Stavo meditando sulla sensazione di profonda solitudine che spesso mi accompagna... quando la mente, seguendo uno dei suoi tipici imprevedibili percorsi, mi ha restituito il ricordo di una poesia di
John Donne che in effetti non ha un legame particolarmente stretto con il mio stato d'animo. A dire il vero non si tratta neanche di una poesia, bensì di un brano tratto dalla
Meditazione XVII che ha ispirato fra l'altro il titolo di un celebre
romanzo di Hemingway. Eccone il
testo in inglese elisabettiano...
No man is an Iland,
intire of it selfe;
every man is a peece of the Continent,
a part of the maine;
if a Clod bee washed away by the Sea,
Europe is the lesse,
as well as if a Promontorie were,
as well as if a Mannor of thy friends
or of thine own were;
any mans death diminishes me,
because I am involved in Mankinde;
And therefore never send to know
for whom the bell tolls;
It tolls for thee.
... la versione "moderna"...
No man is an island,
entire of itself;
every man is a piece of the continent,
a part of the main;
if a clod be washed away by the sea,
Europe is the less,
as well as if a promontory were,
as well as if a manor of thy friends
or of thine own were;
any man's death diminishes me,
because I am involved in mankind;
and therefore never send to know
for whom the bell tolls;
it tolls for thee.
... e la
traduzione in italiano:
Nessun uomo è un'isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
suona per te.
Se mi è venuta l'idea di citare queste righe, è perché mi sembrano un valido spunto per riflessioni importanti e decisamente attuali...
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