giovedì 2 gennaio 2020

I robot, dalla fantascienza alla realtà

Ricorre oggi un bell'anniversario tondo tondo: il centenario della nascita di Isaac Asimov, scrittore e biochimico sovietico naturalizzato statunitense. Ammetto di non aver mai letto nulla di suo – ennesima imperdonabile lacuna da colmare! – ma lo sento nominare fin da quando ero bambina per via delle sue fantascientifiche tre leggi della robotica.
  1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
Tutto ciò evocava nella mia mente fanciullesca l'immagine di un robot non solo antropomorfo ma dall'indole quasi umana, ben diverso da quelli assai più concreti ma meno sofisticati con cui avrei avuto a che fare molti anni dopo scegliendo l'indirizzo Controlli Automatici all'università.
A proposito, lo sapevi da dove viene la parola robot? Ce lo spiega l'onnisciente Wikipedia.
Il termine robot deriva dal termine ceco robota, che significa lavoro pesante o lavoro forzato [...]. L'introduzione di questo termine si deve allo scrittore ceco Karel Čapek, il quale usò per la prima volta il termine nel 1920 nel suo dramma teatrale I robot universali di Rossum. [...] La diffusione del romanzo di Čapek, molto popolare sin dalla sua uscita, servì a dare fama al termine robot.

1 commento:

  1. Mi hai fatto tornare in mente - ogni tanto ci penso - che, pur essendo io un discreto divoratore di libri, non ho mai letto nulla di Asimov. Libri di fantascienza mi è capitato di leggerne, ma nulla che contemplasse qualcosa di suo. Devo assolutamente rimediare.

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