A poche settimane dall'inizio della stagione balneare e dalla fatidica prova costume, le televisioni si rivolgono al pubblico femminile proponendo spot che sostengono che «la cellulite è una malattia», ovviamente finalizzati a consigliare l'acquisto della tal crema che promette di far miracolosamente sparire la famigerata pelle a buccia d'arancia (detto per inciso, per quanto ne so, gli unici rimedi realmente efficaci al riguardo sono i trattamenti specifici che richiedono determinate apparecchiature disponibili solo nei centri estetici).
Non trovo affatto carino che, pur di vendere un prodotto, si faccia leva in maniera così sfacciata sui complessi relativi all'aspetto fisico che albergano nell'animo della maggior parte di noi donne. Tanto più che, secondo Wikipedia, dicesi malattia «un'alterazione dello stato fisiologico e psicologico dell'organismo, capace di ridurre, modificare negativamente o persino eliminare le funzionalità normali del corpo»... e non mi sembra proprio che un semplice inestetismo possa rientrare in questa definizione, a meno che non ci si riferisca alle ripercussioni negative che tale difetto può avere sulla psiche, e che vengono indubbiamente alimentate da messaggi pubblicitari così "terroristici". Anche sul blog Vita da casalinga si è parlato dell'incauto utilizzo del termine malattia.
Quale migliore occasione per ricordare un vecchio post di Sw4n? Si intitolava Cosa voi donne ignorate sulla cellulite, e lo salvai sul mio hard disk prima che il blogger lo "perdesse per strada" nei numerosi traslochi da una piattaforma all'altra. Dapprima l'autore esponeva il concetto che agli uomini della cellulite «Non ci importa niente, per noi non esiste nemmeno». In seguito si complimentava con lo sconosciuto «inventore della cellulite», il sadico genio che è stato capace di «imporre alla stragrande maggioranza della popolazione femminile un guaio estetico incurabile e non visibile, trasformandolo in una ossessione e in una priorità per cui bisogna spendere soldi e tempo», «un finto prodotto che, testa a testa con Padre Pio, è una delle operazioni di marketing più di presa di tutti i tempi».
Personalmente cerco di non lasciarmi condizionare più di tanto dagli inestetismi, smagliature comprese. Ahi ahi, le smagliature, per quelle no che non c'è rimedio... Meno male che, come ha riferito l'altro giorno Selvaggia Lucarelli, ci ha pensato nientepopodimenoché la showgirl Elena Santarelli a sdoganarle, postando su Twitter due foto delle sue cosce smagliate e dando addirittura un nome a ciascuna delle antiestetiche striature. Beh, se persino una donna che ha basato la sua carriera sulla bellezza non ha remore a mostrare le proprie imperfezioni, allora perché mai noialtre "comuni mortali" dovremmo farcene una malattia?! ;-)
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