Ieri mattina, dovendo entrare al lavoro prima del solito, alle 8 e 10 sono uscita di casa e ho fatto un salto all'edicola più vicina: «Scusi, ce l'ha Il Fatto Quotidiano con allegato Charlie Hebdo?». «Già finito, mi spiace». Però, che lettori mattinieri! Stessa tiritera dagli altri tre giornalai che ho visitato lungo il percorso, non a caso scelto più lungo del normale, per arrivare in ufficio. Toh, non avevo idea che così tanta gente sapesse il francese... ;-) [A dire il vero l'edizione italiana riporta almeno le traduzioni dei testi delle vignette] Poco male, comunque: nel pomeriggio ho letto che l'ultimo numero del settimanale satirico francese di cui moltissimi italiani – compresa la sottoscritta, lo ammetto – non avevano praticamente mai sentito parlare prima del tragico attentato di otto giorni fa sarebbe stato ristampato e allegato all'uscita odierna del quotidiano diretto da Antonio Padellaro. Questa mattina è stato sufficiente un tour meno lungo di quello di ieri: già alla seconda tappa sono riuscita ad accaparrarmi una delle ultime due copie rimaste di giornale+supplemento. Evvai! :-)
[Niente selfie, sorry: quei pochissimi che mi scatto preferisco tenerli per me... ;-]
Già ieri sui circuiti peer-to-peer si riusciva a trovare con una facilità irrisoria il fatidico numero 1178 di Charlie Hebdo in formato PDF – chissà se quelli che lo stesso file l'hanno messo in vendita su eBay, dubito in maniera perfettamente legale, oppure quelli che hanno cercato di smerciarne le copie cartacee a prezzi assurdi, hanno fatto buoni affari... ;-) – ma io ci tenevo troppo ad averlo in originale. Perché? Non saprei spiegarlo neanch'io con chiarezza... ma in fin dei conti trovo che le parole scritte da Carlo Gubitosa al riguardo rendano abbastanza l'idea.
Oggi ho fatto un po' tardi, e niente Charlie Hebdo cartaceo. Ma ieri pomeriggio c'era gia' in giro il torrent di un PDF di ottima qualita'.Un'ultima riflessione sul tormentone #JeSuisCharlie, prendendo spunto da un post scritto da Selvaggia Lucarelli al riguardo. Dapprima la popolare opinionista e blogger scrive...
In questo mondo editoriale inedito e paradossale, si fatica a procurarsi a pagamento una rivista tirata in tre milioni di esemplari, ed e' facilissimo dal proprio apparecchio telefonico ottenere in pochi secondi la stessa rivista, gratuitamente e in formato elettronico.
Ma allora mi chiedo: il settore editoriale e' il commercio delle idee, dei pensieri, dell'arte, del nutrimento culturale o il mercato della moda da portare sotto il braccio, dei pezzi da collezione, della carta con valore storico da mostrare ingiallita ai propri nipoti?
Essere Charlie Hebdo non vuol dire essere amanti di quel genere di satira. Vuol dire anche schifarla, disprezzarla, contestarla ma lasciare che chi vuole la pratichi. Il vostro "però" è lo stesso però che sta tra "l'hanno stuprata" e "aveva la minigonna".... e fin qui come si fa a darle torto? Ma poi la nostra lancia una frecciata a...
Quelli che condividono il tormentone di Casalino, quello che "...voi non siete Charlie Hebdo perché vi dichiarate laici ma poi vi sposate in chiesa perché mamma ci tiene e io non sono Charlie perché non ho mai esercitato la satira in faccia a pericolosi integralisti etc...".... e qui no, non sono d'accordo, e non soltanto perché sono tra coloro che hanno condiviso il tormentone di Casalino: escludo che ci si possa paragonare a Charlie a meno di non essere coraggiosi, impavidi, irriverenti, allergici alle ipocrisie e ai compromessi. Se per ipotesi mi fossi trovata nei panni del direttore di Charlie Hebdo o di qualche disegnatore della redazione, io certe vignette non le avrei mai pubblicate: non soltanto per un umanissimo timore delle possibili conseguenze, riguardo alle quali c'erano già state avvisaglie abbastanza chiare, ma perché mi sarei sentita troppo a disagio nel dipingere in quel modo un'entità nella quale moltissime persone ripongono una fede assoluta; più o meno per lo stesso motivo per il quale, malgrado le mie riserve su Paolo Brosio, mi ha dato un enorme fastidio assistere allo scherzo del quale il poveretto è rimasto vittima. Ma il punto più importante è questo: trovo inconcepibile che degli esseri umani possano togliere la vita ai loro simili per qualunque motivo, figuriamoci perché trovano offensive delle vignette...
Essere Charlie Hebdo non vuol dire essere coraggiosi, impavidi, irriverenti. Non vuol dire aver voglia di morire in piedi. Puoi essere Charlie Hebdo anche se accontenti mamma col matrimonio in chiesa, se mandi tuo figlio a catechismo ma credi più a Totti che a Dio, se fai satira sul traffico e ti fanno paura anche le ritorsioni degli automobilisti. Se hai voglia di morire sereno nel tuo letto. Se disegni vignette su marito e moglie. Si può vivere civilmente tra le reciproche ipocrisie, nei compromessi con se stessi , con la propria pavidità. Non siamo tutti eroi. Non siamo tutti persone libere, ed è libertà anche guardare gli eroi dalla finestra e scegliere di rassegnarsi alla propria vilta' o abbracciare un un pensiero più sfumato, più moderato, più seduto.
Tornando al post di cui sopra, Selvaggia lo conclude così, in maniera a mio parere un tantino autocontraddittoria.
Forse no, non possiamo essere tutti Charlie, ma possiamo essere tutti CON Charlie. E piangere se l'eroe che non siamo noi muore in piedi.... e a questo punto mi trova di nuovo d'accordo: probabilmente non sarò mai Charlie, ma di sicuro sono CON Charlie, senza riserve!!!
Nessun commento:
Posta un commento