Un atteggiamento ben diverso è stato adottato dal Vaticano, che ha paragonato la sospensione dell'alimentazione forzata all'eutanasia. A me sembra invece che il trattamento in questione sia più simile all'accanimento terapeutico, pratica della quale si parla nel Catechismo della Chiesa Cattolica (punto 2278) in questi termini:
L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'"accanimento terapeutico". Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.Ora, alcuni affermano che smettere di alimentare Eluana equivale a condannarla a una morte atroce per fame e sete, ed io non me la sento di escluderlo, per quanto i giudici siano stati rigorosi nel compilare il paragrafo intitolato «disposizioni accessorie cui attenersi in fase attuativa»: Eluana è in grado di aprire gli occhi, chi ci assicura che non sia in condizione di provare dolore? Ma pure se il paziente è un malato terminale non è mica detto che, sospendendo terapie ormai inutili che lo tengono in vita, la morte sopraggiungerà senza terribili sofferenze, a meno che non gli venga somministrata qualche sostanza per rendere il trapasso più rapido e indolore (eventualità esplicitamente condannata dalla Chiesa). Insomma, io penso che in una vicenda così dolorosa e controversa bisognerebbe evitare di prendere posizioni troppo nette...
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