È notizia di oggi: «Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha deciso che l’anarchico Alfredo Cospito dovrà rimanere al regime carcerario del 41-bis, respingendo l’istanza di revoca che era stata presentata dall’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini. Cospito, detenuto prima nel carcere di Sassari e ora in quello di Opera a Milano, sta facendo da più di cento giorni uno sciopero della fame contro il regime carcerario a cui è sottoposto. La decisione di Nordio era ampiamente attesa ed era già stata anticipata pubblicamente dal ministro».
Il caso Cospito è divenuto assai discusso nelle ultime settimane, soprattutto dopo l'inqualificabile discorso del deputato di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli, imbeccato dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Io al riguardo sono abbastanza combattuta: è vero che reati così gravi meritano una pena esemplare, ma è fuor di dubbio che un regime severo come il 41-bis contrasti con l'articolo 27 della Costituzione – secondo il quale «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato» – e se abbinato all'ergastolo ostativo mi sembra perfino peggiore della pena di morte, non ammessa dal nostro ordinamento.
A tal proposito condivido un aforisma di Fëdor Dostoevskij...
Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.
... e il testo dell'Amaca di Michele Serra pubblicata su Repubblica il 4 febbraio scorso con il titolo L'uomo che non sa che lavoro fa.
Come si fa a spiegare a uno come Andrea Delmastro concetti come “diritti dei detenuti”, “doveri dello Stato” e - addirittura - “Costituzione”? E come è possibile fargli capire che se un parlamentare, in carcere, incontra un mafioso al 41 bis, non si tratta di un “inchino alla mafia”, ma dell’accertamento delle condizioni di una persona detenuta, prerogativa concessa a tutti i parlamentari (ne fece ampio uso il Salvini per portare solidarietà, in carcere, a svariati sparatori di ladri?)
La risposta è semplice: non è possibile spiegargli niente di tutto questo. Non gli interessa capirlo, non vuole capirlo, gli costerebbe troppo capirlo. Decidete voi quale di queste ipotesi è la più probabile. Io propendo per la terza: ci sono persone che non possono permettersi il lusso di capire quello che stanno dicendo, quello che stanno facendo. Ne sarebbero sopraffatte.
Il problema è che questo signore è viceministro della Giustizia, ma l’importanza e le responsabilità del suo incarico sembrano sfuggirli. Benevolmente, possiamo supporre che intenda servirsi della sua carica per avvantaggiare la sua fazione e danneggiare l’opposizione - non sarebbe il primo. Ma è un’ipotesi fausta. Quella infausta è che Delmastro sia un uomo che non sa che lavoro fa. Crede di essere ancora il giovane e animoso fascista di Gattinara (Vercelli) che fu in gioventù. Qualcuno gli spieghi che, entrando nel governo di Roma, ha giurato fedeltà alla Costituzione, e soprattutto gli spieghi che cos’è. I suoi amici - ne avrà pure - capiscano che è una persona bisognosa di soccorso e di buoni consigli. Di qui in poi può solo peggiorare la sua posizione.
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