Il 20 marzo – e non il 21, come pensavano in molti – alle ore 22:24 c'è stato l'equinozio di primavera. Considerando l'etimologia del termine equinozio – dalla locuzione latina aequa nox, cioè "notte uguale (per durata) al dì" – verrebbe naturale pensare che la durata delle ore di luce debba essere esattamente uguale a quella delle ore di buio... e allora come mai quel giorno la luce durava già un po' più di dodici ore? (Per la precisione, dove abito io il 20 marzo il sole è sorto alle 6:27 ed è tramontato alle 18:35, mentre il giorno successivo è sorto alle 6:25 ed è tramontato alle 18:36) Il perché lo ha spiegato bene Lorenzo di Chi ha paura del buio? martedì scorso.
Oggi in Italia c'è stata la prima alba di primavera! Ma le ore di luce non saranno esattamente 12, bensì 12:11... 😃
Astronomicamente parlando la primavera è iniziata ieri sera, alle ore 22:24. L'equinozio è infatti un momento ben preciso, un istante caratterizzato dalla equa illuminazione di tutta la Terra e dall'allineamento perpendicolare del terminatore all'equatore.
Il fatto che i due emisferi della Terra siano illuminati equamente non significa però che la divisione notte-dì sia esattamente di 12 ore a 12 ore. Anzi, quel giorno dipende dalla latitudine, e per noi è già passato, era il 17 marzo! Se siete confusi tranquilli, lo ero anche io inizialmente.
Tutto sta nel fatto che il Sole è un disco, e non una luce puntiforme. Impiega quasi 5 minuti a sorgere completamente. Il momento dell'alba è infatti definito come l'istante in cui il primo spicchio solare diventa visibile sopra l'orizzonte, mentre l'alba geometrica si riferisce al centro del disco solare. Che chiaramente sorge ben dopo il primo spicchietto.
La morale è che sì, il giorno dell'equinozio il centro del Sole sta esattamente 12 ore sopra e 12 ore sotto l'orizzonte, ma ci stiamo dimenticando il resto del disco, che sorge un po' prima e tramonta un po' dopo. Questa piccola differenza anticipa di qualche giorno la data "dell'equiluce" di primavera (mia libera traduzione di "aequilux"). Similmente, l'equiluce d'autunno è il 25 settembre, qualche giorno dopo l'equinozio.
Bisogna poi anche considerare la rifrazione atmosferica, che a sua volta rende visibile il Sole anche quando si trova già/ancora sotto l'orizzonte, e che allunga ulteriormente le ore di luce percepite.
In pratica, non è tutto facile come sembra!
Il 2 marzo, ben prima dell'equinozio, Sketchplanations aveva dedicato un post alla parola Apricity, intesa come "il calore del sole invernale".
La sensazione del calore del sole invernale sul viso è un piacere imbattibile. Esiste anche una parola per questo: apricità. Confortante, incoraggiante, rasserenante: è meraviglioso crogiolarsi anche solo per pochi brevi istanti in un bagliore inaspettato, debole ma splendido di luce solare invernale.
Il termine apricity ha origine dal verbo latino ăprīco, "scaldarsi al sole", che a sua volta deriva da ăpĕrĭo. Per questo ho dato per scontato che il sostantivo apricità dovesse esistere anche in italiano – dell'aggettivo aprico, usato in letteratura, ero già a conoscenza – e in effetti non mi sbagliavo.
Questa notte avrà luogo l'evento che per me segna davvero l'inizio della primavera: il ritorno dell'ora legale, che mi regalerà un'ora di luce in più la sera, utile per percorrere con maggiore sicurezza il tragitto lavoro-casa. Per il resto la primavera la considero un'avvisaglia dell'arrivo del caldo, che notoriamente non sopporto, e quindi non faccio certo i salti di gioia. Molti si lamentano del fatto che stanotte si perderà un'ora di sonno... ma domattina non ho nessuna sveglia in programma, quindi ho tutta l'intenzione dormire finché posso per smaltire un altro po' di sonno arretrato, visto che la notte scorsa non ci sono riuscita.
P.S.: Il titolo del post allude alla splendida Fiore di maggio – vabbè che siamo ancora a marzo ;-) – di Fabio Concato.
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