mercoledì 7 marzo 2012

Un martedì da Oscar

Negli ultimi mesi ho frequentato le sale cinematografiche più assiduamente del solito, solo che mi è sempre mancata l'ispirazione per scriverne. Oggi però mi è finalmente tornata: contento? ;-)
Ieri sono stata per ben due volte al Multiplex Arca di Spoltore, approfittando del conveniente prezzo unico del martedì (4,50 € escluse le proiezioni in 3-D) e del fatto che l'Arca fosse l'unico multisala della zona ad avere ancora in programma due film che ci tenevo troppo a vedere sul grande schermo, anche perché rappresentano entrambi – per usare un'espressione "un tantino" inflazionata ;-) – un atto d'amore verso il cinema del tempo che fu. E, a differenza di ciò che mi capita di solito quando nutro aspettative elevate, questa volta non sono assolutamente rimasta delusa, anzi... :-)
Nel pomeriggio ho visto Hugo Cabret (trailer) del grande Martin Scorsese, accontentandomi della versione bidimensionale dal momento che quella tridimensionale era ormai stata tolta dalla programmazione: peccato, perché di sequenze palesemente pensate per il 3-D ne ho notate parecchie. Mi ha fatto comunque riflettere la scena in cui il pubblico dell'epoca dei fratelli Lumière si spaventa assistendo all'Arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat: agli albori della settima arte non c'era mica bisogno di costosissimi effetti speciali per stupire gli spettatori! :-)
Come mi è sembrato questo film? Beh, la storia, per piacevole che possa essere, passa abbastanza in secondo piano rispetto alle meraviglie visive che si susseguono sullo schermo. Pur non avendo presenti tutti gli altri contendenti agli Academy Awards, immagino che siano strameritati gli Oscar per i migliori effetti speciali, per la migliore fotografia – il pluripremiato Robert Richardson ha disegnato luci e colori deliziosamente rétro – e per la migliore scenografia: complimenti davvero ai nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo per la loro accuratissima ricostruzione di una Parigi tanto realistica quanto magica.
La trama in sintesi: nella Ville Lumière degli anni Trenta Hugo Cabret, un orfanello che vive di espedienti nella stazione di Montparnasse, stringe amicizia con la coetanea Isabelle, il cui padrino nonché padre adottivo è Georges Méliès, titolare di un chiosco di dolciumi. Grazie ad un automa guasto scovato dal padre di Hugo prima di morire e riparato in seguito dall'ostinato quanto ingegnoso ragazzino, i nostri eroi in erba scopriranno i memorabili trascorsi di Méliès come visionario cineasta.
Qualche parola sul cast. I due giovani protagonisti sono Asa Butterfield, i cui occhioni come due fanali avranno toccato il cuore di chiunque abbia visto lo straziante Il bambino con il pigiama a righe, e la già lanciatissima mini-diva Chloë Moretz. Georges Méliès (in questo caso non vale la regola delle consonanti della parola deposito, e la s finale del cognome si pronuncia) è impersonato dal grande attore britannico Ben Kingsley, mentre Sacha Baron Cohen fa la parte (una volta tanto non volgare né trash) del buffo poliziotto che dà la caccia a Hugo. Non mancano comprimari di lusso, da Christopher Lee a Jude Law, quest'ultimo nel ruolo ahimè fin troppo sacrificato di Cabret senior.
E ieri sera, continuando a seguire le tracce di Fulvia Leopardi, è stata la volta di The Artist (trailer), la prima pellicola francese di sempre a conquistare il premio Oscar come miglior film, e che è valsa l'ambita statuetta – come miglior attore protagonista – pure alla rivelazione d'oltralpe Jean Dujardin, irresistibile con le sue "smorfie" da adorabile mascalzone. Anche se, fosse dipeso da me, il premio avrei preferito darlo a Uggy, il simpaticissimo Jack Russell che "interpretava", con espressività difficilmente valutabile secondo i criteri umani ma attenendosi in maniera scrupolosa alle direttive di regia, il miglior amico del protagonista: una performance, la sua, che ridefinisce il concetto di "attore cane"! ;-) La protagonista femminile è l'incantevole Bérénice Bejo, moglie del regista (anch'egli da Oscar) e sceneggiatore del film Michel Hazanavicius. E il cast è arricchito da star hollywoodiane del calibro di John Goodman, James Cromwell, Malcolm McDowell e Penelope Ann Miller.
Si tratta di un film muto e in bianco e nero, ma a quanto pare tale informazione non era universalmente nota, se è vero che alcuni spettatori delusi hanno chiesto il rimborso del prezzo del biglietto! A dire il vero io stessa ero un tantino scettica sul fatto di poter trovare avvincente o divertente un film così particolare, praticamente privo di dialoghi che in genere aiutano a tener viva l'attenzione, eppure mi sono dovuta ricredere: la mimica, la gestualità... e la danza, con l'ausilio di qualche "cartello" ogni tanto che recava scritte le battute dei personaggi, suppliscono adeguatamente all'assenza del parlato. E in queste condizioni è anche più agevole apprezzare il modo in cui la colonna sonora (altro Oscar) si adatta al ritmo e allo spirito della narrazione. Quando Metilparaben ha definito questo film «l'apoteosi del guscio», mi è quasi venuto il dubbio che non l'avesse affatto visto ma si fosse basato solamente sul sentito dire: a mio avviso The Artist è molto di più di un esercizio di stile, per quanto ben riuscito.
La trama in sintesi: con l'avvento del sonoro George Valentin, divo del cinema muto, entra in crisi. Emblematica la prima delle due scene del film che fanno qualche concessione al sonoro: in essa attorno al protagonista risuonano rumori di ogni tipo, voci, risate... e guaiti, mentre Valentin è il solo a rimanere del tutto afono. Sarà Peppy Miller, star dei primi talking pictures, a dare una svolta alla sua carriera... e alla sua vita.
Infine, ti segnalo una simpatica chicca: The Artistifier, un servizio online in grado di trasformare qualunque video di YouTube secondo lo stile di The Artist, convertendo le immagini in bianco e nero e sostituendo all'audio le musiche del film.

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