Anche se di norma mi ritengo abbastanza aggiornata sui fenomeni virali che imperversano sul web, fino a ieri sera ero completamente all'oscuro del video hard diffusosi poco più di un anno fa: protagonista suo malgrado era una ragazza del napoletano impegnata a praticare del sesso orale all'amante (il quale la filmava) mentre entrambi si prendevano gioco del di lei fidanzato cornuto. Purtroppo quel video non è rimasto confinato nei cellulari dei diretti interessati, ma è stato messo in circolazione non è chiaro da chi – c'è un'inchiesta in corso – e si è diffuso appunto in maniera virale. Tra gli elementi di maggior successo di quel video, oltre agli espliciti contenuti erotici, c'era la frase che lei sussurrava all'amante: «Stai facendo un video? Bravoh». La giovane è stata travolta dall'eco mediatica della sua performance intima, ma ha cercato di reagire chiedendo e ottenendo che il video incriminato venisse rimosso dal web in nome del diritto all'oblio; inoltre era sul punto di costruirsi una nuova vita in un'altra regione e con una diversa identità, ma alla fine non ha retto alla vergogna: dopo un primo tentativo di suicidio fallito qualche giorno fa, ieri si è tolta la vita impiccandosi con un foulard. Certo, l'adulterio a mio modo di vedere non ammette giustificazioni... ma se quella ragazza non avesse commesso la leggerezza di lasciarsi filmare, e se il video non fosse finito nelle mani sbagliate, lei semmai avrebbe dovuto vedersela solo con la propria coscienza (e magari col fidanzato tradito) anziché con l'implacabile gogna del web, e probabilmente oggi non dovremmo parlarne al passato. Già, la gogna del web: a rendere ancor più squallida questa storia c'è stata la raffica di commenti spietati del tipo «Ha avuto quello che si meritava, la troia». Complimenti a tutte queste "brave persone" per l'autentico spirito cristiano... :-(
E oggi sono venuta a conoscenza di un'altra notizia sconvolgente: a Rimini una diciassettenne in stato di incoscienza perché ubriaca fradicia è stata violentata nel bagno di una discoteca da un ragazzo appena conosciuto; nel mentre le sue "amiche" non soltanto non sono intervenute in suo aiuto, ma hanno filmato lo stupro con lo smartphone per poi mandarlo tramite WhatsApp, e durante la ripresa ridevano, le sciagurate...
Tutto questo a pochi giorni dalla vicenda della sedicenne di Melito di Porto Salvo violentata per tre anni (era appena tredicenne quando cominciò il suo incubo) da alcuni ragazzi del posto – del "branco", guidato dal figlio di un boss della 'ndrangheta, faceva parte anche il fratello di un poliziotto – mentre la comunità locale faceva finta di non vedere e, quel che è peggio, sua madre sapeva ogni cosa ma ha lasciato che tutto passasse sotto silenzio, perché «La rivelazione dei fatti avrebbe provocato un discredito della famiglia e forse avremmo dovuto andare ad abitare in un altro paese». Pur non sapendo cosa prevede la legge al riguardo, mi auguro di cuore che questa genitrice, per la quale usare il termine "madre" mi sembra offensivo nei confronti di tutte le mamme degne di tale nome, vada incontro a una pena esemplare per quello che (non) ha fatto. Un rimorso inestinguibile sarebbe quasi un castigo equo, ma io dubito fortemente che una donna che rinuncia a difendere con le unghie e con i denti la sua creatura dalla ferocia degli uomini, e anzi permette che le violenze si protraggano a oltranza in nome della "buona reputazione", sia in grado di provare un sentimento tanto umano. Ed è stato parecchio sconfortante anche constatare che una "signora" di Melito, intervistata dal TGR Calabria, abbia dichiarato «Sono vicina alle famiglie dei figli maschi. Per come si vestono, certe ragazze se la vanno a cercare». Se a dirlo fosse stato un uomo ci sarebbe stato già di che indignarsi... ma il fatto che parole del genere siano uscite dalla bocca di una donna mi sembra davvero tremendo.
[L'immagine che apre il post è tratta da Aforismario]
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