sabato 9 febbraio 2019

Un modello da seguire

Ieri ho ricevuto riscontri incoraggianti per il mio futuro professionale... e il caso ha voluto che nello stesso giorno la pagina NASA Image of the Day al cui feed sono iscritta pubblicasse la foto di una mia illustre "collega", un'autentica apripista in un settore rimasto per lungo tempo pressoché riservato ai maschi: la statunitense Mary Jackson (1921–2005).

Mary Jackson iniziò la sua carriera ingegneristica in un'epoca in cui gli ingegneri di sesso femminile di qualsiasi estrazione erano una rarità. Nel 1951, quando venne assunta dall'agenzia che precedette la NASA, la NACA, poteva benissimo essere l'unico ingegnere aeronautico nero di sesso femminile [non ho scritto "l'unica ingegnera nera" perché il femminile "ingegnera" mi suona male; comunque ho trovato una scheda al riguardo sul sito dell'Accademia della Crusca, NdC] nel settore. Per quasi due decenni godette di una carriera ingegneristica, nella quale fu autrice o coautrice di una dozzina di rapporti di ricerca, la maggior parte focalizzata sul comportamento dello strato limite dell'aria attorno agli aeroplani.
Nativa di Hampton, in Virginia, si laureò presso l'Hampton Institute nel 1942 con una doppia laurea in Scienze matematiche e fisiche, e accettò un lavoro come insegnante di matematica. Nel 1951 la Jackson venne assunta per lavorare nella sezione segregata West Area Computing del Langley Memorial Aeronautical Laboratory. Dopo due anni nel gruppo di elaborazione dati, Mary Jackson ricevette un'offerta per lavorare per l'ingegner Kazimierz Czarnecki nel Supersonic Pressure Tunnel di 4 piedi per 4 piedi, una galleria del vento da 60.000 cavalli in grado di sottoporre modelli a dei venti che si avvicinavano al doppio della velocità del suono. Nel 1958 divenne il primo ingegnere nero di sesso femminile della NASA. Nello stesso anno fu coautrice del suo primo rapporto, Effects of Nose Angle and Mach Number su Transition on Cones at Supersonic Speeds.
Il servizio alla comunità era importante tanto quanto il lavoro. Negli anni '70 aiutò i giovani del club scientifico del King Street Community Center di Hampton a costruire la propria galleria del vento e ad utilizzarla per condurre esperimenti. «Dobbiamo fare qualcosa del genere per farli interessare alla scienza», disse in un articolo per il giornale locale. «A volte non sono consapevoli del numero di scienziati neri, e non conoscono neppure le opportunità di carriera finché non è troppo tardi».

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