mercoledì 14 maggio 2014

Il mondo dietro le sbarre

Giorni fa, trovandomi presso il reparto di Radiologia dell'ospedale, ingannavo l'attesa smanettando con lo smartphone... che infatti all'ora di pranzo era già "in riserva". Solo ogni tanto alzavo gli occhi per guardarmi attorno, e in uno di quei momenti il mio sguardo ha incrociato quello di un uomo abbastanza giovane che stava entrando in reparto, ammanettato e scortato da agenti in divisa: palesemente un detenuto giunto lì per sottoporsi a qualche esame diagnostico. Chissà di quale crimine si sarà mai reso colpevole quell'uomo, forse qualcosa di grave... ma in quella circostanza non sono riuscita a provare per lui nient'altro che un'amara compassione. Sì, perché lui si trovava a dover vivere sotto gli occhi di estranei un momento importante di un'esperienza assolutamente delicata e personale come la malattia. Alcuni dei presenti si saranno limitati a restare indifferenti al suo passaggio, altri come me l'avranno guardato con una certa benevolenza, altri ancora invece con freddezza e magari un senso di superiorità. Sono consapevole che esigenze di pubblica sicurezza non consentono di condurre i detenuti in ospedale in condizioni più "discrete"... ma sarebbe assai più umano un mondo in cui ciò fosse possibile.
Nel mese di febbraio il mio prof di fotografia si è rivolto a noi membri del gruppo Facebook per reclutare volontari disposti ad assisterlo come tutor da affiancare ai detenuti in un corso di fotografia che si sarebbe dovuto tenere presso il carcere di Pescara. In genere aderisco volentieri a tutte le iniziative proposte da Stefano, però in quel caso non me la sono sentita: il mio lato pavido e diffidente ha preso il sopravvento, lo ammetto. Ma dopo che il corso ha preso il via mi sono resa conto, da quel che mi è stato raccontato al riguardo, di essermi lasciata sfuggire una preziosa opportunità di arricchimento reciproco. Quei ragazzi, secondo quanto mi è stato riferito, sono mediamente piuttosto in gamba: hanno "solo" commesso il grave errore di prendere una cattiva strada, e adesso rischiano di uscire dal carcere, che non è certo un ambiente dei più sani a dispetto della teorica finalità di redimere il reo, persino peggiori di quando ci sono entrati, magari in seguito a reati di poco conto. Mi auguro che le conoscenze acquisite grazie a questo corso, rivolto in via preferenziale ai detenuti prossimi a finire di scontare la pena, possano aiutarli a trovare un lavoro onesto quando torneranno a piede libero.

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