronauta Buzz Aldrin sulla Luna, e il famoso "Earthrise" ("il sorgere della Terra").
Infine, siamo arrivati agli anni '80: come non inserire tra le pietre miliari della fotografia l'indimenticabile sguardo della ragazza afghana ritratta nel 1984 dal grande Steve McCurry?
sabato 8 febbraio 2014
La salute ha un prezzo
Vicenda di vita vissuta. A Pescara una donna, dovendo sottoporsi alla periodica mammografia di controllo, prenota l'esame tramite la mutua (ammesso e non concesso che sia lecito chiamarla ancora così); il Centro Unico di Prenotazione dell'ospedale glielo fissa dopo quasi un anno. La signora, essendo un po' anziana e alquanto incline al pessimismo, sospira: chissà se ci arrivo, all'anno prossimo. Allora decide di fare l'esame a pagamento, sempre all'ospedale: per la modica somma di 59 euro potrà effettuarlo appena due settimane dopo.
In questo caso la differenza di costo non è così rilevante, infatti per quanto ne so il ticket sanitario ammonta a 36,15 euro, perciò può valere la pena di sborsare qualche soldo in più per sottoporsi all'esame il prima possibile. Ma è inevitabile pensare ad esami diagnostici con liste d'attesa altrettanto lunghe, se non di più, e assai più costosi, come la TAC e la RMN: in tali casi la scelta di effettuarli a pagamento non è alla portata di tutti, e quindi bisogna rassegnarsi ad aspettare pazientemente... anche se ne va della salute delle persone. Sogno un sistema sanitario che sia organizzato e gestito in maniera più efficiente ed attenta ai pazienti: solo un'utopia?
In questo caso la differenza di costo non è così rilevante, infatti per quanto ne so il ticket sanitario ammonta a 36,15 euro, perciò può valere la pena di sborsare qualche soldo in più per sottoporsi all'esame il prima possibile. Ma è inevitabile pensare ad esami diagnostici con liste d'attesa altrettanto lunghe, se non di più, e assai più costosi, come la TAC e la RMN: in tali casi la scelta di effettuarli a pagamento non è alla portata di tutti, e quindi bisogna rassegnarsi ad aspettare pazientemente... anche se ne va della salute delle persone. Sogno un sistema sanitario che sia organizzato e gestito in maniera più efficiente ed attenta ai pazienti: solo un'utopia?
venerdì 7 febbraio 2014
Spegnere il WiFi per risparmiare la batteria... e non solo
Dopo oltre un anno, il mio adorato Samsung Galaxy S III Mini se la cava ancora egregiamente sotto tutti gli aspetti... tranne uno: la durata della batteria, che eccelsa non lo è mai stata, rispetto ai primi tempi si è ancor più ridotta, a tal punto che per tirare fino a sera ci vuole quasi sempre un "aiutino". Questo non sarebbe un gran problema, avendo sottomano una presa di corrente alla quale collegare il caricabatterie; a me in effetti non capita così spesso di stare fuori per tutto il giorno... ma quando capita, come la mettiamo? Nel corso della mia vacanza a Roma, dove fra mappe, TripAdvisor, Instagram e app varie il mio povero telefonino ha avuto un gran daffare, l'alimentatore di emergenza che ho comprato alla Fiera dell'Elettronica di Lanciano mi era sì utile per dargli un po' di respiro, ma arrivare a fine giornata richiedeva immancabilmente un "pit stop" nella mia camera al B&B per ricaricare le batterie: non solo quella del cellulare, ma metaforicamente parlando anche le mie... ché a forza di scarpinare mi stancavo da morire! ;-)
Uno dei modi per consumare inutilmente la batteria di uno smartphone è lasciare attiva la connessione WiFi quando si è in giro: tra l'altro il dispositivo ricerca in continuazione le reti disponibili nei paraggi, e questo comporta un certo dispendio di energia elettrica. Finora ho provveduto a disattivare il WiFi a manina uscendo di casa... ma a volte capita che me ne dimentichi: sono umana, in fondo! ;-) L'androide invece, non essendo umano, se ne ricorda, a condizione di avergli spiegato per benino il da farsi, ovverosia di aver installato la giusta app: sto parlando di Smart WiFi Toggler, che spegne il WiFi quando ti allontani da un hotspot conosciuto, per poi riaccenderlo (permettendo la riconnessione alla rete) quando ci ritorni. Non c'è alcun bisogno di attivare il GPS, dal momento che la localizzazione avviene tramite la rete cellulare. Se proprio dovessi trovare un difetto a quest'app gratuita, menzionerei il fatto che è in lingua inglese... ma tanto, nel mio caso, dopo l'installazione è stato sufficiente riavviare il telefonino affinché essa cominciasse a fare il suo dovere senza che io dovessi configurare alcunché.
