Oggi si è conclusa l'ennesima settimana lavorativa super-stressante. Dopo essere rimasta disoccupata all'inizio del 2021, e dopo aver trovato successivamente un altro impiego ben prima di quanto mi sarei mai aspettata, non ci penso nemmeno a sfidare la sorte dando le dimissioni senza avere già tra le mani una concreta alternativa valida, ma mi auguro che non mi giudicherai ingrata nei confronti del destino, o peggio sfaticata, se confesso che in questo momento non vedo l'ora di andare in ferie!
Leggo la storia di Serena Sanfilippo, brianzola di origini palermitane, che ha lasciato il posto fisso di terapista della neuropsicomotricità in età evolutiva all'ospedale di Merate e si è trasferita con marito e cane nella più vivibile Sicilia, dove lavora decisamente meno – e ha più tempo per sé – a parità di potere d'acquisto, e mi rendo conto che una vita più serena è possibile. Poi penso anche che, se fossi coerente con me stessa, dovrei almeno considerare le cosiddette dimissioni di coscienza, che consistono nel mollare il lavoro se non è in linea con i propri valori; non scendo nei particolari, ma ci sono aspetti nel mio attuale impiego che mettono in crisi l'"obiettrice di coscienza" che è in me. Inoltre mi rendo conto che i problemi sul lavoro, sia miei sia del mio compagno, interferiscono con il nostro rapporto, e questo non va mica bene...
Riporto qui di seguito la trascrizione di un frammento di una conferenza dello psichiatra Vittorino Andreoli.
La più frequente aggressività o violenza che noi usiamo, la rivolgiamo alle persone a cui vogliamo bene. I litigi, arrivare a casa, magari dal lavoro, un po' frustrati per quello che non ti ha salutato, per il non riconoscimento avuto, per tutto quello che voi sapete. E spostiamo quella frustrazione su quelle persone che condividono la vita con noi, i figli, i legami, i compagni, le compagne, tutto questo.
P.S.: La "colonna sonora" del post è gentilmente offerta da Tricarico.
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