domenica 27 gennaio 2019

Perché la tragedia dell'Olocausto non sia stata vana

In occasione del Giorno della Memoria per commemorare le vittime dell'Olocausto, celebrato come ogni anno nell'anniversario di quel giorno del 1945 in cui le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, condivido due spunti – fra i tanti possibili – che mi hanno colpita in modo particolare.
Ecco una citazione di Liliana Segre, superstite del campo di concentramento di Auschwitz nominata senatrice a vita un anno fa.
Poi vidi Janine. Era una ragazza francese, erano mesi che lavoravamo una accanto all’altra nella fabbrica di munizioni. Janine era addetta alla macchina che tagliava l’acciaio. Qualche giorno prima quella maledetta macchina le aveva tranciato le prime falangi di due dita. Lei andò davanti agli aguzzini, nuda, cercando di nascondere la sua mutilazione. Ma quelli le videro subito le dita ferite e presero il suo numero tatuato sul corpo nudo. Voleva dire che la mandavano a morire. Janine non sarebbe tornata nel campo. Janine non era un’estranea per me, la vedevo tutti i giorni, avevamo scambiato qualche frase, ci sorridevamo per salutarci. Eppure non le dissi niente. Non mi voltai quando la portarono via. Non le dissi addio. Avevo paura di uscire dall’invisibilità nella quale mi nascondevo, feci finta di niente e ricominciai a mettere una gamba dietro l’altra e camminare, pur di vivere. Racconto sempre la storia di Janine. È un rimorso che mi porto dentro. Il rimorso di non aver avuto il coraggio di dirle addio. Di farle sentire, in quel momento che Janine stava andando a morire, che la sua vita era importante per me. Che noi non eravamo come gli aguzzini ma ci sentivamo, ancora e nonostante tutto, capaci di amare. Invece non lo feci. Il rimorso non mi diede pace per tanto, tanto tempo. Sapevo che nel momento in cui non avevo avuto il coraggio di dire addio a Janine, avevano vinto loro, i nostri aguzzini, perché ci avevano privati della nostra umanità e della pietà verso un altro essere umano. Era questa la loro vittoria, era questo il loro obiettivo: annientare la nostra umanità.
Dopo aver letto questo brano ho subito inserito Fino a quando la mia stella brillerà, il libro da cui è tratto, nella mia lista dei desideri.
Inoltre oggi Giovy ha riproposto la foto qui sotto...


... già pubblicata anni fa nel suo blog; si tratta di un dettaglio del "Monumento dell'Olocausto" di Arbit Blatas, presente nel Ghetto Ebraico di Venezia. Ed ha aggiunto le seguenti parole che mi sembrano estremamente, urgentemente attuali.
Non sottovalutiamo i piccoli rigurgiti di razzismo, fascismo ed intolleranza che ogni giorno vediamo, perchè tutto è nato così, separando gli ebrei dagli "ariani", gli omosessuali dai "normali", gli zingari dagli "stanziali". Ed oggi, qualcuno sta cercando di separare gli immigrati dagli "italiani", come se l'essere nati in un posto piuttosto che in un altro ci rendesse migliori.
Siamo solo più fortunati, non migliori.
Non dimentichiamo. E non facciamo in modo accada di nuovo.

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