Da quando sono smartphone-munita, ho una fissa: quella di disattivare la connessione dati allorché il dispositivo è connesso a una rete WiFi. Questo in teoria non serve a nulla, dal momento che in tali condizioni non dovrebbe esserci traffico 3G né consumo di batteria aggiuntivo... però mi sono chiesta: esisterà un'app che automatizzi anche quest'incombenza? Certo che sì: si chiama Gestore 3G - Il salva batteria, e tra le sue funzioni vi è appunto la disattivazione della connessione dati quando il WiFi è connesso. Solo che, a differenza di Smart WiFi Toggler, l'app in questione non è gratuita... e anche per questo motivo ho stabilito di poterne fare a meno, almeno per il momento. Comunque non escludo che in un prossimo futuro, qualora dovessi sentire la necessità di qualcun'altra delle sue feature, io possa decidere di investire la bella cifra di novantanove centesimi di euro per acquistarla! ;-)
Tornando a Smart WiFi Toggler, la sua utilità non risiede soltanto nel risparmio energetico: come fa notare Paolo Attivissimo nel post grazie al quale sono venuta a conoscenza di tale app, tenere acceso il WiFi quando sei in giro ti espone al rischio che i tuoi spostamenti vengano tracciati, cosa abbastanza inquietante per chiunque tenga alla propria privacy... e quindi dotarti di un'app che lo disattivi al posto tuo è cosa buona e giusta!
Uno dei modi per consumare inutilmente la batteria di uno smartphone è lasciare attiva la connessione WiFi quando si è in giro: tra l'altro il dispositivo ricerca in continuazione le reti disponibili nei paraggi, e questo comporta un certo dispendio di energia elettrica. Finora ho provveduto a disattivare il WiFi a manina uscendo di casa... ma a volte capita che me ne dimentichi: sono umana, in fondo! ;-) L'androide invece, non essendo umano, se ne ricorda, a condizione di avergli spiegato per benino il da farsi, ovverosia di aver installato la giusta app: sto parlando di Smart WiFi Toggler, che spegne il WiFi quando ti allontani da un hotspot conosciuto, per poi riaccenderlo (permettendo la riconnessione alla rete) quando ci ritorni. Non c'è alcun bisogno di attivare il GPS, dal momento che la localizzazione avviene tramite la rete cellulare. Se proprio dovessi trovare un difetto a quest'app gratuita, menzionerei il fatto che è in lingua inglese... ma tanto, nel mio caso, dopo l'installazione è stato sufficiente riavviare il telefonino affinché essa cominciasse a fare il suo dovere senza che io dovessi configurare alcunché.
Da quando sono smartphone-munita, ho una fissa: quella di disattivare la connessione dati allorché il dispositivo è connesso a una rete WiFi. Questo in teoria non serve a nulla, dal momento che in tali condizioni non dovrebbe esserci traffico 3G né consumo di batteria aggiuntivo... però mi sono chiesta: esisterà un'app che automatizzi anche quest'incombenza? Certo che sì: si chiama Gestore 3G - Il salva batteria, e tra le sue funzioni vi è appunto la disattivazione della connessione dati quando il WiFi è connesso. Solo che, a differenza di Smart WiFi Toggler, l'app in questione non è gratuita... e anche per questo motivo ho stabilito di poterne fare a meno, almeno per il momento. Comunque non escludo che in un prossimo futuro, qualora dovessi sentire la necessità di qualcun'altra delle sue feature, io possa decidere di investire la bella cifra di novantanove centesimi di euro per acquistarla! ;-)
Tornando a Smart WiFi Toggler, la sua utilità non risiede soltanto nel risparmio energetico: come fa notare Paolo Attivissimo nel post grazie al quale sono venuta a conoscenza di tale app, tenere acceso il WiFi quando sei in giro ti espone al rischio che i tuoi spostamenti vengano tracciati, cosa abbastanza inquietante per chiunque tenga alla propria privacy... e quindi dotarti di un'app che lo disattivi al posto tuo è cosa buona e giusta!
