Beh, che dire? Un ottimo prodotto, come al solito; l'unica cosa che mi ha un po' "strammata" era la disinvoltura nell'accentazione di certi cognomi. Questa volta i personaggi dicevano indifferentemente Sclàfani oppure Sclafàni; in altre occasioni, invece, Cùffaro si era alternato con Cuffàro. Ok, mi rendo conto che il fatto che io badi a certi dettagli pressoché irrilevanti può sembrare bizzarro... ma non posso farci niente: mi è inevitabilmente venuto il dubbio su quale fosse la pronuncia corretta!
Per non farmi trovare "impreparata", questa volta avevo riletto anche il romanzo, e ne approfitto per riportarne alcuni brani.
A pagina 64 il mitico centralinista Catarella, il quale affianca ad un modo di parlare tutto suo una sorprendente dimestichezza con l'informatica, è alle prese con il computer della vittima.
Catarella aviva addrumato il portatile e macari lui armiggiava.Questo non è che uno dei brani dai quali desumo che Andrea Camilleri, invece, di informatica ne capisce poco o niente. Come si fa a dare così per scontato che una persona adotti criteri tanto banali e prevedibili per scegliere una password? (Tanto per la cronaca, io mi regolo in ben altra maniera)
«Dottori, difficillimissimo è».
«Pirchì?».
«Pirchì c'è la guardia ai passi».
Montalbano strammò. Quale guardia? Quali passi?
«Catarè, che minchia dici?».
«Dottori, ora ci lo spiego. Quanno uno non voli che uno gli talia le cose intime che ci ha dintra, ci mette una guardia ai passi».
Montalbano accapì.
«Una password?».
«E io che dissi? La stissa cosa dissi. E si uno non ci dice la palora d'ordine, la guardia non ti fa passari».
«Allora siamo fottuti?».
«Non è ditto, dottori. Gli bisognerebbe un foglio indovi che c'è scritto nomi e cognomi del propietario, data di nascita, nomi della mogliere o della zita e del frati e della soro e della matri e del patre, del figlio mascolo se ne ha, della figlia fìmmina se ne ha...».
Il perché del titolo del romanzo e della fiction è spiegato a pagina 259:
Quann'era picciliddro, una volta sò patre, per babbiarlo, gli aviva contato che la luna 'n cielu era fatta di carta. E lui, che aviva sempre fiducia in quello che il patre gli diciva, ci aviva criduto. E ora, maturo, sperto, omo di ciriveddro e d'intuito, aviva nuovamente criduto come un picciliddro a dù fìmmine, una morta e l'altra viva, che gli avivano contato che la luna era fatta di carta.Infine, ecco la nota conclusiva dell'autore:
È la solita avvertenza che oramà mi sono stuffato di fari: questa storia me la sono inventata. Epperciò macari i personaggi (coi loro nomi e cognomi) e le situazioni nelle quali si vengono a trovare appartengono alla fantasia. Qualichi omonimia quindi è del tutto casuale.Non so perché, ma leggendo a pagina 41 mi è venuto il sospetto che la storia non fosse poi così slegata dalla realtà, invece...
Durante il tirribilio dell'uragano di Mani pulite [il senatore Nicotra] si era trasformato in sottomarino, navicando sott'acqua a quota periscopio. Era assumato solo quanno aviva visto che c'era la possibilità di gettare l'ancora in un porto sicuro: quello appena appena costruito da un ex palazzinaro milanisi, doppo addivintato proprietario delle tre maggiori televisioni private italiane e doppo ancora deputato, capo di un partito personale e primo ministro.Dopo aver finito di vedere la fiction, ho terminato di leggere L'età del dubbio, l'ultimo romanzo della serie in ordine di tempo. Questa volta Salvo non tradisce Livia con il corpo, ma con la mente sì, altroché... Come va a finire? Vi dico solo che, quando sono arrivata all'ultima riga, ero senza fiato... dallo stupore? Beh, diciamo di sì... e prendiamo per buono che quello fosse l'unico finale concepibile dal punto di vista dell'economia della storia!
Beh, effettivamente Catarella che (almeno nel film) si mette a cercare la password a tentativi (e alla fine un paio le trova pure!) è decisamente grottesco...
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