Il summenzionato proverbio si riferisce a Mimì Augello, vice del commissario, il quale aveva fama di gran donnaiolo prima di conoscere Beba, la donna che poi sarebbe diventata sua moglie nonché la madre di suo figlio. Nel libro che ho appena letto Mimì cede all'irresistibile fascino di «una trentina stripitusa, bruna, molto àvuta, capilli longhi supra le spalli, occhi enormi e funnuti, vucca larga, labbra siliconate non da un chirurgo ma dalla natura stissa, denti boni per mangiari carni viva» (pag. 128). La "fìmmina" in questione manovra Mimì come un burattino... ma alla fine Montalbano riesce a gestire da par suo una situazione che rischiava di diventare "perigliosa assà" per il suo vice, agendo come «un puparo che s'arrabbattava a fari funzionari la rappresentazioni come meglio putiva e sapiva» (pag. 272-273).
Chissà com'è che Camilleri si raffigura nella sua mente l'aspetto fisico di Mimì, impersonato nella fiction televisiva dall'affascinante Cesare Bocci. Di sicuro, quando immagina il commissario, non pensa al suo interprete Luca Zingaretti, visto che scrive «Si fici attrovare che si dunduliava avanti e narrè col busto e le mano nei capilli» (pag. 271)!


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