giovedì 25 ottobre 2018

Una mentalità pro-grammatica

Lunedì scorso ha avuto luogo la sesta edizione della Giornata ProGrammatica. Come si può intuire dalla G maiuscola, "programmatica" non va inteso tanto in questo senso qua, quanto come pro-grammatica, cioè "a favore della grammatica". Trattasi di un evento che Radio 3 – La Lingua Batte ha organizzato in collaborazione con i Ministeri dell'Istruzione, Università e Ricerca MIUR, degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale MAECI, l'Accademia della Crusca, la CRI – Comunità Radiotelevisiva Italofona e skuola.net.
Su RaiPlay Radio sono stati pubblicati alcuni video brevi ma istruttivi (in effetti un testo scritto richiederebbe ancor meno tempo per essere letto, ma magari non rimane altrettanto impresso rispetto al multimediale).
  • Valeria Della Valle (Università di Roma La Sapienza – Treccani) si occupa del famigerato piuttosto che usato erroneamente con valore disgiuntivo anziché comparativo/eccettuativo, del duplice significato della congiunzione ovvero, e del pronome e aggettivo dimostrativo codesto, usato quasi esclusivamente in Toscana e nel linguaggio burocratico.
  • Alessio Ricci (Università di Siena – Sede di Arezzo) illustra la funzione di tipo comunicativo che nell'italiano moderno ha acquisito la virgola, nonché i molteplici significati dell'aggettivo importante.
  • Vincenzo D'Angelo (Università della Calabria) spiega come si scrive il plurale di parole come valigia e provincia, e si occupa inoltre del sostantivo internet.
  • Altri argomenti trattati: la punteggiatura e in particolare i due punti (Luca Serianni, Università di Roma La Sapienza – Lincei), l'apostrofo (Matteo Motolese, Università di Roma La Sapienza), i migratismi (Laura Ricci, Università per Stranieri di Siena), la prassi di usare l'asterisco come forma di rispetto antisessista, es. car* collegh* (Silverio Novelli, Portale Treccani.it).
A me dà un sacco fastidio l'abuso degli anglismi quando se ne potrebbe benissimo fare a meno: l'immagine qua sotto, pubblicata da GRAM-MODI, rende perfettamente l'idea.


Per quanto mi riguarda, dal momento che lavoro in una multinazionale dove l'inglese è fondamentale, devo fare i conti tutti i giorni con obbrobri come fittare (dal verbo fit), mandatorio (da mandatory, perché dire tassativo è così out!) e deploiare (qualunque traduzione italiana del verbo deploy non sarebbe così brutta).
Sullo stesso argomento, ecco un video che fa sorridere ma anche riflettere.

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