Nell'ultimo anno le applicazioni dell'intelligenza artificiale hanno fatto passi da gigante... a tal punto che già si parla dell'eventualità che nell'immediato futuro molti professionisti possano veder messo a rischio il loro posto di lavoro: ad esempio i traduttori letterari oppure gli sviluppatori di software, categoria alla quale oramai appartengo (anche se in realtà mi capita di svolgere talmente tante di quelle mansioni diverse che la programmazione occupa meno della metà delle mie ore lavorative).
Se devo essere sincera, mi è capitato di usare ChatGPT per scrivere frammenti di codice in linguaggi che non padroneggio granché. Al primo colpo non funzionano quasi mai come dovrebbero, ed ecco che per rimediare entra in gioco la mia fin troppo umana intelligenza, da sola oppure ponendo alla chat domande sempre più specifiche.
Credo valga più o meno la stessa cosa per le traduzioni: nel mio piccolo per i miei scopi uso spesso Google Translate – che magari non sarà un'AI propriamente detta, ma il concetto dovrebbe essere non troppo dissimile – e la prima versione che ottengo non va quasi mai bene, ma a sistemarla impiego molto meno tempo di quello che mi ci vorrebbe a tradurre tutto da zero.
È prevedibile che questo genere di applicazioni continuerà a progredire a una velocità maggiore di quella con cui umani noi possiamo star loro appresso... ma l'importante secondo me è non restare fermi, non impigrirsi, cercare di sviluppare talenti che nessuna tecnologia attuale è in grado di emulare in modo soddisfacente, imparare a sfruttare l'AI per raggiungere i propri obiettivi in modo più rapido ed efficace senza però lasciarsene sopraffare. Perché se le cediamo il comando, è la fine! ;-)
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