sabato 11 febbraio 2023

Emozioni a Sanremo

Anche quest'anno a ciascuna delle co-conduttrici del Festival di Sanremo è stato concesso il momento del monologo, giusto per dar loro modo di dimostrare che non erano lì solo per ricoprire il ruolo delle belle statuine, ma avevano addirittura qualcosa da dire. Fastidiosamente autoreferenziale l'influencer Chiara Ferragni, la quale stasera torna sul palco dell'Ariston e non vedo l'ora (si fa per dire) di scoprire cos'altro si inventerà, intensa e impegnata la giornalista Francesca Fagnani, che – l'ho scoperto solo adesso – è da dieci anni la compagna del ben più anziano e noto collega Enrico Mentana, schietta e autentica, a dispetto del "gobbo" che non essendo del mestiere leggeva con poca disinvoltura, la pallavolista Paola Egonu. Ma quella che mi ha colpita di più in positivo, ieri sera, è stata l'attrice e scrittrice – ha pubblicato quattro romanzi – Chiara Francini, che fino a quel momento non mi era piaciuta: nemmeno la sua evidente toscanità era riuscita a rendermela simpatica... e io tipicamente i toscani li adoro! ;-) Comunque si è riscattata alla grande appunto col suo monologo, ahimè andato in onda a notte fonda, ben più tardi rispetto allo spazio concesso alle sue colleghe; ho potuto guardarlo in diretta solo perché oggi non lavoro e non dovevo svegliarmi presto.

Arriva un momento nella vita in cui è chiaro che sei diventato grande: quando hai un figlio.
Ora io un figlio non ce l'ho, però credo che sia una di quelle cose dopo la quale è chiaro che non potrai essere più giovane come quando avevi sedici anni, con il liceo, la discoteca e il motorino. E c'è un momento in cui tutti intorno a te cominciano a figliare. È una valanga.
Ma... inizia sempre da una che lo sapevi che sarebbe diventata mamma prima di tutte. Nel mio caso, la Lucia.
C'è stato un giorno, dopo qualche anno dalla fine del liceo, che la Lucia mi aveva chiesto di vederci. Era pomeriggio, eravamo al bar della piscina, e lei mi guardava tutta emozionata, e io anche un pochino perplessa di tutto questo entusiasmo. Stava lì e non diceva nulla. E poi a un certo punto, con una faccia che non le avevo mai visto mi fa: «ODDIOOOOO!!! Finalmente te lo posso dire! Sono incinta!».
Incinta. Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata, non sai mai che faccia fare. Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata, c'è come qualcosa che ti esplode dentro, una specie di buco in mezzo agli organi vitali, e mentre accade tutto questo tu devi festeggiare, perché la gente incinta è violenta, e vuole soltanto essere festeggiata. E non c'è spazio per la tua paura, per la tua solitudine: tu devi festeggiare. Come l'albero di Natale che tengo nel mio salotto, un albero di Natale sempre acceso, un albero di Natale assolutamente insensato che continua ad accendere le sue lucine anche a luglio, fuori tempo massimo. Una festa continua senza nessuna natività. E io ho festeggiato. «Ma dai, Lucia, ma è stupendo!»... e poi, non sapere più che cosa dire.
E quello era soltanto l'inizio, perché di lì a poco mi pareva che tutti intorno a me avessero avuto, stessero avendo, o avrebbero avuto un figlio. Passeggini, passeggini ovunque. Un esercito di donne coi capelli corti e di maschi stempiati con la panza che spingono passeggini con dentro neonati mostruosi e pieni d'amore. E io, e io, e io che continuavo a fare le mie cose sempre meglio, con sempre più persone che mi guardavano e mi amavano.
E poi. E poi io a un certo punto mi sono accorta che se non mi sbrigavo io forse un figlio non ce l'avrei mai avuto. E che anche se mi sbrigavo, poi, non era mica detto. Perché poi anche quando ti decidi poi, magari, il corpo ti fa il dito medio e allora tu pensi di aver aspettato troppo, di essere una fallita.
La parte più difficile di fare un figlio è immaginarselo. Immaginarsi come sarà. E se poi fa delle cose che io non condivido? E se poi viene troppo diverso da me? Beh, nel mio caso di sicuro verrà diverso da me!
Ma io [entra in scena una carrozzina] vorrei sapere come faccio con te, bambino. Ancora non sei nato, ancora non so neanche se riesco a farti nascere che già non ci capiamo?
Io te lo dico, eh? Avere una mamma come me ti creerà soltanto un sacco di problemi. Io so, e quasi spero, che se sarai maschio sarai gay, e io t'amerò senza una fine. Però forse preferirei che non lo fossi, perché per te sarà più difficile, e io vorrei che per te fosse facile.
Ti prego, vienimi su brillante, con la battuta pronta. Odia, odia, odia ciò che si deve odiare, odia l'ingiusto, odia il male, perché è soltanto con quell'odio lì che si fanno le cose. Non è vero che si fanno con l'amore. Sì, con l'amore si fanno certe cose, ma il grosso si fa con quell'odio lì. Profondo, viscerale, instancabile. Ti prego, non essere una di quelle creature troppo buone, perché sennò dovrai passare tutta la vita a difenderti, e c'è il caso che tu venga una creatura meno capace di guardare, meno capace di camminare. Io vorrei fare come la mia mamma, che non mi ha mai preso nel suo lettone. Piangerai nel tuo letto. Devo essere abbastanza forte da lasciarti piangere. Non devo essere debole.
Ma lo vedi come parlo? Come se tutto dipendesse da me, come se tu non esistessi ancor prima di esistere.
Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, perché non mi sono mai sposata e perché non ho avuto figli. Io lo so che razionalmente non è così, però c'è questa voce, esiste, e io alla fine penso che abbia ragione lei, che io sia sbagliata.
E io già lo so, bambino, tu mi porterai via tutta la creatività, tutta la luce, ci sarai soltanto tu al centro della scena e io sarò una semplice comparsa e poi diventerò grande e poi diventerò vecchia e non potrò più far finta che il tempo non stia passando, perché ci sarai tu a ricordarmi in ogni momento che la mia gioventù è finita. E io penso che mi farai così felice che poi non mi farai mai così felice, perché è così che vanno le cose della vita: non sono mai come te le eri aspettate. E io t'aspetto e ti desidero così tanto che sarai per forza una delusione.
Ma come parlo...? Ma che mamma sono? No, ancora non sono una mamma...
Ma quanto m'è costato diventare come sono? E quanto costerà a te?
E in mezzo a tutto questo bisogno di arrivare, in mezzo a questo amore, a questa vita io, io forse non so più dove metterti.
O forse penso che sei tu che non vuoi venire da me, perché pensi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita.
Ma io volevo soltanto essere brava, io volevo soltanto essere preparata, io volevo soltanto che tu fossi fiero di me.
Anche se ancora non ci sei.
Forse, perché ci sei sempre stato.

