In effetti parecchi di questi termini non mi sembrano poi così insoliti, anzi alcuni li uso con una certa frequenza quando parlo e soprattutto quando scrivo: ad esempio antelucano, astruso, bislacco, gaudio, lapalissiano, manfrina, maramaldeggiare, panegirico, postprandiale.
Ho invece la netta impressione di non aver mai sentito prima parole come abbacare, abbambinare, abiatico, barbigi, bolgetta, bordaglia, brolo, broscia, bruzzaglia, buonamano, burbanza, carbaso, cica, conquidere, flagizio, labbreggiare, malazzato, masticabrodo, pulzellaggio, quarterone, rugliare, tralatizio, ultroneo. Ma non mi sembrano poi così indispensabili! ;-)
Ho selezionato le parole che, desuete o meno che siano, a prescindere dal fatto che le conoscessi già oppure no, trovo meritevoli di un impiego più ampio nella lingua italiana, perché gli eventuali sinonimi o espressioni equivalenti non mi sembrano altrettanto efficaci. Le elenco qui di seguito, sempre in rigoroso ordine alfabetico, accompagnate dalle definizioni corrispondenti.
- acribìa
- Esattezza, meticolosa precisione.
- afróre
- Odore acre che emana dal mosto in fermentazione o anche da altri corpi o sostanze.
- albagìa
- Alterigia, presunzione, boria che deriva da una considerazione troppo alta di sé.
- ampollóso
- Gonfio, ridondante, affettatamente prolisso e ricercato. Anche di chi ama vantarsi o di chi, pieno di sé, parla di qualunque argomento in modo ricercato.
- anòdino
- [Attenzione all'accento sulla prima o, NdC] In medicina, antidolorifico, riferito a sostanza che ha azione calmante. Senza carattere, insignificante, che non prende posizione decisa, che non esprime un parere netto.
- barbògio
- Di uomo assai vecchio e mezzo rimbambito, brontolone. Per estensione, di cosa da vecchi melensi.
- bólso
- Di persona, asmatico, che respira male, e per estensione debole, fiacco. Di stile, componimento, eloquenza e simile, gonfio, che ostenta una forza che non ha.
- cogitabóndo
- Pensieroso; si dice specificatamente di chi mostra d'avere qualche grave pensiero che lo preoccupa.
- dabbenàggine
- Credulità, ingenuità, semplicioneria. Qualità di uomo dabbene, semplicità d'animo e di mente.
- facóndia
- Facilità e abbondanza di parola (talvolta eccessive), specialmente in pubblico.
- fanfaróne
- Chi si vanta di aver compiuto o di poter compiere grandi imprese di cui non è realmente capace; spaccone, millantatore, smargiasso.
- gagliòffo
- Di persona buona a nulla, sciocca e ignorante o goffa.
- girandolàre
- Girare qua e là senza un fine determinato, girellare, aggirarsi. Fantasticare, farneticare.
- ignàvo
- Pigro, indolente nell'operare per mancanza di volontà attiva e di forza spirituale; codardo.
- invacchìre
- Riferito a persona, inaridirsi, perdere la vivacità e la produttività dell'ingegno, per cui si rende meno di ciò che s'era lasciato sperare. Con altro senso, diventare pingue, floscio, pesante nel corpo e tardo nei movimenti e nell'azione.
- meriggiàre
- [Mai trovato se non nella poesia Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale, NdC] Stare in riposo, all'aperto e in luogo ombroso, nelle ore calde del meriggio.
- misoneìsmo
- Atteggiamento di avversione verso ogni novità, soprattutto nel campo politico e sociale, ma anche nella letteratura, nelle arti, nel costume.
- mólcere
- Lusingare, dare un piacere soave e segreto all'animo, al cuore; anche, lenire, mitigare affanni, preoccupazioni e simili.
- pleonàstico
- Atti e comportamenti che si ritengono inutili, superflui, non necessari.
- plètora
- Eccedenza, eccesso, esuberanza, sovrabbondanza, surplus. In linguaggio medico eccesso patologico di sangue (poliemia).
- postergàre
- Gettarsi una cosa dietro le spalle, non darsene pensiero, omettere di farla. Posporre una cosa a un'altra.
- quèrulo
- Lamentoso, detto di persona che si lagna (soprattutto se con frequenza o abitualmente), dolendosi di torti ricevuti, dell'avversità della sorte.
- resipiscènza
- Letteralmente il ravvedersi, riconoscendo l'errore in cui si è caduti. Pentimento, ravvedimento, rinsavimento.
- riottóso
- Litigioso e insofferente di ogni norma e disciplina, ribelle alle imposizioni e ai consigli.
- sacripànte
- Per antonomasia, uomo di alta statura e corporatura molto robusta, dall'aria fiera e minacciosa, che incute timore e soggezione.
- salapùzio
- Uomo piccolo di statura, che si rende ridicolo per l'atteggiamento saccente. [Non può non venirmi in mente un certo politico di centrodestra ;-) NdC] È termine di uso raro, quasi soltanto come reminiscenza del noto verso di Catullo: Di magni, salaputium disertum! (a proposito del poeta Licinio Calvo).
- santimònia
- Modo di vivere, di pensare e di agire casto e morigerato. Oggi raro, e solo con connotazione negativa, santità di vita ostentata e non sincera, bigottismo.
- sciamannàto
- Disordinato, sciatto negli abiti, nella persona e nel portamento. Più genericamente, con riferimento al modo di agire, di operare. Come sostantivo, soprattutto per indicare la trascuratezza, il disordine.
- sciaràda
- [Non è solo un gioco enigmistico, NdC] Problema, questione, situazione complicata e inestricabile, difficile da risolvere.
- scilinguàre
- Parlare in modo confuso, barbugliare, balbettare; pronunciare male, non chiaramente, suoni e parole.
- sesquipedàle
- Enorme, gigantesco, mastodontico.
- sicumèra
- Sussiego, presunzione.
- smargiàsso
- Chi si vanta di qualità che non ha e di poter fare cose di cui non è capace; spaccone, fanfarone.
- solipsìsta
- Chi ha un atteggiamento di soggettivismo estremo, o chi non vede che il proprio mondo, ignorando o trascurando quello degli altri.
- stoltilòquio
- Discorso stolto, o da persona stolta.
- tignóso
- Affetto da tigna. Avaro, spilorcio. Persona vile, dappoco, spregevole.
- truìsmo
- Verità ovvia, evidente, indiscutibile, tale che è o sarebbe ridicolo enunciarla o superfluo spiegarla.
- ubbìa
- Pregiudizio, credenza o convinzione infondata che è causa di idee, timori, sospetti non giustificati.
- ùggia
- Ombra, mancanza di luce e di sole nociva alla vegetazione. Noia, tedio, sensazione di fastidio e di irrequietezza. [Mi sovviene Una giornata uggiosa, famoso singolo di Lucio Battisti, NdC]
- villanzóne
- Persona molto villana, rozza e maleducata.
- vilùppo
- Intreccio confuso di fili, nastri, capelli o altri elementi allungati. Insieme intricato e confuso di fatti o elementi non materiali.
- zibaldóne
- Vivanda composta di molti e svariati ingredienti. Scartafaccio in cui si annotano, senza ordine e man mano che capitano, notizie, appunti, riflessioni, estratti di letture, schemi, abbozzi. [Da cui il titolo dell'opera del Leopardi, NdC]
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