Notizia dell'ottobre scorso: in una classe prima di un istituto tecnico di Rovigo alcuni alunni hanno sparato pallini di gomma con una pistola ad aria compressa – che di certo non è letale, ma immagino faccia un male cane, all'anima ancor più che al corpo – contro la professoressa di scienze durante l'ora di lezione, riprendendo tutto con il cellulare e postando la "prodezza" in chat. Ai miei tempi – e non sto parlando di un secolo fa, l'esame di maturità l'ho sostenuto nel 1995 – una roba del genere sarebbe stata inimmaginabile, non soltanto perché i videofonini erano ancora un miraggio e se anche fossero esistiti magari la gente avrebbe avuto il buon senso di non utilizzarli per immortalare momenti dei quali c'è solo da vergognarsi, ma anche perché i ragazzi non si sarebbero azzardati a tanto, ben sapendo di rischiare una severa punizione soprattutto da parte dei genitori. In questo caso, al contrario, la famiglia di uno dei giovani coinvolti ha presentato un ricorso interno alla scuola, e il provvedimento di sospensione nei confronti dei responsabili è stato annullato.
L'altro giorno la comica Luciana Littizzetto, che come non tutti sanno prima di dedicarsi a tempo pieno mondo dello spettacolo aveva svolto per anni un mestiere tanto importante quanto delicato e difficile, quello appunto dell'insegnante, nel corso di una trasmissione radiofonica ha fatto un'affermazione a dir poco controversa:
Certo, il gesto che è stato fatto è assurdo e violento, però questa gestione non so se è stata utile o non inutile. Non so, questa situazione mi ha fatto riflettere su quanto siano cambiati i tempi in parte da quando insegnavo io. Io ho insegnato per nove anni. Durante questi anni di insegnamento, in una scuola periferica di Torino, nessuno mi ha mai sparato. Però è vero che c’erano delle classi che erano particolarmente turbolenti, tiravano anche gessetti. Ma non ho mai pensato di convocare, denunciare, scrivere ai giornali. Era una faccenda mia personale e della scuola e mi dicevo ‘o imparo a gestire le classi difficili con le mie forze o è meglio che cambi mestiere’. Poi l’ho cambiato perché mi piacevano altre cose, ma devi imparare ad avere a che fare con questi energumeni.
Qualcosa di non troppo dissimile dal "se l'è cercata" che perseguita molte donne vittime di stupro e molestie. Addirittura mi tocca dare ragione a Matteo Salvini che l'ha criticata, e questo a "Lucianina" non potrò mai perdonarlo! ;-) Luciana, ascoltami, ecco un consiglio spassionato: se non ti viene in mente nulla di valido da dire su una questione di attualità, cosa che da anni ti capita sempre più spesso, è meglio il silenzio.
Comunque le parole definitive su questa vicenda le ha pronunciate Viola Ardone, insegnante e scrittrice napoletana, autrice de Il treno dei bambini. Poiché l'articolo de La Stampa che le riporta integralmente è dietro paywall, ecco la sintesi fatta da Lorenzo Tosa.
Tra noi docenti per dire che uno ci sa fare con i ragazzi usiamo quest'espressione: ‘Sa tenere la classe’. Chi sa tenere la classe è come un capitano scaltro che conosce i venti e regola le vele per portare ogni giorno di ogni quadrimestre di ogni anno la nave in porto, possibilmente con tutti i passeggeri a bordo (…)
Il fatto è che però governare la nave diventa sempre più difficile di anno in anno. Forse perché quella barca si sta facendo un po' troppo affollata: non ci siamo solo noi e loro a condividere lo spazio e il tempo della lezione, ma anche altre presenze immateriali ma non per questo meno invadenti. Ci sono i genitori, ad esempio, che qualche volta si ergono a difensori strenui dei loro figli anche quando sono indifendibili. E poi i telefonini, che come moderne Sirene di Ulisse minano continuamente l'attenzione, confondono la rotta e rendono incerta la navigazione. E infine c'è una certa idea dell'insegnante che è quel povero diavolo pagato pochi spiccioli e che in cambio si gode tre mesi di vacanza e fa un lavoro che in fondo sapremmo fare tutti. Poco più di un bersaglio da tirassegno, messo nel baraccone che è la scuola a destreggiarsi tra le mille emergenze quotidiane per l'intrattenimento dei ragazzi.
E credo che, tra tutti, sia questo il colpo più doloroso. Quello di una professione sempre più misconosciuta, sempre più bersagliata, e non solamente dagli alunni.
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