Le foto sono state scattate tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 e sono un modo per riflettere sul rapporto tra uomo e paesaggio.
È dall’inizio del Novecento che il comune di Bussi diventò un centro importante per la produzione chimica italiana, gestita nel tempo da diverse società. Camplone spiega che negli anni ’50 quasi la metà degli abitanti di Bussi lavorava nelle fabbriche chimiche della zona; ora sono state quasi del tutto chiuse e nel 2007 la Guardia forestale ha scoperto una grande discarica abusiva di rifiuti tossici nella Valle del fiume Pescara, diventato un sito di interesse nazionale in attesa di bonifica. Lo scorso febbraio la Corte d’Assise d’appello di L’Aquila ha condannato 10 dei 19 imputati responsabili di Montedison, una delle aziende che hanno operato negli anni nella zona, per i reati di avvelenamento colposo delle acque e di disastro colposo. La sentenza ha modificato quella di due anni prima della Corte d’Assise di Chieti, dove non era stato riconosciuto il reato. Il prossimo 13 marzo 2018 inizierà l’esame del nuovo appello presentato in Cassazione, ultimo grado di giudizio.Le immagini, delle quali riporto qui di seguito una mia personale selezione...
... si inframmezzano a brevi testi esplicativi.
Appunti sulla chimica italiana è un lavoro che ripercorre la stagione dell'industria chimica a Bussi Officina, in Abruzzo.
La memoria mescolata al presente crea una nostalgia disturbata che modifica leggermente il suo significato. Mescolare finzione e realtà, passato e presente, con una fotografia a tratti documentaristica, forense o di archivio, crea un nuovo tipo di storia. Una corrispondenza tra il passato e il presente.
La comunità di Bussi è strettamente legata alla chimica italiana presente nella valle dal 1901
A fine Ottocento Bussi sembra il luogo ideale per sviluppare i brevetti dell'elettrochimica industriale. Attività di produzione con la quale si ottengono atomi e nuove sostanze commerciali a partire da molecole in soluzioni acquose utilizzando l'energia elettrica. Così nel 1898 si comincia a pensare che le falde del fiume Tirino offrano l'opportunità di industrializzazione elettrochimica. Prima la società franco-svizzera Sie, poi Sime, Montecatini, Montedison, Montefluos, Ausimont, ultima nel 2002 la belga Solvay. Intorno al 1950 Bussi veniva chiamata l'El Dorado d'Abruzzo. Gli abitanti di Bussi erano oltre 3500 di cui circa la metà lavoravano in fabbrica. Nel villaggio operaio c'erano scuole, campi da tennis, cinema e centri di aggregazione a disposizione degli operai.
Oggi a qualche decennio dal grande polo chimico che ha seguito tutta la parabola della chimica italiana, rimangono in fabbrica un centinaio di addetti ed una gigantesca discarica di rifiuti tossici e nocivi.
In tutta la sua storia industriale a Bussi Officina si produrrà: cloruro di Sodio, i1 primo in Italia, cloro liquido, tetracloruro di carbonio, cloruro di zolfo e il solfuro di carbonio, entrò in funzione anche un impianto per la produzione di ferro-silicio (corazze per le navi).
Nel 1907 Bussi produce per l'Italia anche l'alluminio con il metodo elettrochimico, utilizzando soprattutto la bauxite marsicana. Con la prima guerra mondiale gli stabilimenti furono convertiti e vennero potenziate la produzione di ferro-silicio, di clorati (esplosivi), di fosgene (da tetracloruro di carbonio per gas asfissianti), ioduro e cloruro di benzile (gas irritanti e lacrimogeni) e di acido benzoico (irritanti). Nel dopoguerra Bussi produrrà l'idrogeno e l'azoto. Il primo fu impiegato per il volo del dirigibile Norge che raggiunse il Polo Nord.
Fino al 1971 le scorie di produzione sono state sversate direttamente nel fiume Tirino. Dal 1971 in poi i rifiuti tossici nocivi sono finiti in tre discariche intorno allo stabilimento industriale.
Nella primavera del 2007, il Comando Provinciale di Pescara del Corpo forestale dello Stato, guidato dall'allora Comandante Dr. Guido Conti, scopriva, sepolta nella Valle del fiume Pescara, la discarica abusiva di rifiuti tossici più grande d'Europa, una superficie grande come venti campi di calcio, per un totale di 500mila tonnellate di rifiuti. Per decenni la discarica di Bussi sarebbe stata destinata a smaltire illegalmente oltre centomila tonnellate di scarti di lavorazione chimiche ed industriali quali: il cloroformio, il tetracloruro di carbonio, l'esacloroetano, il tricloroetilene, triclorobenzeni, metalli pesanti, tanto da essere stata definita una delle più grandi discariche nascoste di sostanze tossiche e pericolose mai trovate.
Corpo forestale dello Stato
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