lunedì 6 maggio 2019

Bambini in divisa?

Per la serie "le riforme imprescindibili di cui il Paese non può fare a meno", il ministro dell'istruz... ehm, dell'interno Matteo Salvini ha dichiarato di voler reintrodurre l'obbligo del grembiule nelle scuole «per evitare che vi sia il bambino con la felpa da 700 euro e quello che ce l'ha di terza mano perché non può permettersela».
Io se ben ricordo il grembiule dovetti portarlo fino alla quarta elementare, liberandomene con un certo sollievo in quinta. Di sicuro non serviva affatto ad annullare le disuguaglianze, dal momento che non esisteva un fornitore unico per tutti ma ciascuna famiglia poteva comprarlo dove preferiva, e quindi alcuni alunni ce l'avevano di qualità migliore e altri più "scrauso", e persino il colore variava parecchio. Quanto all'effetto positivo su ordine e disciplina invocato dal wannabe premier... ma dai, chi vogliamo prendere in giro?!
La miglior risposta a Salvini la scrisse una cinquantina d'anni uno che di bambini se ne intendeva: il grande scrittore per l'infanzia Gianni Rodari. È almeno da stamattina che vedo circolare viralmente sui social l'immagine del suo articolo, e ne riporto qui di seguito la trascrizione.
GREMBIULE SÌ O NO
Ho seguito, su un grande giornale, una piccola polemica. Questa parola deriva dal greco «polemos», che voleva dire «combattimento». Ma per fortuna le polemiche giornalistiche si fanno senza bombe atomiche, con la penna o con la macchina per scrivere.
Dunque, un noto professore di pedagogia (che sarebbe la scienza dell'educazione) si diceva contrario all'obbligo per gli scolari di indossare il grembiulino, col collettino, col fiocchettino: la tradizionale uniforme dentro la quale i bambini dovrebbero sentirsi tutti uguali di fronte al maestro, ma che contrasta con la personalità, lo spirito di indipendenza, la libertà dei bambini. Due madri di famiglia gli rispondevano sottolineando i vantaggi del grembiulino: economia, praticità, igiene, impossibilità (per le bambine specialmente) di fare sfoggio di vanità.
Voglio entrare anch'io nel «combattimento». Sono armatissimo, perché ho chiesto l'opinione dei maestri che conosco. «Se non ci fosse il grembiulino, i bambini poveri avrebbero l'umiliazione di mostrare le loro toppe nei pantaloni ai bambini ricchi, vestiti come figurini». Questo ragionamento non mi convince. La povertà va abolita, non nascosta. Bambini con le toppe nei pantaloni non ce ne dovrebbero essere più, ecco tutto. [Abolire la povertà... uhm, mi ricorda qualcosa! ;-) NdC]
Un altro maestro mi ha detto: «Il grembiulino aiuta la disciplina. Che cosa ne diresti di un esercito senza divisa, un soldato col maglione rosso, un caporale con il gilè a fiorellini?». Nemmeno questo ragionamento mi convince: la scuola non è una caserma. E sulla disciplina bisogna intendersi bene: secondo me una classe non è veramente disciplinata quando ascolta immobile e impassibile le spiegazioni del maestro, pena un brutto voto in condotta, ma quando sta facendo una cosa interessante, così interessante che a nessuno viene in mente di guardare dalla finestra, o di tirare le trecce alle bambine, o di leggere un fumetto sotto il banco.
Un grembiule, o magari una bella tuta da lavoro, mi sembra indispensabile se si fa del giardinaggio, se si usa la macchina per stampare (molte scuole la usano), se si fanno pitture grandi con grandi pennelli, per non sporcarsi. Cioè, accetto il grembiule dove e quando è utile e necessario. Come simbolo di uguaglianza, disciplina eccetera non lo capisco. Il fiocco, poi, dà proprio fastidio. In certe scuole lo fanno portare lungo lungo, largo largo. Prima si vede il fiocco, poi il bambino che c'è dietro. Ma forse in quelle scuole li fanno scrivere col fiocco, invece che con la penna. Senza offesa per nessuno, ho detto la mia. Se non siete d'accordo, non tiratemi le pietre: tiratemi i collettini bianchi, che fanno meno male.

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