Era da un po' di tempo che mi chiedevo come mai si chiamassero vaccini dei preparati che, a differenza dei farmaci che dovremmo essere abituati a farci somministrare fin dall'infanzia, non istruiscono il sistema immunitario a contrastare virus (es. COVID-19) e batteri (es. tetano), bensì malattie come i tumori. Ieri la dottoressa Alice Rotelli ha chiarito il mio dubbio pubblicando questo post.
È da poco iniziata la fase 1 della sperimentazione di un vaccino a mRNA per il trattamento del tumore al polmone non a piccole cellule. La fase 1 mira a valutare sicurezza e tollerabilità del farmaco.
Il tumore del polmone non a piccole cellule è il terzo più diagnosticato nel nostro Paese e il primo per mortalità (fonte: rapporto AIRTUM 2023, Associazione Italiana Registri Tumori). È causato principalmente dal fumo di sigaretta e dall'inquinamento.
In questo caso, il vaccino a mRNA prodotto dall'azienda BioNTech, non ha scopo preventivo, bensì TERAPEUTICO: viene cioè somministrato nei pazienti che hanno già avuto una diagnosi di tumore polmonare, con lo scopo di riconoscere dei marcatori tumorali specifici e combattere così le cellule che li presentano.
Viene chiamato "vaccino" perché di fatto istruisce il nostro sistema immunitario a riconoscere e combattere una neoplasia, come fanno i vaccini comuni nei confronti di virus e batteri.
Alla sperimentazione al momento partecipano 7 Paesi, per un totale di 130 pazienti con tumore polmonare in diverse fasi (iniziale, avanzata, metastatica, recidivante). Per il primi risultati, dovremmo pazientare circa un anno e mezzo. Nel frattempo, cerchiamo di PREVENIRE il tumore NON FUMANDO, che è la cosa migliore.
Manco a farlo apposta, la dottoressa si è imbattuta in due post pubblicati da un tizio – che, da quel che sono riuscita a scoprire cercando il suo nome e cognome (quest'ultimo sembra piuttosto raro), dovrebbe essere un politico veneto, e per giunta medico no-vax radiato dall'ordine...
... e quindi stamattina si è sentita in dovere di ritornare sulla questione con un nuovo post.
Ho spiegato ieri il perchè le nuove terapie a mRNA per il trattamento dei tumori vengono chiamate "vaccini".
Non è così difficile da capire.
Sono chiamate "vaccini" perché, di fatto, istruiscono il nostro sistema immunitario a riconoscere e a combattere una neoplasia, come fanno i vaccini comuni nei confronti di virus e batteri.
Se volete, qui trovare un approfondimento sull'immunoterapia oncologica.
Credo che continuare a mettere in discussione tali concetti e vederci l'ennesimo complotto "per abbindolare la gente" sia malafede e pericolosa disinformazione per il singolo cittadino e la salute pubblica.
A questo punto, per COERENZA, i novax dovrebbero rimanere fedeli alle loro convinzioni ed affermazioni: se troveranno una cura efficace per i tumori e se loro si ammaleranno, mi aspetto che la rifiutino.
Troppo comodo infangare, gettare discredito sulla ricerca scientifica, circuire la povera gente e poi affidarsi ai trattamenti validi ed efficaci.
A me pare che medico radiato e ricercatrice dicano due cose diverse ma ugualmente condivisibili.
RispondiEliminaIl medico dice “un vaccino previene la malattia, non la cura”. La dottoressa dice “il vaccino insegna al sistema immunitario a riconoscere la malattia (in questo caso le cellule cancerose)”.
Anni fa avrei considerato la questione pura semantica, una mancanza di volersi intendere sull’uso di una parola (vaccino), e me ne sarei disinteressato ritenendola futile.
Se ben ricordi anche all’epoca del vaccino anti-COVID venne fuori la disputa se questo fosse effettivamente un vaccino. E infatti all’epoca ignorai la questione…
Anni dopo (mi pare inizio 2023, ma potrei sbagliarmi) però scoprii che, almeno da un punto di vista scientifico/burocratico, la questione non era irrilevante. In pratica i test di sicurezza previsti per i vaccini sono meno numerosi di quelli necessari per approvare un nuovo farmaco.
Credo che anche nel caso attuale il vera dubbio dietro all’apparentemente insignificante diatriba sull’“è o non è un vaccino” nasconda il reale nodo della questione: ovvero quali e quanti saranno i controlli sulla sicurezza del nuovo prodotto.
Ai tempi della pandemia ho avuto l'impressione - ma metto le mani avanti, ne so poco o nulla e questo non è assolutamente il mio campo - che la procedura di approvazione dei vaccini sia avvenuta seguendo criteri meno restrittivi, riguardo a efficacia e possibili effetti collaterali, rispetto a quelli consueti a causa dell'urgenza di combattere il virus, altrimenti ci sarebbero voluti anni e nel frattempo chissà quanti morti in più ci sarebbero stati.
EliminaSì, certamente all'epoca le procedure per ottenere l'approvazione dei nuovi farmaci furono semplificate e accelerate. Il mio punto però è sulle conseguenze di chiamare un farmaco "vaccino" perché, se considerato tale, è soggetto a controlli diversi per ottenere l'approvazione.
EliminaCome ho scritto nel mio precedente commento credo che sia questo il vero oggetto del contendere...
Non so se l'approvazione di una vaccino segue una trafila meno restrittiva rispetto ad altri tipi di farmaci, ma da questa pagina pubblicata sul sito dell'Istituto Superiore di Sanità sembrerebbe di no. E comunque non era un argomento usato dall'ex dottor Szumski, il quale si è limitato a dire "se cura ma non previene non è un vaccino". :-)
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