giovedì 12 maggio 2022

Poteva andare peggio

Stasera guidavo sulla strada del ritorno con in mente un programma di cose da fare che, rispetto alla giornata a dir poco impegnativa trascorsa in ufficio, era roba di tutto riposo: fare il pieno di benzina, poi una volta a casa dare l'acqua alle piante sul terrazzo (adesso che il sole tramonta tardi lo posso fare tranquillamente anche al rientro dal lavoro), preparare la cena, e poi godermi in santa pace la seconda semifinale dell'Eurovision Song Contest. In prossimità dell'uscita dalla statale, mi sono accorta che il pedale della frizione all'improvviso era diventato "moscio"; avrei dovuto scalare le marce, ma ingranarle era diventata un'impresa. In un modo o nell'altro, nonostante il panico che mi aveva assalita, sono riuscita a percorrere qualche centinaio di metri, fino a raggiungere un parcheggio dove mi sono finalmente fermata in una posizione poco consona, ma di rimettere in moto per posteggiare meglio non c'è stato verso.

Ho subito telefonato al mio amore per chiedere aiuto e lui, dopo aver diagnosticato a distanza la rottura della molla reggispinta o come accidenti si chiama, e aver sentenziato che non poteva essersi rotta così di colpo (a suo dire avrei dovuto accorgermi prima che qualcosa non andava), mi ha invitata a verificare che la mia polizza assicurativa includesse il soccorso stradale. Così era, allora ho telefonato al numero verde spiegando la situazione, e assicurandomi che il carro attrezzi potesse portare l'auto alla mia officina di fiducia. Per indicare di preciso dove mi trovassi, ho inviato la mia posizione tramite WhatsApp al numero che l'operatrice mi aveva gentilmente fornito. Inevitabilmente mi è venuto da pensare: chissà come si faceva anni fa, quando non esistevano gli smartphone con tutte le loro innumerevoli funzionalità, e neppure i "semplici" cellulari per chiamare i soccorsi quando ci si trovava in giro? Si chiedeva aiuto agli altri, è la risposta che mi è stata data sui social. Lo trovo un interessante spunto di riflessione... ma lascio ad eventuali commentatori il compito di svilupparlo, ché adesso sono veramente KO!

P.S.: Dopo che il carro attrezzi ha portato l'auto al deposito, dal quale domattina dovrebbe raggiungere l'officina del mio meccanico, sono tornata a casa col mio compagno che era venuto a recuperarmi. Ma oramai era buio: le piante sul terrazzo dovranno aspettare...

4 commenti:

  1. In effetti era così: ci si fermava dove capitava e si chiedeva aiuto a chi era di passaggio. Oppure ci si incamminava in cerca di un telefono pubblico. Io ho preso la patente a 18 anni nel 1988 e per qualche anno ho guidato (ero anche un discreto girandolone) senza avere il cellulare (l'avrei acquistato qualche anno dopo ma non ricordo di preciso quando). Una volta mi è capitato di incorrere in un guasto alla macchina di sera, su una strada di collina in cui non passava nessuno. Eravamo in quattro ma all'epoca nessuno aveva il cellulare, quindi ci siamo incamminati e, dopo circa tre quarti d'ora a piedi, siamo arrivati in paese, siamo entrati in un bar e io ho chiamato casa col telefono pubblico del bar. A pensarci oggi, sembra tutto così assurdo, eppure questo era. E prima che dilagasse il cellulare era prassi più che normale.

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    1. A pensarci bene non avrebbe potuto essere diversamente, e di sicuro avrei fatto lo stesso anche io, se mi fosse capitato all'epoca. Ma con la testa che ho oggi mi viene naturale farmi tutta una serie di "seghe mentali": e io che sono troppo timida e refrattaria a chiedere aiuto, e la gente che è diffidente nei confronti degli estranei, oppure al contrario potrebbe essere disposta ad approfittarsi di chi è in difficoltà...

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  2. È perfettamente normale nutrire questo stupore, oggi, pensando a quando i cellulari non esistevano. Come hai bene detto tu, tutto sta in quel "con la testa che ho oggi". Se non sbaglio, tu sei più giovane di me e - immagino - avrai avuto il tuo primo cellulare prima di me. Io credo che per chi, come me, ha vissuto entrambe le situazioni (senza cellulare e poi con cellulare) sia più facile farsi una ragione del fatto che c'è stato un periodo in cui non esistevano, proprio perché quell'assenza l'ha vissuta. Per un nativo digitale di oggi, invece, credo sia impossibile, o comunque estremamente difficile, concepire questa cosa.

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    1. Sì, sono più giovane di te, ma non poi di molto: a casa avevamo il televisore a tubo catodico (in bianco e nero!) e il mitico telefono grigio a disco della SIP. E il mio primo cellulare è arrivato qualche anno dopo la patente (ma al contrario di te non ero affatto una girandolona). Di certo non posso definirmi una nativa digitale, anche se cerco di tenermi al passo con le innovazioni. Ad alcune, come i cellulari, mi sono abituata fin troppo bene. Il problema è che ormai la tecnologia va troppo veloce per me, e concetti come le criptovalute e gli NFT non mi vogliono entrare in testa...

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