giovedì 6 febbraio 2014
Alla scoperta di Roma
Questa sera me la cavo con un post abbastanza veloce, ché devo ripassare le slide del corso di fotografia prima di andare a lezione! ;-) E in effetti proprio di fotografia si parla: ieri sera, dopo averne scartate appena un quarto circa, ho finalmente completato l'upload delle foto che ho fatto a Roma. La raccolta è qui, suddivisa in tredici pratici set; ci sono Villa Borghese, Trinità dei Monti, Piazza di Spagna, Largo di Torre Argentina coi suoi famosi gatti, il Bioparco e i suoi animali un tantino giù di corda per via del maltempo, i Musei Vaticani visitati decisamente troppo in fretta, Piazza Venezia, il Vittoriano, Santa Maria in Aracoeli, Piazza del Campidoglio, Piazza Navona, Castel Sant'Angelo, Piazza San Pietro con la partecipazione (stra)ordinaria di papa Francesco, la Basilica di San Pietro, la Cupola di San Pietro, il Tevere... e infine duecento foto scattate un po' qua e un po' là che non me la sono sentita di catalogare ulteriormente in set. Enjoy! :-)
mercoledì 5 febbraio 2014
Per riflettere sulla vita e sulla morte
Ogni mercoledì il Multiplex Arca di Spoltore presenta il Cinema d'autore: film di nicchia, o comunque difficili da trovare nella normale programmazione delle sale. Il film proposto oggi era Still Life (qui il trailer), dalla cui visione sono tornata un paio d'ore fa... con gli occhi lucidi e il cuore pieno di emozioni. :-) Vi si narra la storia di John May, un tranquillo impiegato comunale londinese che svolge con grande dedizione il suo lavoro: rintracciare i parenti delle persone decedute in totale solitudine e, nel caso in cui non trovi nessuno, occuparsi di organizzare funerali dignitosi, ai quali spesso è l'unico a presenziare. Il solitario John prende talmente a cuore i "suoi" casi che ne raccoglie le fotografie in un album e addirittura si dedica a scrivere, dando prova di notevole inventiva ed enorme sensibilità, il discorso commemorativo che il celebrante dovrà pronunciare nel corso delle esequie, oltre a scegliere l'accompagnamento musicale più adatto a ciascuna cerimonia spulciando fra i dischi trovati in casa del defunto. A un certo punto il capo di May, individuo di sconcertante cinismo, gli comunica che a causa della crisi economica è in atto un radicale ridimensionamento degli uffici, e che il suo posto di lavoro è uno dei "rami secchi" da tagliare. Prima di lasciare la sua scrivania, però, John intende chiudere ad ogni costo l'ultimo caso che gli è capitato tra le mani.
Beh, a me questo film è piaciuto proprio tanto: se apprezzi il genere te lo consiglio senz'altro, sempre che tu sia dell'umore giusto. Non solo lo spunto è tutt'altro che allegro, ma sul finale la sottoscritta, che a dire il vero ha una soglia della commozione piuttosto bassa, quasi singhiozzava! :'-( Il titolo ha almeno tre possibili traduzioni in italiano – natura morta, vita immobile, ancora vita – tutte con un senso, a ben vedere.
Nel cast l'unico attore a godere di una certa notorietà internazionale è quello che impersona il protagonista, l'ottimo Eddie Marsan, già visto nei due film su Sherlock Holmes diretti da Guy Ritchie nei panni dell'ispettore Lestrade. Con il suo volto mesto e dolente illuminato da uno sguardo vivo e profondamente umano, Marsan era perfetto per la parte. La regia è asciutta ma partecipe, con un'attenzione ai dettagli fuori dal comune. E mi fa piacere segnalare che, sebbene Still Life sia stato girato in lingua inglese, a dirigerlo e sceneggiarlo è stato un italiano: Uberto Pasolini, affermato soprattutto come produttore – Full Monty è una sua "creatura" – e alla seconda regia di un lungometraggio dopo Machan – La vera storia di una falsa squadra del 2007, che ho tutta l'intenzione di recuperare.
Beh, a me questo film è piaciuto proprio tanto: se apprezzi il genere te lo consiglio senz'altro, sempre che tu sia dell'umore giusto. Non solo lo spunto è tutt'altro che allegro, ma sul finale la sottoscritta, che a dire il vero ha una soglia della commozione piuttosto bassa, quasi singhiozzava! :'-( Il titolo ha almeno tre possibili traduzioni in italiano – natura morta, vita immobile, ancora vita – tutte con un senso, a ben vedere.
Nel cast l'unico attore a godere di una certa notorietà internazionale è quello che impersona il protagonista, l'ottimo Eddie Marsan, già visto nei due film su Sherlock Holmes diretti da Guy Ritchie nei panni dell'ispettore Lestrade. Con il suo volto mesto e dolente illuminato da uno sguardo vivo e profondamente umano, Marsan era perfetto per la parte. La regia è asciutta ma partecipe, con un'attenzione ai dettagli fuori dal comune. E mi fa piacere segnalare che, sebbene Still Life sia stato girato in lingua inglese, a dirigerlo e sceneggiarlo è stato un italiano: Uberto Pasolini, affermato soprattutto come produttore – Full Monty è una sua "creatura" – e alla seconda regia di un lungometraggio dopo Machan – La vera storia di una falsa squadra del 2007, che ho tutta l'intenzione di recuperare.
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