Si vede che parecchi anni fa, prima che l'ispirazione che avevo (o meglio credevo di avere) si perdesse per strada, sognavo di darmi alla narrativa: lo testimoniano diversi racconti conservati sul mio hard disk. Alcuni di essi sono decisamente incompiuti, manca la benché minima annotazione che suggerisca come avevo intenzione di sviluppare l'intreccio, ed è passato così tanto tempo che ovviamente la mia memoria non è di nessun aiuto al riguardo.
Ancora prima, precedentemente all'acquisto del mio primo computer, sottoposi alla rubrica di un certo mensile femminile dedicata alle aspiranti scrittrici un testo battuto a macchina (antiquum! ); si trattava del racconto tendenzialmente autobiografico di una mia infelice cotta adolescenziale. Mi sembrava di aver fatto un buon lavoro (altrimenti non l'avrei mai spedito), e in effetti nel giro di qualche mese ebbi la soddisfazione di vederlo pubblicato sulla rivista, anche se a suo tempo mi diede un po' fastidio il tono vagamente compassionevole con il quale la responsabile della rubrica ne aveva commentato il contenuto (ché alla forma non si poteva dire nulla, modestamente! ).
Rileggendolo oggi, però, non posso che darle ragione: da quel racconto, pieno di contraddizioni tipiche di chi non ha le idee per niente chiare, traspariva un'ingenuità decisamente infantile. Non che a questo punto io abbia capito tutto sull'amore, e so bene che la razionalità ha ben poco a che vedere con esso... ma rileggendo quelle righe mi è venuto da sorridere: a un certo punto, confrontando le mie illusioni di un tempo con l'amara consapevolezza maturata successivamente, scrivevo «ora che non sono più una bambina»! E meno male...
Nessun commento:
Posta un commento