giovedì 15 settembre 2022

In morte di una sovrana

Passata la commozione per la scomparsa della regina Elisabetta, un personaggio che vuoi o non vuoi ha segnato gli ultimi 7 decenni di storia e la cui morte rappresenta in qualche modo la fine di un'epoca, credo sia arrivato il momento di guardare alla sua figura con un po' più di distacco.

Possono essere utili in tal senso questo post dello scrittore e attivista per i diritti umani Nicolò Govoni...

Credo fermamente che la vita umana, e così la sua fine, meriti rispetto, proprio in quanto umana. Ma la morte non dovrebbe rendere nessuno intoccabile, neanche i sovrani. Soprattutto i sovrani. Questa è una foto della Regina Elisabetta ad Aden, nel 1954. Negli anni a seguire la Corona ha governato il Sud dello Yemen, al tempo una colonia britannica, deportando e uccidendo oltre 200.000 yemeniti per soffocare i moti indipendentisti. Al contempo, in Kenya, l’impero creava veri e propri campi di concentramento per estinguere la ribellione dei Mau-Mau. Pochi anni dopo, in Nigeria, partecipava al genocidio/olocausto di oltre 3.000.000 di Igbo, così da impedire l’indipendenza del Biafra e proteggere i propri interessi petroliferi nella regione. Al contempo, come se non bastasse, tramite l’Operazione Legacy distruggeva per sempre le prove dei propri crimini coloniali, e in Canada approvava l’istituzione di scuole residenziali colpevoli di aver indottrinato, abusato e assassinato centinaia di bambini indigeni negli anni. Per completare il tutto, la Corona ha bandito la presenza di lavoratori appartenenti a minoranze etniche a Buckingham Palace fino alla fine degli anni ’60. Anche questo è il lascito della Regina Elisabetta. Un lascito di violenza coloniale e saccheggio, di segregazione razziale e di razzismo istituzionalizzato. Ed è per questo che, mentre il mondo intero celebra e osanna il sangue blu, è di un altro sangue, quello rosso, che voglio fare memoria: il sangue delle vittime. Per favore ricorda che la Regina Elisabette non è stata un residuo del colonialismo. Ne è stata parte attiva.

... e quest'altro di Cronache Ribelli, progetto divulgativo di rinnovamento della narrazione storica che racconta la storia delle soggettività oppresse.

Di fronte alla morte di Elisabetta II chi, come Ascanio Celestini, ha espresso delle critiche nei confronti del cordoglio mediatico unanime è stato oggetto di una feroce campagna di accuse.
Francamente, oltre a esprimere solidarietà ad Ascanio per gli attacchi ricevuti, ci sembra interessante analizzare questo fenomeno di santificazione collettiva che investe personaggi come Elisabetta.
Elisabetta II è stata una persona di potere. Qualcuno, coraggiosamente, in mezzo al mare magnum di encomi ha ricordato le ombre (per usare un eufemismo) della sua reggenza. In particolare sarebbe bene non dimenticare quando insignì dell’Ordine dell’Impero Britannico Derek Wilford, ufficiale che guidava i paracadutisti britannici nel corso del Bloody Sunday del 1972, quando i soldati di Sua maestà uccisero 14 innocenti civili irlandesi.
Ma più a parte questi eventi, ciò che non ci sorprende ma continua ad allarmarci profondamente è l’empatia e la prossimità emozionale che milioni di persone provano nei confronti di un soggetto con cui banalmente non hanno nulla in comune.
Elisabetta II, anche indipendentemente dalla valutazione che si da della sua reggenza, è una delle ultime persone al mondo a godere della possibilità di accedere per diritto di sangue ad un ruolo istituzionale e agli annessi privilegi. Privilegi che, soprattutto poiché sono stati acquisiti per diritto di nascita, dovrebbero farci quantomeno inorridire.
Insomma la sua vita non ha nulla a che vedere con la nostra, con quella di chi per sopravvivere deve lavorare, spesso duramente e senza tutele e diritti.
Se sentiamo più empatia per la morte di un monarca quasi centenario piuttosto che per chi muore sul lavoro o in mezzo al mare, per chi vive condizioni di indigenza, per chi non ha accesso alle cure, per chi è vittima di violenza poiché appartiene a un gruppo discriminato, per chi sta al nostro fianco nella comunità in cui viviamo, dobbiamo farci delle domande. E soprattutto dobbiamo comprendere quanto la descrizione dei media fanno della realtà, e l’attenzione totalizzante che riservano alle figure di potere, schiacci il nostro immaginario su una posizione precisa. La posizione dei sudditi appunto, magari non più dal punto di vista formale ma sempre e comunque da quello sostanziale.

Riguardo al legame di Elisabetta col colonialismo inglese, qui c'è una serie di tweet che riepilogano gli anni in cui molti Paesi del mondo hanno ottenuto l'indipendenza dalla Gran Bretagna. Quasi tutte le date sono successive all'ascesa al trono della regina, il 6 febbraio 1952.

1 commento:

  1. Anche l'aspetto economico relativo alla sovrana merita un cenno. Ne parla Diciotto Brumaio qui.

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