venerdì 20 luglio 2018

Grammar Nazi quando serve

Poiché ho tendenzialmente l'indole da grammar Nazi, dedico il post di oggi ad alcuni errori di grammatica piuttosto comuni, e anche ad altri che invece errori non lo sono affatto, sebbene parecchia gente li consideri tali.
A te dà fastidio che, ad esempio, ci si riferisca alla titolare del dicastero della Salute Giulia Grillo chiamandola "ministra"? In realtà si tratta di una forma femminile del tutto corretta; al riguardo segnalo una discussione riportata da Adotta anche tu un analfabeta funzionale.


Questo articolo de Il Libraio si concentra su un diffuso "orrore" linguistico: scrivere "qual'è" con l'apostrofo. Se devo essere sincera, alla grammar Nazi che è in me questo non dà particolarmente fastidio: se la considerassimo un'elisione, ossia «la caduta della vocale finale, segnalata dall’apostrofo, prima di una parola che comincia per vocale», ci potrebbe anche stare. Il fatto è che si tratta di un troncamento, vale a dire «la caduta di una vocale o di una sillaba, alla fine di una parola, che avviene indipendentemente dal fatto che la parola seguente cominci per vocale o per consonante, e che di solito  – di solito – non vuole l’apostrofo»: ecco perché è sbagliato.
Nella prima persona plurale del presente indicativo del verbo sognare (come pure disegnare, ecc.) ci va o no la i? Sì che ci va, come spiegato su GRAM-MODI:
Sebbene la "i" non sia necessaria dal punto di vista fonetico, si ritiene generalmente preferibile la grafia "disegniamo" (come anche per "sogniamo", "regniamo", "segniamo", "designiamo" e per tutti gli altri verbi in "-gnare"), in quanto la desinenza verbale per la prima persona plurale del presente (indicativo o congiuntivo) è "-iamo". Da "lodare" abbiamo infatti "lodiamo". Tuttavia per alcuni verbi questa "i" è muta, come ad esempio in "cacciamo", "vegliamo" e "mangiamo", dove la "i" grafica modifica il suono delle consonanti che precedono. I verbi in "-gnare" mantengono la "i" per uniformità.
Un altro post di GRAM-MODI dà ragione alla sottoscritta che, quando scrive "sé stessi", mette sempre l'accento (acuto) sulla e anche nei casi in cui la regola me ne dispenserebbe, ovvero quando non sono possibili ambiguità con la prima e la seconda persona singolare del congiuntivo imperfetto del verbo stare.
Quando senti dire «Se io starei» ti si rizzano in modo automatico i peli delle braccia? Beh, questo articolo sottolinea che in taluni casi è del tutto corretto che dopo il "se" – questo sì, sempre senza accento – ci vada il condizionale anziché il congiuntivo.
A proposito di congiuntivi, capita a fagiuolo l'"idea regalo" per l'estate suggerita da Morte del congiuntivo...


Infine, da PlacidiAppunti, ecco la foto di un pannello a messaggio variabile dell'ANAS che ricorda il "leggendario" «Ragioniere, batti lei?» di Filini a Fantozzi.

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