venerdì 1 febbraio 2019

Filoxenia

Ieri, grazie a un mio "facciamico" che ha recentivo positivamente La vela di Odessa di Luciano Piazza, ho imparato una parola nuova, una parola bellissima: filoxenia, dal greco φιλεῖν (phileîn), "amare", e ξενία, stessa radice di ξένος (xenos), "straniero". Eccola spiegata dallo stesso autore del libro.
Già, nei posti dove il turismo, di massa o meno, non ha ancora devastato le coste e l’anima delle persone, capita ancora che un’imbarcazione da diporto venga accolta con gentilezza, quasi con familiarità. Non che pretenda di essere atteso sul molo con corone di fiori e ceste di frutta come nella più fasulla iconografia nautica, ma è innegabile che spesso nei porti nostrani è la scortesia il biglietto da visita che si riceve quando si porgono le cime. I greci chiamano filoxenìa l’atteggiamento benevolo nei confronti dello straniero; l’esatto contrario della xenofobia. Il Mar Nero – e ancora di più l’Egeo – dimostra come anche in posti del mondo non del tutto sperduti possa ancora essere riservata un’accoglienza benevola a chi arriva dal mare.
Sotto il post del mio amico qualcuno ha lasciato un commento interessante: perché non xenofilia, che è forse più naturale mettere in relazione con il concetto tristemente attuale di xenofobia? E qualcun altro ha risposto: perché nella parola filoxenia la base è il concetto di xenia. Mentre la xenofilia – che per inciso ha una categoria dedicata su Wikipedia – è in pratica un sinonimo di esterofilia, la filoxenia presuppone il concetto di ospitalità, cura, accoglienza, rispetto per lo straniero. Per chi è lontano da casa.
E insomma, un altro libro da aggiungere alla mia sempre più lunga lista dei desideri... :-)

Nessun commento:

Posta un commento