sabato 24 marzo 2018

In che mani siamo

[Rispetto all'altro post che intitolai con le stesse identiche parole, la situazione attuale mi sembra addirittura peggiorata]
Oggi è il giorno in cui sono stati eletti i presidenti delle Camere della nuova legislatura: la berlusconiana Maria Elisabetta Alberti Casellati al Senato, e il pentastellato Roberto Fico alla Camera dei Deputati. L'elezione della prima donna nella storia della Repubblica a ricoprire la seconda carica dello Stato è il frutto di un inciucio fra il centrodestra e il M5S, dopo che sul nome di Anna Maria Bernini – alla quale è dedicata l'immagine satirica che apre il post, parodia di innumerevoli memi sull'ex presidente della Camera Laura Boldrini, condivisa su Facebook dal giornalista Giancarlo Loquenzi – non si è riusciti a raggiungere un accordo.
E pensare che appena quattordici mesi fa Beppe Grillo, l'anima del M5S, twittava con tono categorico...
Salvini, Meloni, mangiate tranquilli
Il M5S non fa alleanze con quelli che da decenni sono complici della distruzione del Paese
A tal proposito Ettore Ferrini ha scritto, rivolgendosi a chi ha votato M5S, un articolo che vale la pena di riportare per intero.
Cinque anni fa il Movimento Cinque Stelle si rifiutò di votare Grasso alla presidenza del Senato.
Piero Grasso, in qualità di Procuratore di Palermo, aveva fatto arrestare quasi 1.800 criminali per reati di mafia, alcuni dei quali pericolosi latitanti. Diventando successivamente procuratore nazionale antimafia aveva sgominato diverse altre cosche e contribuito in maniera decisiva all’arresto di Provenzano. Però Grasso no, non andava bene, guai a scendere a compromessi con questo losco figuro, reo non si sa bene di cosa se non di essere una persona per bene che aveva sempre svolto in maniera ineccepibile il proprio lavoro.
Qualcuno all’epoca azzardò: se non sappiamo distinguere fra Grasso e Schifani (l’altro candidato) abbiamo un problema.
Furono in tredici a pensarlo e di tutti Grillo chiese la testa, tuonando pubblicamente dal Sacro Blog, accusandoli di alto tradimento e intimando loro di dimettersi. Questo accadeva per Piero Grasso.
Oggi invece quello stesso partito ha votato compattamente la Casellati, fondatrice di Forza Italia e amica personale di Ghedini, una berlusconiana di ferro che non solo ha avallato tutte le peggiori porcate ad personam del ventennio dell’ex cavaliere ma lo ha strenuamente difeso perfino dopo la condanna definitiva per frode fiscale, cercando in tutti i modi di evitare la sua decadenza da senatore (presentò come prima firmataria ben quattro ordini del giorno adducendo risibili vizi di forma). Sì, oggi il Movimento Cinque Stelle ha eletto all’unanimità una persona che di fronte al popolo italiano, con totale sprezzo del ridicolo, votò in Parlamento che Ruby, la notte del 27 maggio 2010, era per lo Stato italiano la nipote di Mubarak e che le sette telefonate di Berlusconi in Questura a Milano per farla rilasciare erano TELEFONATE DI STATO.
Però Grasso no, non lo si poteva votare.
Ecco, la mia domanda, rivolta soprattutto a tutti i sedicenti “di sinistra” che hanno votato questi cialtroni è:
perché Grasso no e la Casellati sì?
Se si aggiunge che, citando Wikipedia, la Casellati è contraria alle unioni civili e che nel 2005, quando ricoprì l'incarico di sottosegretaria nel dicastero della Salute, assunse la figlia Ludovica a capo della segreteria ministeriale, la sua figura appare ancor più controversa.
A questo punto il passo successivo sono le consultazioni che condurranno alla formazione del nuovo governo; in questo frangente non vorrei mai e poi mai trovarmi nei panni del presidente Sergio Mattarella, al quale la Sora Cesira (nei panni di Mina) ha dedicato un accorato pensiero. Tra i potenziali premier c'è il grillino Luigi Di Maio, sulla cui idoneità a ricoprire un incarico così importante lo psicoanalista Massimo Recalcati ha espresso serie perplessità.
Senza troppi giri di parole il mio mestiere di psicoanalista mi impone una domanda. Non quella consueta che da più parti viene rivolta a Di Maio, ovvero: come può un soggetto che non ha maturato nella sua vita competenze specifiche su nulla, che non ha mai lavorato in una istituzione, che non ha mai avuto incarichi di governo ( di una azienda, di una città, di una qualunque cosa pubblica) essere candidato alla guida di un Paese di sessanta milioni di abitanti?
La mia domanda è un'altra e tocca un piano più pulsionale. Quale assenza di giudizio critico su se stessi comporta l'aver accettato questa candidatura? Lo sgomento di fronte all'ipotesi di Di Maio premier non è per me tanto relativo alla sua incompetenza tecnica, quanto al gesto personalissimo dell'aver accettato questa investitura. Quanti accetterebbero un incarico di questa rilevanza senza avere la più pallida idea di cosa significhi governare la cosa pubblica? È questa assenza di consapevolezza dei propri limiti che fa davvero tremare i polsi. È il polo chiaramente maniacale o, se si preferisce, puramente adolescenziale del M5S. Un fantasma di onnipotenza e di purezza totalmente sganciato dalla realtà. Mi chiedo: ma avrà avuto o avrà almeno una crisi di panico, un momento di vertigine o di angoscia? Glielo auguro perché sarebbe il segno che quell'onnipotenza maniacale che egli, così diverso nel sembiante, sembra aver ereditato dal suo fondatore, in realtà, non lo assorbe integralmente.

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