A quasi otto anni dalla sua prima missione spaziale, Samantha Cristoforetti è tornata in orbita, destinazione la Stazione Spaziale Internazionale. @AstroSamantha è sempre di più il mio idolo: ha raggiunto un sacco di traguardi che io oramai posso solo sognarmi. In pratica solo la laurea in ingegneria ci accomuna: per il resto lei è riuscita a realizzare quello che è il sogno un po' di tutti i bambini, diventare astronauta, ha un curriculum impossibile da riassumere in poche righe, parla correntemente diverse lingue, e tra un impegno e l'altro è pure riuscita a diventare mamma, due volte.
Nella foto qui sotto, scattata prima del lancio, saluta con un tenero bacio i figli Dorian Lev, in braccio al papà Lionel Ferra, istruttore di astronauti all'Agenzia Spaziale Europea, e Kelsi Amel.
Una parte di me ha pensato: non la invidio affatto, perché dovrà stare lontana per almeno sei mesi dai suoi bambini. Da Kelsi Amel, che è nata nel 2016, ma soprattutto da Dorian Lev, che ha un anno o poco più: a quell'età nel giro di pochi mesi si cresce tantissimo, e restare in contatto tramite videochiamata non è certo come essere fisicamente insieme (tengo a precisare che avrei pensato la stessa cosa se si fosse trattato del papà di un bimbo piccolo, perché la figura paterna non è mica secondaria). Comunque Samantha ha la fortuna di avere un compagno perfettamente in grado di badare ai figli in sua assenza, diversamente da tante, troppe donne che dopo essere diventate madri sono costrette ad accantonare le proprie legittime aspirazioni professionali perché mal si conciliano con la maternità, o al contrario (il mio caso è più simile a questo) si sforzano di soffocare gli ultimi ticchettii dell'orologio biologico, perché nella coppia entrambi lavorano a tempo pieno e non potrebbero contare sull'aiuto di parenti e amici. Mi auguro che Samantha, che è riuscita a realizzarsi professionalmente come poche altre senza per questo sacrificare la sfera personale, possa con il suo esempio e la sua esperienza fare da apripista affinché le prossime generazioni di donne non si trovino davanti a una scelta che potrebbe essere foriera di rimpianti, in un senso o nell'altro.
e che il posto di lavoro non sia una camera a gas dove ogni legittima aspirazione sfiorisca
RispondiEliminaA proposito, proprio l'altro giorno mi è capitato di guardare un video che spiega in breve come il "workaholism" – traducibile in modo non altrettanto efficace come sindrome da dipendenza dal lavoro – sia nocivo.
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