Mentre ascoltavo l'episodio odierno del podcast Morning, la rassegna stampa del Post condotta da Nicola Ghittoni, a un certo punto mi sono girati vorticosamente gli ammennicoli (non che le notizie sconfortanti oggigiorno scarseggino). Riporto la trascrizione, corredata da un paio di link, della parte incriminata.
Visto che stiamo parlando di fisco [si parlava della scadenza dei termini per il versamento dell'acconto IMU... A proposito, te ne sei ricordato, sempre che la cosa ti riguardi? NdC], ne approfitto per recuperare una notizia che il Sole 24 Ore aveva pubblicato venerdì scorso, e sulla quale il Post è ritornato con un approfondimento. Mi aveva interessato molto, mi era dispiaciuto non avere trovato il tempo di darvela venerdì, e se siete distratti come me magari anche voi non eravate a conoscenza di questa notizia. Qual è la notizia? È che i soldi che eventualmente destinate ad associazioni e ad enti attivi nel sociale con il vostro cinque per mille non vanno tutti agli enti e alle associazioni per i quali li avete destinati, o almeno non necessariamente. E questo perché, ed è questa la scoperta che ho fatto, colpevolmente perché è una situazione che va avanti da qualche anno, perché lo Stato Italiano ha imposto un tetto massimo complessivo di soldi che i contribuenti italiani possono donare tramite il cinque per mille. È un tetto di 525 milioni di euro, ma è un tetto che da qualche anno viene regolarmente sforato, anzi ogni anno che passa viene sforato sempre di più, e i soldi in più che superano questo tetto imposto per legge restano allo Stato, e non vanno al destinatario che avete indicato invece con il cinque per mille.
Facciamo un po' di chiarezza. Il cinque per mille è stato introdotto dalla legge di bilancio del 2006 per finanziare le attività socialmente rilevanti; è un meccanismo simile a quello dell'otto per mille, che è previsto per le confessioni religiose, o quello del due per mille, dato ai partiti politici. Ogni anno nella dichiarazione dei redditi i contribuenti possono indicare a chi destinare una parte, il cinque per mille appunto, delle imposte sul reddito, e in questo modo lo Stato rinuncia a una parte delle imposte per donarla alle associazioni sulla base delle scelte precise dei contribuenti. Per devolvere il cinque per mille, chi di voi l'ha fatto lo sa, e siete, siamo sempre di più, per chi non lo avesse mai fatto, l'indicazione è semplice: basta inserire nel riquadro dedicato della propria dichiarazione dei redditi il codice fiscale dell'associazione che si è deciso di sostenere, e poi firmare. Le donazioni dipendono quindi dal numero di persone che effettuano questa scelta, e anche dal loro reddito; naturalmente più alto è il reddito e più la scelta porterà soldi all’associazione. Vi dicevo, il meccanismo è simile a quello dell'otto per mille, con una differenza che però è una differenza non da poco: che mentre la possibilità di donare l'otto per mille a una confessione religiosa non prevede un tetto massimo, beh, quella del cinque per mille lo prevede. Il caso si era già presentato l'anno scorso, quando le donazioni da parte degli italiani erano risultate di 28 milioni di euro superiori a quelle del tetto massimo: 28 milioni di euro persi. I dati pubblicati venerdì scorso dal Sole 24 Ore ci dicono che questo tetto nell'arco del 2024 è stato sforato di quasi 80 milioni di euro: 79 milioni di euro che non sono andati ad associazioni e a enti attive nel sociale, e che rimangono nello Stato nonostante le indicazioni dei cittadini. E visto che questa tendenza in Italia a scegliere di destinare il proprio cinque per mille è in aumento, sono quasi 18 milioni gli italiani che nel 2024 hanno scelto di destinare una quota della propria IRPEF a enti del terzo settore o a enti di ricerca scientifica, il Sole 24 Ore prevede che al prossimo giro lo sforamento sarà ancora più grande: si supererà quota 100 milioni di euro non impiegati.
E allora per questo le associazioni del terzo settore da tempo chiedono che questo tetto venga semplicemente eliminato. Prendo per tutti la posizione che aveva espresso con una lettera aperta al Sole 24 Ore Daniele Finocchiaro, che è il consigliere delegato della fondazione AIRC, l'associazione italiana per la ricerca contro il cancro, che è una delle associazioni più colpite dai limiti imposti da questo tetto statale. Dice Finocchiaro che l'AIRC, che è la prima scelta nel terzo settore da parte dei contribuenti italiani, sono 1,7 milioni gli italiani che hanno deciso nella dichiarazione dei redditi del 2024 di destinare il cinque per mille all'AIRC, a causa del tetto vede mancare all'appello nove milioni di euro che erano stati espressamente scelti dai contribuenti a favore dell'AIRC, e che invece l'AIRC non riuscirà a percepire. E scrive Finocchiaro: «Questi fondi avrebbero potuto significare il raddoppio dell'investimento per borse di studio, portandolo da 5,6 milioni a oltre 11 milioni di euro, e ridurre tagli a progetti meritevoli in assenza di fondi sufficienti». Dice Finocchiaro, e parla per AIRC, ma è la stessa posizione che hanno espresso, sempre sul Sole 24 Ore, anche rappresentanti di Save the Children o di Telethon. «È frustrante vedere crescere la qualità delle domande di finanziamento e non poter investire le risorse che ci sarebbero state destinate per fare una differenza tangibile nei progetti di ricerca di molti scienziati. Riteniamo imprescindibile che il governo dia pieno seguito alla volontà espressa dai contribuenti adottando con urgenza interventi normativi volti a rimuovere l'attuale tetto».
Mi sono girati gli ammennicoli, dicevo, non soltanto perché trovo che questa faccenda del tetto massimo non stia né in cielo né in terra, ma anche perché anch'io sono da anni fra i contribuenti che scelgono di destinare il proprio cinque per mille all'AIRC, un'associazione che reputo meritoria non soltanto perché, egoisticamente, purtroppo il cancro lo conosco fin troppo bene per motivi familiari, ma soprattutto perché vista l'incidenza di queste patologie nella popolazione investire sempre di più sulla ricerca mi pare sacrosanto. Fossi complottista insinuerei che non vogliano farci vivere troppo a lungo, perché il sistema pensionistico collasserebbe...