giovedì 10 ottobre 2024

Non toccateci lo smart working!

Da giorni dentro e fuori dalla mia "bolla" si parla di una rubrica scritta dall'editorialista Massimo Giannini – che apprezzavo come opinionista in varie trasmissioni televisive, ma che a 'sto giro mi ha proprio delusa, peccato – per D di Repubblica. Poiché l'argomento mi riguarda in prima persona, non posso esimermi dall'occuparmene pure io. Siccome è stato lo stesso giornalista a condividere lo screenshot dell'articoletto nel suo account Twitter, ne riporto qui di seguito il testo ricavato con l'ausilio di onlineocr.net, evidenziando e annotando le parti che mi hanno maggiormente colpita (per non dire che "mi hanno fatto girare vorticosamente gli zebedei").

IL MATTINO HA L'ORO IN BOCCA
Non mi ricordo chi, ma qualcuno ha detto che Shining è il più grande film mai fatto sullo smartworking. Io sono d'accordo. Il capolavoro di Kubrick racconta come nessun altro ha mai saputo fare l'effetto diciamo "vagamente distorsivo" che il lavoro da casa produce sulla mente umana. D'accordo: Jack Nicholson/Torrance non era un impiegato ma un aspirante scrittore, non stava nel suo trilocale a Denver ma nello sperduto Overlook Hotel fuori stagione, non passava le giornate a parlare in videocall col capoufficio ma a tormentare la povera Wendy e inseguire i fantasmi del piccolo Danny. Soprattutto, quando quel geniaccio di Stanley decise di trasformare in cinema il claustrofobico romanzo di Stephen King l'idea che milioni di persone potessero lavorare "da remoto", senza mai andare in azienda, era ancora nella mente del dio covid (dal quale tutto questo casino è cominciato).
E però, come sempre quando c'è di mezzo l'arte, quel regista visionario aveva capito tutto. Se ti dimetti da "animale sociale" e ti fai assumere da Zoom, il rischio che tu finisca per tracannarti un po' di cervello è alto [sarà, ma io "sclero" molto di più quando sono in ufficio, NdC]. Non è un caso che quando Jack impazzisce, tra un incontro con un barista immaginario e una visita alla stanza 237, riempie pagine del suo romanzo mai nato con una frase che nella versione italiana suona "Il mattino ha l'oro in bocca", mentre in quella originale dice "All work and no play makes Jack a dull boy".
Io detesto lo smartworking. So che in pandemia ha messo in salvo l'economia. Ma l'umanità? Come ne è uscita, l'umanità? Chiusi dentro quattro mura, in lockdown obbligatorio, l'abbiamo svangata grazie alle meraviglie digitali, e va bene così. Ma adesso? Continuiamo a guardarci sul display e a parlarci con l'airpods? [Gli AirPods, magari... Comunque bravo, pure la "marketta" ad Apple l'hai portata a casa, NdC] C'è grande confusione, in materia. Da una parte Andy Jassy, ceo di Amazon, informa tutti i dipendenti del colosso di Seattle che dal 2 gennaio 2025 si torna alle vecchie abitudini: si ricomincia a lavorare in presenza per cinque giorni a settimana. Dall'altra parte Jonathan Reynolds, ministro dello Sviluppo del nuovo governo laburista di sua maestà britannica, annuncia un rivoluzionario piano di riforma del mercato del lavoro: settimana corta di quattro giorni e "working from home" di default, obbligatorio per tutti. Chi ha ragione? Lo dico col magone, perché considero i Capitalisti della Sorveglianza un pericolo, ma stavolta sto con quel multimiliardario crapulone di Jeff Bezos e del suo amministratore delegato. Certo che da casa pare tutto più comodo [non pare, bisogna che questa informazione ti raggiunga nel mondo fatato in cui evidentemente vivi: è tutto più comodo, NdC]: lavori in pigiama, mentre discuti il budget ti sorseggi la tisana, nelle pause giochi col pupo o porti a spasso il cane. Certo che ti eviti l'inferno metropolitano del traffico [e hai detto niente... Io nell'odiato traffico ci passo oltre due ore al giorno, e lo stress mi sta sfinendo, NdC] e il logorio fantozziano del badge, e risparmi il pieno di benzina [e hai detto niente, parte 2: io spendo circa DUECENTO EURI al mese di benzina, per non parlare dell'usura della macchina, solo per andare al lavoro, NdC] e il tran tran della piadina. Ma ci sono abitudini che non hanno prezzo. Uscire presto, nelle albe fredde d'inverno [Ma allora dillo, che me stai a percula'!!! ;-) NdC]. Guardare negli occhi i colleghi, compreso quello che detesti [l'unico che davvero non sopportavo, il no-vax che ha attaccato il COVID a mezzo ufficio, ha lasciato l'azienda più di un anno fa... ma anche senza vedere tutti i santi giorni gli attuali colleghi più simpatici vivo bene lo stesso, te lo assicuro, NdC]. Trovare le idee migliori, mentre discuti in corridoio, chiacchieri nell'ascensore, cazzeggi davanti alla macchinetta del caffè.
C'è una dimensione sociale, nel lavoro, che nessun device ti potrà mai restituire. Qualche giorno fa, sul New York Times Magazine, ho letto una magnifica inchiesta: "Storia della nostra solitudine". Più casa e meno ufficio, più social e meno contatto fisico, è un mix che fa sentire le persone sempre più sole [in effetti, se non dovessi andare in ufficio, la mia vita sociale – e non social – si ridurrebbe quasi a zero... ma da introversa quale sono non mi peserebbe granché. Se dovesse pesarmi, non andrei al lavoro così malvolentieri, NdC]. Vivek Murthy, responsabile della salute pubblica americana, sostiene che sta scoppiando una vera e propria "epidemia di solitudine", e che la "mancanza di connessione sociale" colpisce più cittadini del diabete e dell'obesità [paragone insensato, dico solo questo, NdC]. Marcus Corbyn, filosofo della Harvard Medical School, aggiunge che rinchiudersi nel bozzolo di un mondo digitale fornisce tutto ciò di cui abbiamo bisogno, tranne la cosa che ci serve di più: il rapporto con gli altri. Ricordatevelo. E ora scusate, ma vado a finire il mio romanzo. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca. Il mattino ha l'oro in bocca...

Concludo con alcuni link a tema:

Già, perché? Perché assecondare i datori di lavoro, soprattutto delle ditte più piccole, che tendenzialmente pensano «Devo vederti in ufficio per essere certo che tu stia lavorando», quando magari sei così stanco e assonnato che avresti lavorato molto meglio a casa, alzandoti un po' più tardi e risparmiandoti un sacco di strada? Perché?

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