Ebbene, quasi tutti questi concetti ed emozioni li sento molto miei. L'idea di avere un figlio non l'ho ancora accantonata definitivamente, anche se sono più grande di tre anni rispetto alla Francini, ma sono ben consapevole che se avessi l'incredibile colpo di fortuna di diventare mamma non potrei di certo mantenere il mio attuale impiego, che mi vede fuori casa per quasi dodici ore al giorno con rarissime occasioni di smart working. Purtroppo né io né il mio compagno possiamo contare sull'aiuto di parenti e amici; nessun nido ti tiene i bambini così a lungo, bisognerebbe sopperire con le babysitter... ma se fai un figlio per affidarlo a persone estranee e vederlo solo all'ora di cena, quando magari sei troppo stanca e stressata per dedicargli tutto l'affetto e l'attenzione che merita, allora non è forse meglio lasciar perdere? La pressione sociale fortunatamente non la sento più di tanto... anche se qualche anno fa mi sono beccata una frecciata tanto più terribile perché inattesa da una persona cara che oggi non c'è più, e se ci ripenso sento ancora un male cane.

Meno di un mese fa mi sono sottoposta a un accertamento ginecologico. Il medico mi ha domandato da quanto tempo non avessi il ciclo e io, illudendomi che fosse una normale conseguenza della (in fin dei conti piccola e non preoccupante) cisti ovarica che mi era stata riscontrata, ho risposto «Dall'inizio di novembre». Dalla reazione del dottore ho capito che non era affatto normale: «Può darsi che lei stia entrando in menopausa», è stato il responso che finora avevo negato a me stessa, e che mi ha colpita come uno schiaffo. Guarda caso, pochi giorni dopo il ciclo è ritornato... ma so bene che alla mia età le probabilità di rimanere incinta, portare a termine la gravidanza senza problemi e partorire un bimbo sano si affievoliscono di mese in mese. Cosa dire... c'est la vie. :'-(

A proposito di belle sorprese di questo Festival, un accenno se lo merita anche Tananai. Quando l'altra sera si è esibito per la prima volta presentando una classicissima canzone d'amore, peraltro interpretata pure decentemente dal momento che il giovanotto ha preso lezioni di canto per far dimenticare le tremende stecche dell'anno scorso, la prima reazione della sottoscritta, che finora l'aveva apprezzato in vesti ben più scanzonate, è stata di delusione: ma che è 'sta roba?!

Ebbene, devo ammettere che non avevo capito niente. Il brano in realtà è la struggente storia di un amore a distanza fra un uomo e una donna separati dalla guerra in Ucraina; lo si poteva intuire dal testo, che parla di «palazzine a fuoco» e rivendica che «noi non siamo come loro» ("loro" sono i russi invasori, immagino). E il video è commovente come pochi.

Qualche settimana fa Tananai, che l'anno scorso si era classificato ultimo diventando però popolarissimo nei mesi successivi, ha annunciato scherzosamente, riguardo all'eventualità di poter fare il "bis": «Io ultimo? No, mo' basta. Se capisco che sto arrivando ultimo, mi faccio squalificare». Ma non dovrebbe esserci questo rischio, visto che quest'anno lui è piazzato piuttosto bene in classifica. Secondo me merita il podio, senza dubbio più di... Ultimo, da me ribattezzato 4 anni fa "nomen omen" (e da allora non ho cambiato idea).

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