giovedì 9 luglio 2020

La tragica ironia della vita

Anche oggi vado parecchio sul personale... ma in questo periodo va così!
Ieri, munita di mascherina, guanti in lattice (inutili e fastidiosi) e spray disinfettante, sono tornata a prendere i mezzi pubblici – trovandoli decisamente meno affollati rispetto a come li ricordavo – perché avevo una visita di controllo a Milano da una dottoressa specializzata in disturbi del sonno. Il mio problema – le cui cause sono ben lungi dall'essere chiarite – era ed è tuttora che, da quando per poco non lasciai le penne sull'asfalto dell'A14, non sono mai più riuscita a fare un sonno ininterrotto e realmente ristoratore. Non dico dodici ore, come ero solita fare ai tempi d'oro, mi accontenterei delle canoniche otto ore, tempo minimo consigliato per mantenersi in buona salute... e invece niente: mi sveglio sempre, sistematicamente almeno una volta, e spesso faccio fatica a riaddormentarmi. E dopo quasi quindici anni di questa manfrina, la cosa inizia a pesarmi sul serio.
A febbraio, in occasione della prima visita, la dottoressa mi prescrisse una terapia abbastanza blanda a base di melatonina, che anche in condizioni normali dubitavo potesse fare granché effetto, avendo già provato prodotti analoghi sebbene di marche diverse... poi l'ansia da lockdown e soprattutto lo strazio per la perdita di mia madre hanno peggiorato drasticamente la qualità del mio sonno. Anche se in fin dei conti dormo un numero di ore sufficiente, il fatto è che mi sveglio in continuazione, gli incubi mi perseguitano, e mi alzo quasi più stanca di quando mi sono coricata. Ho raccontato tutto (piangendo) alla dottoressa, la quale ha subito capito: stavolta ci vuole qualcosa di più forte per contrastare la tendenza all'ansia e alla depressione che mi sta rendendo praticamente impossibile condurre una vita normale.
Sul referto la dottoressa ha specificato il principio attivo del nuovo farmaco, dopodiché ho contattato il mio medico curante via WhatsApp per farmi mandare il codice della ricetta da presentare in farmacia (una delle poche innovazioni positive introdotte per effetto della pandemia)... e quando la farmacista mi ha chiesto «Ha mai preso [nome commerciale del farmaco]?» sono rimasta un attimo spiazzata prima di riuscire a rispondere «No».
Ebbene, [nome commerciale del farmaco] lo prendeva mamma negli ultimi anni della sua vita. Quasi quasi avrei voluto chiedere alla farmacista «Non è che esiste anche il generico?». Ma niente, si vede che è destino che per superare il dolore per la perdita di mia madre mi ci voglia lo stesso farmaco – a dire il vero uno dei tanti – che prendeva lei...
Strano a dirsi, lì per lì è stata sufficiente la consapevolezza che nei prossimi mesi potrò contare sull'aiuto di questo farmaco per darmi la sensazione di stare meglio... anzi, non esageriamo, meno peggio: certo che quest'effetto placebo è davvero potentissimo! Ma poi mi è bastato ricordare che esattamente quattordici anni fa ho assistito alla vittoriosa finale dei Mondiali di calcio insieme a mamma e papà nel paesino dove oggi riposano entrambi, per scoppiare di nuovo in lacrime...
[La vignetta che apre il post l'ho trovata per caso in Rete, ma mi si addice perfettamente]

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